Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3148 del 09/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 09/02/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 09/02/2021), n.3148

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI U.L.C. Giuseppe – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

O.J., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ARESI TIZIANA, SEREGNI MASSIMO CARLO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 2205/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 27/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/12/2020 dal Consigliere Dott. TRICOMI LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

La Corte di appello dell’Aquila, con la sentenza in epigrafe indicata, ha rigettato l’appello proposto da O.J., nato in Nigeria, avverso il provvedimento di primo grado che aveva respinto il ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 avverso il provvedimento di diniego della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale in tutte le sue forme.

In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto non circostanziato e poco credibile il racconto del richiedente – che aveva riferito di avere lasciato la Nigeria perchè il padre aveva venduto dei terreni ricevuti in eredità all’insaputa dei coeredi ed era fuggito con il danaro per timore di essere arrestato, e che lui stesso si era poi dato alla fuga perchè i parenti intendevano farlo arrestare al posto del padre – ed ha affermato che non sussistevano gli estremi per il riconoscimento della protezione richiesta.

Quanto alla protezione sussidiaria richiesta ex art. 14 lett. c), ha affermato che non vi era una condizione oggettiva di pericolo direttamente riferibile alla zona geografica di provenienza, in quanto nell’Edo State non si ravvisava la presenza di un conflitto armato tale da comportare una minaccia individualizzata a danno del ricorrente, come risultava da fonti internazionali ampiamente citate.

Infine, ha denegato anche il permesso per motivi umanitari, poichè non ricorrevano le condizioni per la concessione, in difetto di situazioni di vulnerabilità oggettive o soggettive e non si ravvisavano elementi univoci di integrazione sociale in Italia.

Avverso la suddetta pronuncia, il richiedente propone ricorso per cassazione, affidato a tre mezzi. Il Ministero dell’Interno è rimasto intimato

Diritto

RITENUTO

Che:

1. Con il primo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, lamentando che la Corte non abbia tenuto conto del tempo di permanenza del ricorrente nei Paesi di transito, Niger e Libia, e degli abusi ivi subiti che lo avevano indotto a fuggire anche da quei Paesi.

Il motivo è inammissibile.

Come la giurisprudenza di questa Corte ha già chiarito, nella domanda di protezione internazionale, l’allegazione da parte del richiedente che in un Paese di transito (nella specie il Niger e la Libia) si consumi un’ampia violazione dei diritti umani, senza evidenziare quale connessione vi sia tra il transito attraverso quel Paese ed il contenuto della domanda, costituisce circostanza irrilevante ai fini della decisione, perchè l’indagine del rischio persecutorio o del danno grave in caso di rimpatrio va effettuata con riferimento al Paese di origine o alla dimora abituale ove si tratti di un apolide. Il paese di transito potrà tuttavia rilevare (dir. UE n. 115 del 2008, art. 3) nel caso di accordi comunitari o bilaterali di riammissione, o altra intesa, che prevedano il ritorno del richiedente in tale paese (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 31676 del 06/12/2018; Sez. 6, Ordinanza n. 29875 del 20/11/2018; Sez. 6, Ordinanza n. 2861 del 06/02/2018; Cass. n. 18785/2019), situazione, quest’ultima, neanche prospettata da parte del ricorrente.

2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e ss., in merito alla valutazione delle dichiarazioni del richiedente in relazione ai parametri previsti.

Il motivo è inammissibile.

La Corte di appello ha accertato che la pronuncia di primo grado di non credibilità delle dichiarazioni rese in relazione alle ragioni di fuga non era stata impugnata (fol. 5/6 della sent. imp.) e la attuale doglianza risulta inammissibilmente proposta, ricorrendo sul punto un giudicato interno.

3. Con il terzo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 lett. c) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per non essere stata valutata la situazione socio/politica della Nigeria, quanto ai presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c).

Il motivo è inammissibile perchè sotto forma di violazione di legge sollecita un riesame del merito, laddove la Corte di appello ha rigettato la domanda (e non dichiarato inammissibile l’appello, come sostenuto nel motivo) sulla base di specifici accertamenti mediante il ricorso alle fonti ufficiali (EASO 2017 ed altre) circa la situazione di rischio in netta attenuazione nella zona della Nigeria di provenienza ed ha motivatamente escluso la ricorrenza dei presupposti per accordare la protezione sussidiaria.

Inoltre il motivo non coglie nel segno laddove critica la mancata attivazione del potere istruttorio officioso che, nello specifico, la Corte di appello ha assolto acquisendo plurime informazioni da fonti ufficiali sulla situazione del Paese ed ha valutato con un apprezzamento di fatto rimesso al giudice di merito e censurabile nei ristretti limiti del nuovo art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

4. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Non si provvede sulle spese, in assenza di attività difensive dell’intimato.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis

(Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

PQM

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2021

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