Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3150 del 11/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 11/02/2020, (ud. 03/10/2019, dep. 11/02/2020), n.3150

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1733-2018 proposto da:

R.C., D.S.R., nella qualità di genitori esercenti

la potestà sul figlio minore R.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA ATTILIO REGOLO 12/D, presso lo studio

dell’avvocato ITALO CASTALDI, che li rappresenta e difende

unitamente agli avvocati FRANCESCO CIMA VIVARELLI, GIOVANNI RAITE’;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI COMO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PARIGI 11, presso lo studio dell’avvocato

GIANCARLO MARINIEILO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 381/2017 del TRIBUNALE di COMO, depositata il

07/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELE

POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione dell’8 marzo 2013, R.C. e D.S.C.R., quali genitori esercenti la responsabilità genitoriale sul minore R.A., evocavano in giudizio, davanti al Tribunale di Como, l’amministrazione comunale locale (rilevando che il giorno 27 gennaio 2011 il figlio, mentre si trovava all’esterno del cortile della scuola primaria (OMISSIS), di Como, era stato urtato da un compagno di classe cadendo per terra e riportando la frattura del perone e della tibia. Si costituiva il Comune di Como, contestando la pretesa e deducendo l’assenza di responsabilità dell’ente pubblico riguardo alle condizioni del cortile esterno della struttura scolastica;

il Tribunale di Como, con sentenza del 7 marzo 2013, rigettava la domanda rilevando che il fatto era stato determinato dallo “spintone di un ragazzo più grande” e quindi per fatto del terzo che escludeva la responsabilità del custode ai sensi dell’art. 2051 c.c.;

con atto di citazione del 19 maggio 2017 R.C. e D.S.C.R. impugnavano la decisione per violazione dell’art. 2051 c.c., non avendo il Tribunale valutato adeguatamente oltre alla spinta del compagno, anche le caratteristiche insidiose del terreno.

Si costituiva l’amministrazione comunale; eccependo l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 342 c.p.c. e, comunque, la sua infondatezza;

con ordinanza n. 3837 del 2017 la Corte d’Appello di Milano dichiarava inammissibile il gravame ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., non presentando una ragionevole probabilità di accoglimento;

avverso tale decisione R.C. e D.S.C.R., nella qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale sul minore R.A., propongono ricorso per cassazione affidandosi a due motivi che illustrano con memoria. Resiste con controricorso il Comune di Como.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 2051 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Il Tribunale non avrebbe adeguatamente valutato le condizioni del terreno, parzialmente coperto da un prato artificiale, dal quale affioravano nelle radici di alberi di alto fusto, sulle quali il minore aveva inciampato;

con il secondo motivo si censura la motivazione dell’ordinanza d’inammissibilità secondo cui “non risulta che il sinistro si sia verificato a causa di una situazione di obiettiva pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno”;

il ricorso, notificato il 10 gennaio 2018, è tardivo rispetto alla data di comunicazione dell’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., avvenuta in data 18 ottobre 2017. Tanto comporta la definitività anche dell’ordinanza, che, comunque, non è impugnata per vizi suoi propri (il secondo motivo si atteggia come vizio di motivazione dell’ordinanza);

come rilevato nella memoria, il principio che precede è conforme al costante orientamento di legittimità (Cass. n. 10723 del 2014; 25115 del 2015; 15235 del 2015; Cass. SU 25208 del 2015; 5003 del 2016; 12169 del 2016; 2339 del 2018; 20852 del 2018, che prende le mosse da Cass. n. 10723 del 2014). Non sono condivisibili le considerazioni espresse in memoria dai ricorrenti secondo cui l’art. 348 bis c.p.c. si sarebbe limitato ad introdurre l’impugnazione “per saltum”, senza incidere sul tema della decorrenza del termine d’impugnazione e senza derogare all’art. 285 c.p.c., secondo cui la notificazione della decisione è ad istanza di parte, con la conseguenza della necessità di espletare, dopo la comunicazione d’ufficio, anche la notificazione a istanza di parte ai fini della decorrenza del termine breve d’impugnazione. Al contrario, va ribadito che il termine per il ricorso per cassazione decorre dalla comunicazione dell’ordinanza d’inammissibilità e si riferisce al termine breve ai sensi dell’art. 325 c.p.c. Sotto tale profilo, va data continuità all’orientamento giurisprudenziale secondo cui la modifica dell’art. 133 c.p.c., che fa decorrere il termine d’impugnazione dalla notificazione, non si applica al “micro sistema dell’art. 348 ter c.p.c.” (Cass. n. 12169 del 2016);

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza;

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1- quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidandole in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 3 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2020

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