Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3151 del 08/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 08/02/2011, (ud. 02/12/2010, dep. 08/02/2011), n.3151

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 3759/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

PRESTIGE SRL, A.D. (legale rappresentante della Prestigi

Srl);

– intimati –

avverso la sentenza n. 89/2007 della Commissione Tributaria Regionale

di MILANO del 2.4.07, depositata il 19/12/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI;

udito per la ricorrente l’Avvocato Giancarlo Caselli (dell’Avvocatura

Generale dello Stato) che si riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ENNIO

ATTILIO SEPE che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione (successivamente illustrato da memoria) nei confronti della Prestige s.r.l. (che non ha resistito) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avvisi di accertamento per Iva, Irpeg e Irap per gli anni 1997/1999, la C.T.R. Lombardia riformava la sentenza di primo grado (che aveva rigettato i ricorsi introduttivi) rilevando tra l’altro che in presenza di contabilità regolare si può procedere ad accertamento analitico induttivo in caso di complessiva inattendibilità della contabilità, che nella specie gli importi relativi ai finanziamenti dei soci erano stati giustificati, infine che, pur provvedendo ad una analitica valorizzazione del magazzino, i verificatori avevano proceduto al calcolo della media senza considerare non solo la diversità delle varie categorie di merce ma anche la circostanza che l’applicazione di una unica percentuale di ricarico per diversi periodi di imposta contrasta con il reale andamento aziendale.

2. Col primo motivo di ricorso, deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 55, nonchè art. 2729 c.c., si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto l’illegittimità degli accertamenti effettuati attraverso l’applicazione di una percentuale media di ricarico estrapolata dai dati contabili della stessa impresa.

Col secondo motivo di ricorso, deducendo vizio di motivazione, la ricorrente sostiene che i giudici d’appello avevano rilevato che la media era stata calcolata senza considerare alcune circostanze ma non avevano spiegato perchè le suddette circostanze avrebbero dovuto incidere sulla individuazione del reddito non dichiarato.

Col terzo motivo, deducendo violazione di principi generali in tema di processo tributario di merito e del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1 e 2, la ricorrente sostiene la nullità della sentenza per avere i giudici d’appello ritenuto l’erroneità della percentuale media di ricarico accertata dall’Ufficio senza determinare poi quale fosse in concreto la percentuale da applicare e quindi l’imposta dovuta.

Col quarto motivo la ricorrente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione alla omessa pronuncia circa l’individuazione della percentuale da applicare e quindi dell’imposta dovuta.

Le esposte censure, da esaminare congiuntamente perchè connesse, sono, prescindendo da altre, possibili considerazioni in rito e nel merito, innanzitutto inammissibili per difetto di interesse.

Invero, dalla sentenza impugnata emerge che i giudici d’appello, lungi dall’escludere sic et simpliciter la legittimità di un accertamento basato su di una percentuale di ricarico estrapolata dai dati contabili della stessa impresa per l’omessa considerazione di alcune circostanze, hanno innanzitutto affermato che, in presenza di contabilità regolare, per procedere ad accertamento analitico induttivo occorre una complessiva inattendibilità della contabilità, precisando poi, in fatto, che nella specie la contabilità era regolare e che alcune anomalie riscontrate dai verificatori (e riportate nello svolgimento del processo, ad es.

quelle relative ai finanziamenti dei soci) risultavano giustificate:

i suddetti giudici hanno pertanto innanzitutto escluso (in maniera assolutamente chiara ancorchè implicita) che nella specie sussistessero i presupposti (della irregolare tenuta della contabilità o della sua complessiva inattendibilità) per il tipo di accertamento adottato e solo successivamente hanno affermato che nella specie la percentuale media di ricarico – ancorchè estrapolata dai dati contabili della stessa azienda – era stata calcolata senza considerare l’incidenza di alcune circostanze – ad es.: gli sconti di fine stagione.

Pertanto, poichè nessuno dei motivi di ricorso censura la prima delle rationes decidendi esposte in sentenza, la ricorrente risulta priva di ogni interesse all’impugnazione, atteso che, anche nell’ipotesi in cui tutte le censure proposte in questa sede fossero accolte, la decisione impugnata resterebbe pur sempre sorretta dalla ratio decidendi non censurata. Nè vale affermare (come fa parte ricorrente nella memoria) che l’esistenza dei presupposti dell’accertamento posto in essere non costituiva oggetto della vertenza, non avendo mai la società contestato la legittimità del tipo di accertamento nella specie effettuato, atteso che ciò non esclude che la sentenza abbia nondimeno su tale punto statuito e che l’eventuale nullità della relativa decisione per extrapetizione poteva essere fatta valere solo in sede di impugnazione, attesa la regola della conversione dei motivi di nullità della sentenza in motivi di impugnazione.

Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. In assenza di attività difensiva, nessuna decisione va assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2011

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