Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31496 del 03/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 03/12/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 03/12/2019), n.31496

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22164-2014 proposto da:

COMUNE DI SANT’ANGELO DI PIOVE DI SACCO, domiciliato in ROMA P.ZZA

CAVOUR, presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’Avvocato ANTONIO CHIARELLO;

– ricorrente –

contro

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA FRANCESCO DENZA

15, presso lo studio dell’avvocato NICOLA PAGNOTTA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEFANIA MARTIN;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 178/2014 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 04/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/09/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO.

Fatto

RITENUTO

che:

M.A. impugnava innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Padova gli avvisi di accertamento nn. (OMISSIS) e (OMISSIS) del 10.2.2010, notificati dal Comune di Sant’Angelo di Piove di Sacco per omesso versamento dell’ICI dovuta per gli anni 2007 e 2008, assumendo la non tassabilità degli immobili perchè di nuova costruzione, non ultimati e non utilizzati, sebbene regolarmente accatastati in cat. D/07, con rendita attribuita. Il contribuente chiedeva, in via subordinata, di beneficiare della riduzione del 50% dell’imposta dovuta ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8. L’adita Commissione, con sentenza n. 74/10/11, rigettava il ricorso proposto dal contribuente che, avverso tale pronuncia, proponeva appello. La Commissione Tributaria Regionale del Veneto, con sentenza n. 178/25/2014, accoglieva il gravame, ritenendo non dovuta l’imposta in quanto l’immobile si presentava privo di abitabilità e dei requisiti necessari per tassazione. Il Comune di Sant’Angelo di Piove di Sacco ricorre per cassazione, svolgendo due motivi. M.A. si è costituito con controricorso. All’Adunanza camerale del 15.1.2019 la causa è stata rinviata a nuovo ruolo per l’eventuale trattazione congiunta con la causa R.G. N. 828318, su istanza presentata dal contribuente.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. La Corte, preliminarmente, rileva che non può trovare accoglimento l’istanza, proposta dal contribuente, di riunione del presente ricorso al n. 8283 del 2018, in quanto trattasi di ricorsi inerenti alla impugnazione di differenti atti impositivi, riferiti a diverse annualità di imposta (v. Cass. n. 3189 del 2012; Cass. n. 14365 del 2019).

2. Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata, denunciando violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 2 e 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, atteso che la pronuncia impugnata sarebbe in evidente violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 2 e 8, in quanto l’accatastamento segna il momento a partire dal quale l’immobile deve essere considerato “fabbricato” ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 2 e, conseguentemente, assoggettato a tassazione. La data di ultimazione dei lavori di costruzione, ovvero quella anteriore di utilizzazione del fabbricato, acquista rilievo solo quando il fabbricato non sia stato ancora iscritto al catasto perchè tale iscrizione realizzerebbe, di per sè, il presupposto necessario e sufficiente per assoggettare l’immobile all’imposta. L’organo giudicante, inoltre, non terrebbe conto del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, che riconosce, ai fini ICI, la tassazione agevolata agli immobili dichiarati “inagibili” o “inabitabili” e di fatto non utilizzati.

L’onere della prova della ricorrenza di entrambe tali circostanze, trattandosi della invocazione di una normativa di carattere sostanzialmente agevolativo, incombe sul contribuente. La fattispecie in esame, secondo l’ente ricorrente, non rientrerebbe nel paradigma agevolativo, in quanto attinente ad immobili non ultimati ma regolarmente accatastati (cat. D/7) con rendita attribuita.

2. Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata, denunciando omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto il giudice di appello avrebbe omesso di considerare che trattasi di immobili regolarmente iscritti in catasto in cat. D/07 con rendita attribuita e, quindi, perciò stesso soggetti a tassazione ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2 e 5, atteso che gli immobili in contestazione erano immobili di nuova costruzione che, sebbene non ultimati, risultavano regolarmente iscritti in catasto con rendita attribuita, con esclusione dell’agevolazione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8.

3. I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per ragioni di connessione logica, sono fondati per le seguenti considerazioni.

a) In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), la nozione di fabbricato, di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, rispetto all’area su cui insiste è unitaria, nel senso che, una volta che l’area edificabile sia comunque utilizzata, il valore della base imponibile ai fini dell’imposta si trasferisce dall’area stessa all’intera costruzione realizzata. Per l’applicazione dell’imposta sul “fabbricato di nuova costruzione”, infatti, la norma individua due soli criteri alternativi: la data dell’ultimazione dei lavori, ovvero, se antecendete, quella di utilizzazione (Cass. n. 10735 del 2013).

b) Secondo l’indirizzo ampiamente condiviso da questa Corte, ai fini Ici, per fabbricato si intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano. L’accatastamento è sufficiente a rendere dovuta l’imposta, senza che sia necessario verificare l’effettivo utilizzo dell’immobile (Cass. n. 20319 del 2017; Cass. 8781 del 2015). Ne consegue che l’ICI è dovuta per il solo fatto che sia stata dichiarata l’ultimazione del manufatto e/o si sia provveduto al suo accatastamento, restando estranea alla sfera attinente al rapporto tributario tutto quanto afferisce alla effettiva abitabilità dell’immobile stesso.

Dall’interpretazione letterale e sistematica ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2 e art. 8, comma 1, emerge, infatti, l’irrilevanza, ai fini dell’assoggettamento all’imposta, della idoneità dell’immobile a produrre reddito (e di conseguenza del rilascio del certificato di abitabilità), atteso che l’art. 8, comma 1, consente solo di ridurre l’imposta del 50%, per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili o di fatto non utilizzati, ma non di escludere dall’imposta un fabbricato inagibile od inabitabile (sempre che di fatto non sia utilizzato). Da ciò si evince l’assoggettamento, comunque, all’imposta di fabbricati presumibilmente non idonei a produrre reddito.

c) Questa Corte ritiene, infatti, che: “Presupposto sufficiente per l’assoggettamento all’imposta comunale sugli immobili (I-CI) di una unità immobiliare (preesistente o di nuova costruzione) è l’iscrizione al catasto edilizio, dovendosi escludere qualsiasi rilevanza, ai predetti fini, della sua effettiva abitabilità” (Cass. n. 11646 del 2019). Si è, altresì, precisato che la previsione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, la quale stabilisce che: ” il fabbricato di nuova costruzione è soggetto all’imposta a partire dalla data di ultimazione dei lavori” deve leggersi in armonia con la successiva disposizione contenuta nell’art. 5, che correla la base imponibile al valore dell’immobile, così come determinata sulla base della rendita catastale.

d) Quanto al fatto che il bene immobile non era stato ancora ultimato, si osserva che tale circostanza è irrilevante ai fini dell’assoggettamento all’imposta, in quanto lo stesso risultava, comunque, accatastato. Si è, infatti, chiarito che: “A fini dell’assoggettabilità ad imposta dei fabbricati di nuova costruzione, il criterio, previsto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, della data di ultimazione dei lavori, ovvero di quella anteriore di utilizzazione ha natura alternativa, acquistando rilievo esclusivamente quando il fabbricato non sia iscritto ancora in catasto, realizzando tale iscrizione, di per sè, il presupposto principale per sottoporre il bene ad imposta (Cass. n. 11646 del 2019, v. Cass. n. 14673 del 2006, per la quale “la nozione di immobile urbano assoggetto ad ICI appare sostanzialmente coincidente con quella di immobile suscettibile di accatastamento”).

e) Quanto alla riduzione del 50% prevista per gli immobili inagibili, la norma prevede che: “1. L’imposta è ridotta del 50 per cento per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni. L’inagibilità o inabitabilità è accertata dall’ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa il contribuente ha facoltà di presentare dichiarazione sostitutiva ai sensi della L. 4 gennaio 1968, n. 15, rispetto a quanto previsto dal periodo precedente”.

4. Da siffatti rilievi consegue che la Commissione Tributaria Regionale non ha fatto buon governo dei principi espressi, avendo escluso la tassabilità dell’immobile ai fini ICI perchè privo di abitabilità, dando rilievo alle caratteristiche strutturali dello stesso, senza tenere conto che l’inagibilità e/o l’inabitabilità di un immobile non assume rilievo ai fini dell’imposizione e comunque deve essere accertata dall’Ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione o presenta dichiarazione sostitutiva.

Con il controricorso il contribuente argomenta che, nella fattispecie, non era comunque necessario fornire alcuna documentazione, posto che il Comune era comunque a conoscenza della situazione dello stato dell’immobile. Si argomenta, inoltre, che nel caso di agibilità non ancora ottenuta o revocata dall’ente, vi sarebbe una situazione conclamata fra le parti, che non necessiterebbe di alcuna formale comunicazione da parte del cittadino nè di accertamento da parte dell’ente impositore. La tesi difensiva non può trovare accoglimento.

E’ noto al Collegio il principio espresso da questa Corte, secondo cui: “In tema di ICI, qualora l’immobile sia dichiarato inagibile, l’imposta va ridotta, ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 8, comma 1, nella misura del 50% anche in assenza di richiesta del contribuente poichè, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente, a quest’ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti al Comune”.

Ciò premesso, nella fattispecie, dovendosi ribadire che il presupposto impositivo si realizza quando l’immobile risulta accatastato (circostanza non contestata), non può, comunque, assumere rilievo il fatto che non era stata chiesta l’agibilità della struttura, ai fini della conoscibilità da parte dell’ente impositore della sussistenza del presupposto agevolativo, dovendosi evidenziare che ogni agevolazione, trattandosi di una deroga all’imposizione generale, non può ritenersi dedotta da comportamenti omissivi del contribuente o da elementi indiretti, ma deve basarsi su requisiti oggettivi e inequivoci, sicchè il contribuente, ai fini della riduzione di imposta era tenuto ad attivarsi ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8.

4. In definitiva il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata, e, decidendo nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, va rigettato il ricorso introduttivo proposto dal contribuente. Le spese di lite dei gradi di merito, in ragione del recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità, vanno interamente compensate tra le parti, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dal contribuente. Compensa le spese di lite dei gradi di merito e condanna la parte soccombente al rimborso delle spese di legittimità liquidate in complessivi Euro 2295,00 per compensi, oltre spese forfetarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2019

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