Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31484 del 03/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 03/12/2019, (ud. 26/06/2019, dep. 03/12/2019), n.31484

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. CORRADINI Grazia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22702-2012 proposto da:

EQUITALIA NORD SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA FEDERICO

CESI 21, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE TORRISI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE FIERTLER;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

A.V. SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 21/2012 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 16/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/06/2019 dal Consigliere Dott.ssa CORRADINI GRAZIA;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’ STEFANO che ha chiesto

il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 21/27/2012 in data 27 gennaio 2012 la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto da EQUITALIA Nord Spa (già Equitalia Esatri Spa), quale agente della riscossione per la provincia di Milano, avverso la sentenza n. 186/46/2010 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano con cui era stato accolto il ricorso proposto dalla Spa A.V. nei confronti di Equitalia Esatri Spa e della Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Milano contro l’atto di pignoramento presso terzi n. 10138 emesso sulla base di quattro cartelle di cui una, la n. (OMISSIS), dell’importo di Euro 996.223,46, per IVA e altri tributi.

La Spa A. aveva dedotto con il ricorso introduttivo la omessa notifica della cartella con conseguente inesistenza del pignoramento. Equitalia Esatri Spa aveva opposto in via pregiudiziale la carenza di giurisdizione del giudice adito a favore del giudice ordinario e, nel merito, che la cartella era stata ritualmente notificata. La Agenzia delle Entrate aveva sostenuto la propria carenza di legittimazione passiva con riguardo alla impugnazione e, nel merito, la definitività della cartella.

La Commissione Tributaria Provinciale di Milano aveva ritenuto la inesistenza della notifica della cartella poichè vi era in atti la nota a firma del responsabile del Servizio Qualità di Poste Italiane comprovante come “dagli accertamenti effettuati e dalla documentazione agli atti dell’Ufficio che ha effettuato il recapito della raccomandata sopra citata risulta essere stata consegnata il 20.4.2009 a: M.L. A. SRL (OMISSIS)”.

La CTR, investita dall’appello di Equitalia Nord Spa (nel frattempo subentrata ad Equitalia Esatri) – che aveva ribadito il difetto di giurisdizione del giudice tributario in relazione all’atto di pignoramento che era atto della esecuzione forzata, nonchè la correttezza della notifica diretta della cartella, da parte dell’agente della riscossione, a mezzo posta all’indirizzo in cui aveva la sede fiscale la società che aveva comunque avuto conoscenza della cartella avendo proposto domanda di rateazione affermata la giurisdizione del giudice tributario, rigettava il gravame, sul presupposto che la notifica della cartella di pagamento posta a base del pignoramento presso terzi fosse inesistente in quanto la consegna era avvenuta a persona diversa dal destinatario e non risultava che l’agente postale avesse dato comunicazione al destinatario dell’avvenuta consegna a mezzo di lettera raccomandata a norma della L. n. 31 del 2008, art. 36, comma 2 quinquies. Inoltre il mittente della spedizione non era Equitalia Esatri Spa bensì la società Selecta Spa cui doveva essere restituita la ricevuta di ritorno. La CTR affermava altresì l’irrilevanza della conoscenza della cartella al di fuori della prescritta notifica, essendo quest’ultima necessaria per l’instaurazione di un corretto contraddittorio.

Avverso la sentenza della CTR, depositata in data 16.2.2012, non notificata, Equitalia Nord s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione con atto notificato il 1 ottobre 2012 affidato a sei motivi.

L’intimata A.V. s.p.a. non ha spiegato difese, mentre l’Agenzia delle Entrate si è costituta con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, l’agente della riscossione denuncia – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1 – la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, perchè la CTR, nell’affermare la giurisdizione del giudice tributario in ordine alla controversia, avrebbe trascurato di considerare che, ai sensi dell’evocato art. 2 (quale modificato della L. n. 448 del 2001, art. 12), sono sottratte alla giurisdizione del giudice tributario e riservate al giudice ordinario le controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento, e, quindi, anche quelle (come nella specie) riguardanti l’atto di pignoramento, tanto più che la società ricorrente non aveva contestato il credito tributario.

2. Con il secondo motivo la ricorrente si duole, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 della violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 e della falsa applicazione degli artt. 136 c.p.c. e s.s. e L. n. 890 del 1982, art. 7, poichè, nel caso di notificazione diretta da parte dell’agente della riscossione a mezzo del servizio postale, a norma della seconda parte del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, la notificazione poteva avvenire, come ritenuto anche dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, secondo le regole della raccomandata postale ordinaria ai sensi del D.M. 9 aprile 2001, artt. 32 e 39, senza particolari formalità, senza necessità di identificare la persona cui l’atto veniva consegnato e la relazione della stessa con il destinatario della raccomandata e senza alcun obbligo della ulteriore raccomandata conoscitiva.

3. Con il terzo motivo di ricorso, viene dedotta – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la sentenza impugnata ritenuto invalida la notifica della cartella in quanto il mittente della spedizione non era Equitalia Esatri s.p.a. ma la società Selecta s.p.a., trattandosi di questione non posta nel primo grado del giudizio.

4.Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio per non avere la sentenza impugnata spiegato perchè la spedizione della raccomandata da parte della società Selecta s.p.a. e non da Equitalia Esatri s.p.a. rendesse invalida la notifica.

6. Con il quinto motivo di ricorso lamenta – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Commissione Tributaria Regionale omesso di pronunciare sul rilievo che il contribuente aveva presentato domanda di rateazione in relazione alla cartella di pagamento, condotta incompatibile con la volontà di impugnare la cartella stessa.

7.Con il sesto motivo di ricorso, infine, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio per non avere la sentenza impugnata spiegato perchè la domanda di rateazione non fosse stata ritenuta espressione della volontà di prestare acquiescenza al contenuto della cartella e fosse stata ritenuta, invece, condotta compatibile con la volontà di impugnare la cartella stessa.

8. Il primo motivo di ricorso è infondato.

8.1. La questione attiene all’individuazione del giudice – ordinario o tributario – cui è devoluta la cognizione dell’opposizione proposta avverso un atto di pignoramento effettuato in forza di crediti tributari e basata sulla dedotta mancata o invalida previa notificazione della cartella di pagamento recante la suddetta pretesa creditoria. Secondo il recente pronunciamento delle S.U. di questa Corte (Cass. 13913/2017) il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, secondo periodo, individua il discrimine tra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria nella “notificazione della cartella di pagamento”: prima di tale notifica la controversia è devoluta al giudice tributario, dopo, al giudice ordinario. La disposizione richiede dunque, per radicare la giurisdizione del giudice ordinario, la notificazione del titolo esecutivo (o degli altri atti costituenti presupposti dell’esecuzione forzata tributaria). Ne deriva che l’impugnazione di un atto dell’esecuzione forzata tributaria (come il pignoramento effettuato in base a crediti tributari), che il contribuente assume essere invalido perchè non preceduto dalla suddetta notificazione, integra una opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c. nella quale si fa valere una nullità “derivata” dell’atto espropriativo (sulla riconducibilità di siffatta impugnazione all’opposizione di cui all’art. 617 c.p.c., ex plurimis, Cass. n. 252 del 2008) che è devoluta alla cognizione del giudice tributario, proprio perchè si situa (secondo la deduzione difensiva del contribuente) prima della notificazione in discorso. In questa prospettiva, ai fini della giurisdizione, non ha importanza se, in punto di fatto, la cartella (o un altro degli atti equipollenti richiesti dalla legge) sia stata o no effettivamente notificata: il punto attiene al merito e la giurisdizione non può farsi dipendere dal raggiungimento della prova della notificazione e, quindi, secundum eventum; così come non rileva la contestazione o meno del credito tributario nel merito. Rileva invece, ai fini indicati, il dedotto vizio dell’atto di pignoramento (mancata notificazione della cartella) e non la natura, propria di questo, di primo atto dell’espropriazione forzata (art. 491 c.p.c.).

8.2. Le S.U. hanno osservato che non appare convincente ripartire la giurisdizione, nell’ipotesi in esame, in base al petitum formale contenuto nell’impugnazione proposta dal contribuente: a) giurisdizione tributaria, ove sia richiesto l’annullamento dell’atto presupposto dal pignoramento (cartella ed equipollenti); b) giurisdizione ordinaria, ove sia richiesta la dichiarazione di nullità del pignoramento e ciò in quanto il petitum sostanziale è unico (il contribuente ha interesse a rendere non azionabile la pretesa tributaria, facendo valere una soluzione di continuità nell’iter procedimentale richiesto dall’ordinamento). Sotto l’aspetto sistematico, poi, l’atto di pignoramento non preceduto dalla notifica della cartella di pagamento integra (come sottolineato dalla CTR) il primo atto in cui si manifesta al contribuente la volontà di procedere alla riscossione di un ben individuato credito tributario e pertanto, in quanto idoneo a far sorgere l’interesse ad agire ai sensi dell’art. 100 c.p.c., rientra nell’àmbito degli atti impugnabili davanti al giudice tributario in forza del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 (quale interpretato estensivamente dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte: ex plurimis, Sezioni Unite n. 8 9570 e n. 3773 del 2014, nonchè Sez. 5 -, Sentenza n. 11481 del 11/05/2018 Rv. 648078 – 01 in analogo caso di ricorso presentato da Equitalia Nord Spa nei confronti della Spa A.V. contro la impugnazione di altro atto di pignoramento basato su cartella di pagamento che si assumeva non notificata).

8.3. La questione della interazione fra i rimedi impugnatori appartenenti alla giurisdizione tributaria e quelli esperibili innanzi al giudice ordinario in funzione di giudice dell’esecuzione è stata recentemente esaminata dalla Corte Costituzionale, che – com’è noto – con la sentenza n. 114 del 2018, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 57, comma 1, lett. a), (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) e successive modificazioni, nella parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all’avviso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 615 c.p.c.. Il Giudice delle leggi, in particolare, ha chiarito che la disposizione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57, comma 1, lett. a), esprime due distinte regole, una sola delle quali genera un vuoto di tutela giurisdizionale e presenta profili di illegittimità costituzionale. Occorre infatti considerare che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, demanda alla giurisdizione tributaria le contestazioni del titolo (normalmente, la cartella di pagamento) su cui si fonda la riscossione esattoriale. Pertanto, il contribuente che intenda contestare il titolo della riscossione coattiva, deve rivolgersi al giudice tributario mediante ricorso D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19 (che può essere proposto avverso “il ruolo e la cartella di pagamento”). Saldando questa previsione a quella di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 57, comma 1, lett. a) – che pone il divieto di proporre opposizione all’esecuzione per contestare il diritto dell’amministrazione finanziaria o dell’agente della riscossione di procedere in executivis – si ottiene che, in tutti i casi in cui è esperibile il primo strumento di tutela, lo sbarramento alla proponibilità dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. non genera un vuoto di tutela del contribuente, ma è volto solamente ad evitare una tutela giurisdizionale concorrente. Dunque, precisa la Corte costituzionale, “l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. – che non è soggetta a termine di decadenza – in tanto non è ammissibile, come prescrive l’art. 57 citato, in quanto non ha, e non può avere, una funzione recuperatoria di un ricorso del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19 non proposto affatto o non proposto nel prescritto termine di decadenza”. Sulla base di tali premesse, il citato D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui impedisce al contribuente assoggettato ad esecuzione forzata tributaria di ottenere tutela (innanzi al giudice ordinario in funzione di giudice dell’esecuzione) per ragioni che, essendo relative ad atti della procedura successivi alla notifica della cartella di pagamento o all’avviso di cui al del medesimo D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, non possono essere fatte valere innanzi alla giurisdizione tributaria con ricorso D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19.

8.4. Tale ricostruzione del sistema di tutela giurisdizionale del contribuente esecutato reca come corollario quello della inammissibilità delle opposizioni ex art. 615 c.p.c. che abbiano funzione “recuperatoria” di doglianze che potevano – e dovevano – farsi valere innanzi al giudice tributario D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19. Là dove il contribuente esecutato possa far valere le proprie ragioni ricorrendo, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, innanzi al giudice tributario, non vi è spazio per proporre, per le medesime ragioni, l’opposizione ex art. 615 c.p.c., come ritenuto dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza sopra citata (n. 13913 del 05/06/2017, Rv. 644556 – 01) per cui l’opposizione cd. “recuperatoria” (ossia quella con la quale si fa valere una ragione che non è stato possibile dedurre in precedenza a causa dell’omessa conoscenza legale dell’atto prodromico) agli atti esecutivi avverso l’atto di pignoramento posto in essere dall’agente di riscossione, con la quale se ne deduca il vizio per omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento o di altro atto prodromico, va proposta – ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, e art. 19, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 e dell’art. 617 c.p.c. – davanti al giudice tributario, in quanto essa si risolve nell’impugnazione del primo atto in cui si manifesta al contribuente la volontà di procedere alla riscossione di un ben individuato credito tributario (v., da ultimo, anche Sez. U, Ordinanza n. 17126 del 28/06/2018, Rv. 649625 – 01).

8.5. Tale principio va perciò tenuto fermo anche dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 114 del 2018, la quale, nel dichiarare costituzionalmente illegittimo il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57, ha espressamente chiarito che, comunque, non vi è spazio per un’opposizione ex art. 615 c.p.c. laddove era possibile la tutela giurisdizionale innanzi al giudice tributario ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e che la pronuncia di incostituzionalità non dà luogo ad una giurisdizione concorrente. Dinanzi al giudice dell’esecuzione, pertanto, non possono essere dedotti motivi che dovevano farsi valere, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 2 e 19, con ricorso alla giurisdizione tributaria, neppure quando il contribuente non abbia avuto conoscenza dell’atto prodromico da impugnare. In tal caso, infatti, l’impugnazione, ancorchè tardiva, si deve comunque proporre al giudice tributario nei termini previsti dal rito (v. Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 11900 del 07/05/2019 Rv. 653803 – 01).

9. Il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente con riguardo alla loro connessione, sono inammissibili.

9.1. Quanto al secondo motivo, la CTR ha ritenuto inesistente la notifica della cartella di pagamento, fondando la propria decisione sulla circostanza che la consegna della raccomandata postale era stata effettuata a soggetto diverso dal destinatario, senza che al destinatario ne fosse data conoscenza con raccomandata conoscitiva della L. n. 890 del 1982, ex art. 7, comma 6. A fronte di tale asserzione la Agenzia delle Entrate oppone che il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, secondo e terzo alinea, consente la notificazione delle cartelle di pagamento anche a mezzo di spedizione diretta di raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso si ha per eseguita allorchè è pervenuta al domicilio del destinatario, senza necessità di altre formalità, però in alcuna parte del ricorso è riprodotta o trascritta la relata di notifica di cui si tratta, nè è indicato in quale atto del fascicolo di parte o d’ufficio sia stata collocata e non è neppure allegata al ricorso per cassazione, il che non consente di verificare se si sia trattato in effetti di notifica diretta, senza la intermediazione dell’ufficiale giudiziario o del messo comunale o esattoriale, come pare sostenere la ricorrente, ovvero di notifica ai sensi dell’art. 149 c.p.c..

9.2. Orbene, mancando nel ricorso la indicazione dell’atto in cui si riscontra quanto sostenuto dalla ricorrente, il motivo deve essere ritenuto privo di autosufficienza e come tale inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, a norma del quale il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità, la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti…cui si riferisce”, onde mettere la Corte nella possibilità di giudicare sulla sola base del ricorso confrontato con la lettura della sentenza impugnata; mentre nella specie non risulta neppure quale sia stata la modalità concreta della notifica alla quale la ricorrente àncora la pretesa violazione di legge e cioè il parametro normativo alla cui stregua è avvenuta la notifica.

9.3. Il terzo e il quarto motivo di ricorso – con cui si deduce omessa pronuncia e difetto di motivazione in ordine al vizio di notifica per essere stata la mittente della raccomandata postale la Società Selecta e non Equitalia Esatri – devono essere ritenuti ugualmente inammissibili poichè, a parte il rilievo che il preteso vizio di insufficiente motivazione è incompatibile con quello di omessa pronuncia, il rilievo che il mittente della spedizione sia stato Selecta s.p.a. e non Equitalia Esatri s.p.a. è stato introdotto dal giudice di appello solo in via incidentale, ma non ha inciso sul fondamento della decisione, tanto che la CTR non ne ha tratto alcuna conseguenza; per cui la ricorrente non ha alcun interesse a dolersi per tale inciso che non connota la ratio decidendi.

10. Il quinto ed il sesto motivo, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione, sono ugualmente inammissibili poichè carenti sotto il profilo dell’autosufficienza, mancando nel ricorso gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, imponendosi al ricorrente per cassazione di indicare specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, “gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso si fonda mediante riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura, oppure attraverso una riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione” (cfr. Cass. n. 1142 del 2014; Cass. Sezioni Unite: N. 5698 del 2012 Rv. 621813 – 01; da ultimo Sez. 5 -, Ordinanza n. 24340 del 04/10/2018 Rv. 651398 – 01).

10.1. La ricorrente non ha infatti riprodotto o trascritto, nè direttamente, nè indirettamente, la domanda di rateazione, nè ha indicato il luogo della produzione. Non è poi vero che la CTR abbia omesso ogni pronuncia sulla eccezione relativa alla domanda di rateazione. La CTR ha infatti osservato: “peraltro la conoscibilità della cartella deve avvenire nelle forme prescritte dalla legge, essendo irrilevante che la società ne possa avere avuto conoscenza al di fuori della prescritta notifica, essendo la stessa presupposto per l’instaurazione di un corretto contraddittorio”.

10.2. In proposito la CTR ha fatto uso corretto dell’insegnamento di questa Corte in base al quale “In materia tributaria, non costituisce acquiescenza, da parte del contribuente, l’aver chiesto ed ottenuto, senza alcuna riserva, la rateizzazione degli importi indicati nella cartella di pagamento, atteso che non può attribuirsi al puro e semplice riconoscimento d’essere tenuto al pagamento di un tributo, contenuto in atti della procedura di accertamento e di riscossione (denunce, adesioni, pagamenti, domande di rateizzazione o di altri benefici), l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine all'”an debeatur”, salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il rapporto tributario” (Cass. 3347/2017).

10.3. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. Non si deve provvedere sulle spese nei riguardi del contribuente che non ha spiegato difese. Le spese con l’Agenzia delle Entrate devono essere, invece, compensate.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso. Compensa le spese con l’Agenzia delle Entrate.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 3 dicembre 2019

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