Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31502 del 03/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 03/12/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 03/12/2019), n.31502

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8283-2018 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA FRANCESCO DENZA

15, presso lo studio dell’avvocato PAGNOTTA NICOLA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARTIN STEFANIA;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI SANT’ANGELO DI PIOVE DI SACCO, elettivamente domiciliato in

ROMA CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio dell’avvocato

GIUSEPPE PECORILLA, rappresentato e difeso dall’avvocato CHIARELLO

ANTONIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 895/2017 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 12/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/09/2019 dal Consigliere Dott. FASANO ANNA MARIA.

Fatto

RITENUTO

Che:

M.A. impugnava, con distinti ricorsi, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Padova gli avvisi di accertamento notificati dal Comune di Sant’Angelo di Piove di Sacco per omesso versamento dell’ICI dovuta per gli anni 2009, 2010 e 2011, riguardante un capannone ad uso artigianale, assumendo la non tassabilità dell’immobile perchè di nuova costruzione, non ultimato e non utilizzato, sebbene regolarmente accatastato in cat. D/07, con rendita attribuita. Il contribuente chiedeva, in via subordinata, di beneficiare della riduzione del 50% dell’imposta dovuta, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8. L’adita Commissione, con sentenza n. 173/5/16, previa riunione, rigettava i ricorsi. Il contribuente proponeva appello. La Commissione Tributaria Regionale del Veneto, con sentenza n. 895/09/17, rigettava il gravame ritenendo che, con riferimento al difetto di motivazione, l’eccezione del contribuente non poteva essere accolta, in quanto il calcolo era costruito sulla base della rendita catastale secondo i parametri previsti dalla legge, non contenendo alcun elemento discrezionale che dovesse essere motivato o giustificato, ed il concetto di inagibilità o inabilità non era applicabile nel caso in cui fabbricato non fosse stato ultimato, ma andava applicato alla impossibilità di abitarlo per fatti non dipendenti dal proprietario. M.A. ricorre per cassazione, svolgendo due motivi e presentando memorie, chiedendo la riunione del presente ricorso al ricorso n. 22164 del 2014, avente ad oggetto la medesima questione, ma riferita ad altre annualità (2007-2008). Il Comune di Sant’Angelo di Piove di Sacco si è costituito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.La Corte, preliminarmente, rileva che non può trovare accoglimento l’istanza, proposta dal contribuente, di riunione del presente ricorso al n. 22164 del 2014, in quanto trattasi di ricorsi inerenti alla impugnazione di differenti atti impositivi, riferiti a diverse annualità di imposta (v. Cass. n. 3189 del 2012; Cass. n. 14365 del 2019).

2.Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata, ritenendo che la sentenza di secondo grado laddove afferma che: “il calcolo è costruito sulla base della rendita catastale secondo i parametri previsti dalla legge, non contenendo alcun elemento discrezionale che debba essere motivato o giustificato”, farebbe mal governo delle norme che presiedono alla motivazione degli atti, assumendo una nozione di motivazione troppo ristretta, sicchè la sentenza porrebbe in essere una statuizione viziata da erronea interpretazione della norma che stabilisce i requisiti di motivazione.

3. Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata, assumendo che sarebbe viziata l’interpretazione da essa applicata alla norma del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, in quanto non si può ritenere che l’art. 8 tratti una tipologia particolare di inagibilità, connessa necessariamente a fatti sopravvenuti, non essendovi spazio per una nozione di agibilità distinta da quella generale stabilita dalle norme urbanistiche.

4. I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per ragioni di connessione logica, sono infondati per le seguenti considerazioni.

a) In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), la nozione di fabbricato, di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, rispetto all’area su cui insiste è unitaria, nel senso che, una volta che l’area edificabile sia comunque utilizzata, il valore della base imponibile ai fini dell’imposta si trasferisce dall’area stessa all’intera costruzione realizzata. Per l’applicazione dell’imposta sul “fabbricato di nuova costruzione”, infatti, la norma individua due soli criteri alternativi: la data dell’ultimazione dei lavori, ovvero, se antecendete, quella di utilizzazione (Cass. n. 10735 del 2013).

b) Secondo l’indirizzo ampiamente condiviso da questa Corte, ai fini Ici, per fabbricato si intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano. L’accatastamento è sufficiente a rendere dovuta l’ICI, senza che sia necessario verificare l’effettivo utilizzo dell’immobile (Cass. n. 20319 del 2017; Cass. 8781 del 2015). Si ritiene, infatti, che l’imposta è dovuta per il solo fatto che sia stata dichiarata l’ultimazione del manufatto e/o si sia provveduto al suo accatastamento, restando estranea alla sfera attinente al rapporto tributario tutto quanto afferisce alla effettiva abitabilità del immobile stesso.

Dall’interpretazione letterale e sistematica del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 8 comma 1, emerge, chiaramente, l’irrilevanza, ai fini dell’assoggettamento ad ICI, della idoneità dell’immobile a produrre reddito (e di conseguenza del rilascio del certificato di abitabilità), atteso che l’art. 8, comma 1, consente solo di ridurre l’imposta del 50%, per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili o di fatto non utilizzati, ma non di escludere dall’imposta un fabbricato inagibile od inabitabile (sempre che di fatto non sia utilizzato). Da ciò si evince l’assoggettamento, comunque, all’imposta di fabbricati presumibilmente non idonei a produrre reddito.

c) Le deduzioni difensive proposte in ricorso sono, pertanto, infondate, atteso che: “Presupposto sufficiente per l’assoggettamento all’imposta comunale sugli immobili (ICI) di una unità immobiliare (preesistente o di nuova costruzione) è l’iscrizione al catasto edilizio, dovendosi escludere qualsiasi rilevanza, ai predetti fini, della sua effettiva abitabilità” (Cass. n. 11646 del 2019), dovendosi evidenziare che la previsione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, la quale stabilisce che: ” il fabbricato di nuova costruzione è soggetto all’imposta a partire dalla data di ultimazione dei lavori” deve leggersi in armonia con la successiva disposizione contenuta nell’art. 5, che correla la base imponibile al valore dell’immobile, così come determinata sulla base della rendita catastale.

d) Quanto al fatto che il bene immobile non era stato ancora ultimato, si osserva che, ai fini ICI, esso risultava, comunque, accatastato. Dovendosi ribadire, quanto già affermato da questa Corte, che: “A fini dell’assoggettabilità ad imposta dei fabbricati di nuova costruzione, il criterio, previsto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, della data di ultimazione dei lavori, ovvero di quella anteriore di utilizzazione ha natura alternativa, acquistando rilievo esclusivamente quando il fabricato non sia iscritto ancora in catasto, realizzando tale iscrizione, di per sè, il presupposto principale per sottoporre il bene ad imposta (Cass. n. 11646 del 2019 v. anche Cass. n. 14673 del 2006, per la quale “la nozione di immobile urbano assoggetto ad ICI appare sostanzialmente coincidente con quella di immobile suscettibile di accatastamento”).

e) Quanto alla riduzione del 50% prevista per gli immobili inagibili, la norma prevede che: “1. L’imposta è ridotta del 50 per cento per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni. L’inagibilità o inabitabilità è accertata dall’ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa il contribuente ha facoltà di presentare dichiarazione sostitutiva ai sensi della L. 4 gennaio 1968, n. 15, rispetto a quanto previsto dal periodo precedente”. A tale onere il contribuente non risulta avere ottemperato.

4. Da siffatti rilievi consegue che la Commissione Tributaria Regionale ha fatto buon governo dei principi espressi, avendo ritenuto la tassabilità dell’immobile ai fini ICI, perchè iscritto in catasto e con assegnazione di rendita, pur privo di abitabilità.

Il contribuente argomenta che nella fattispecie non era comunque necessario fornire alcuna documentazione ai fini della riduzione di imposta, posto che al Comune, in corso di causa, era stato formalmente richiesto di prendere atto dell’inagibilità dell’immobile quantomeno a far data dalla presentazione del ricorso avverso le precedenti annualità (v. pag. 17 ricorso).

La tesi difensiva non può trovare accoglimento.

E’ noto al Collegio il principio espresso da questa Corte, secondo cui: “In tema di ICI, qualora l’immobile sia dichiarato inagibile, l’imposta va ridotta, ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 8, comma 1, nella misura del 50% anche in assenza di richiesta del contribuente poichè, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente, a quest’ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti al Comune”. Il principio tuttavia non può trovare applicazione nella fattispecie, tenuto conto che l’inagibilità dell’immobile non poteva essere desunta dalla conoscenza di altri contenziosi, ma doveva essere dichiarata dal Comune secondo i criteri indicati nel D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, comma 1, atteso che ogni agevolazione, in quanto deroga alla regola generale dell’ordinaria imposizione, non può ritenersi dedotta da comportamenti omissivi del contribuente o da elementi indiretti, ma deve basarsi su requisiti oggettivi e inequi-voci, come richiesto dalle disposizioni che consentono la riduzione di imposta.

5.In definitiva il ricorso va rigettato. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte soccombente al rimborso delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 3000,00 per compensi, oltre spese forfetarie ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13 comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso, in Roma, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2019

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