Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31478 del 05/12/2018

Cassazione civile sez. I, 05/12/2018, (ud. 09/11/2018, dep. 05/12/2018), n.31478

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 11080/2017 r.g. proposto da:

(OMISSIS) s.r.l., in liquidazione (p. iva (OMISSIS)), con sede in

(OMISSIS), in persona del liquidatore e legale rappresentante pro

tempore, A.F., rappresentata e difesa, giusta procura

speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Gaetano

Franchina e dall’Avvocato Prof. Dario Latella, con cui elettivamente

domicilia in Roma, alla piazza Cavour n. 17, presso lo studio

dell’Avvocato Maurizio Canfora;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l., in liquidazione, in persona dei curatori

Avv. V.A. e Dott. T.C., rappresentato e

difeso, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso,

dall’Avvocato Prof. Michele Perrino, con cui elettivamente domicilia

in Roma, alla via Michele Mercati n. 42, presso lo studio

dell’Avvocato Carlo Rotili;

– controricorrente –

e

PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI

MESSINA;

– intimata –

avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO di MESSINA depositata in

data 07/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

9/11/2018 dal Consigliere dott. Eduardo Campese;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale ZENO

Immacolata, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso;

udito, per la ricorrente, l’Avv. Prof. D. Latella, che ha chiesto

accogliersi il proprio ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avv. C. Rotili, che ha chiesto

rigettarsi l’avverso ricorso.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Il Tribunale di Messina, con sentenza del 16 marzo 2016, n. 13, dichiarò il fallimento della (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, previa revoca, L. Fall., ex art. 173, giusta contestuale decreto, del proprio precedente provvedimento del 10 dicembre 2014 di ammissione della medesima società alla procedura di concordato preventivo.

1.1. Il successivo reclamo L. Fall., ex art. 18, di quest’ultima censurò l’operato del suddetto tribunale: i) per aver ritenuto la proposta di concordato inammissibile dopo l’avvenuta sua approvazione da parte dei creditori; il) per aver compiuto valutazioni circa la fattibilità economica della proposta concordataria, in presenza delle attestazioni di legge; iii) per aver considerato l’operazione cd. “Ogliastri” giuridicamente non fattibile; iv) per essere entrato in valutazioni peritali, rideterminando ex post i valori di cessione di alcuni immobili; v) per aver giudicato la proposta concordataria economicamente e giuridicamente non fattibile.

1.2. La Corte di appello di Messina, con sentenza del 17 febbraio/7 aprile 2017, respinse tale impugnazione, assumendo, per quanto qui ancora di interesse, che il primo giudice, nel pieno rispetto di quanto sancito dalla giurisprudenza di legittimità in ordine ai poteri a lui spettanti, correttamente aveva revocato l’ammissione al concordato sul duplice rilievo della mancata fattibilità giuridica di un’operazione (cd. Ogliastri) in esso prevista e dell’accertata violazione della L. Fall., art. 160, poichè dall’attuazione della proposta di concordato i crediti assistiti da privilegio avrebbero ricevuto una soddisfazione inferiore a quella realizzabile nell’ambito di una procedura liquidatoria (ove sarebbero stati pagati per l’intero), posto che, sulla base di quanto evidenziato dal commissario giudiziale, vi era una notevole deviazione tra i valori dei beni sottoposti ad ipoteca e quanto previsto in pagamento, soprattutto per alcuni creditori. La revoca descritta, dunque, lungi dal fondarsi, come preteso dalla reclamante, su valutazioni di merito e di adeguatezza economica della proposta concordataria, era stata il risultato del controllo di legalità demandato al tribunale in ogni fase della procedura concordataria.

2. La (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione ricorre per cassazione contro la indicata sentenza affidandosi a quattro motivi, resistiti dalla curatela del suo fallimento. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.. Non ha qui spiegato difese la Procura Generale presso la Corte di appello di Messina.

2.1. Le formulate doglianze prospettano, rispettivamente:

I) “violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 161, 171, 172,176,180 e 186, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte di Appello di Messina erroneamente ritenuto che il Tribunale potesse sindacare la proposta di concordato preventivo una volta conseguita l’approvazione della medesima proposta da parte dei creditori”. Si sostiene che “la Suprema Corte, fin dal primo pronunciamento sulla fattibilità giuridica, ha sempre ricollegato l’esistenza di quest’ultima a violazioni collegate inscindibilmente ad un quid pluris, vale a dire l’attitudine di tali violazioni ad impedire l’attuazione del piano concordatario” (cfr. pag. 13 del ricorso), così da renderne impossibile la realizzazione o per la difformità della proposta dal modello legale o per assenza della causa concreta della procedura: situazioni entrambe insussistenti nella specie. Si aggiunge che l’omologazione “assolve alla funzione di dare efficacia all’accordo concluso, ma nulla aggiunge. Proprio perchè nel concordato preventivo l’efficacia è sempre condizionata all’omologazione, il profilo di fattibilità dell’accordo non può neppure porsi, perchè la fattibilità attiene non alla fase genetica ma a quella funzionale del rapporto negoziale. Una volta che la proposta di concordato preventivo presentata da (OMISSIS) è stata approvata, e si è dunque formato l’accordo con i suoi creditori, la verifica della tutela dell’accordo medesimo sarebbe appartenuta alla fase dell’esecuzione del concordato, potendo essa refluire entro il rimedio della risoluzione appositamente previsto dalla L. Fall., art. 186 e ss.” (cfr. pag. 17 del ricorso);

II) “violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 160, 161, 171,173,176,180 e 186, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte di Appello di Messina erroneamente ritenuto che il Tribunale, in presenza delle attestazioni di legge, potesse compiere valutazioni circa la fattibilità economica della proposta di concordato preventivo”. Si afferma che il tribunale, non potendo compiere alcun sindacato nel merito, non potrebbe arrestare il procedimento neanche quando valutasse l’inattuabilità del concordato per mancato soddisfacimento dei creditori chirografari che non riceverebbero “alcunchè”, perchè così effettuerebbe una diversa valutazione dell’esito della liquidazione dei beni e, quindi, una valutazione in concreto e di merito della fattibilità della proposta di concordato in modo difforme dal proponente, operazione non consentita al giudice prima del giudizio di omologazione ed in assenza di esplicita richiesta del creditore;

III) “violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 160, 161, 173,176,180 e 186, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte di Appello di Messina ritenuto legittima la valutazione da parte del Tribunale circa l’assenza di fattibilità giuridica della proposta di concordato preventivo, in particolare della cd. operazione Ogliastri”. Ci si duole del fatto che “i medesimi titoli giuridici che, in sede di ammissione (dicembre 2014) hanno fatto esitare il Tribunale circa l’ammissibilità della (OMISSIS) al concordato preventivo, pochi mesi dopo sono stati riletti alla luce di una giurisprudenza restrittiva, secondo cui i citati titoli non sarebbero stati considerati sufficienti a garantire alla (OMISSIS) la disponibilità degli immobili sui quali realizzare l’operazione Ogliastri” (cfr. pag. 24 del ricorso);

IV) “violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 160, 161, 173,176,180 e 186, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte di Appello di Messina ritenuto legittima l’analisi da parte del Tribunale dell’impostazione e dei contenuti del piano concordatario”. Si afferma che “il Tribunale non può sindacare nel merito il piano sostituendosi alla valutazione dei creditori (e, anzi, impedendo loro di esprimersi, col diniego dell’ammissione) e, per di più, contraddicendo la valutazione favorevole dell’attestatore” (cfr. pag. 29 del ricorso).

3. Le descritte doglianze, scrutinabili congiuntamente perchè avvinte dal comune denominatore della individuazione dei poteri di controllo del tribunale sulla proposta concordataria, non sono meritevoli di accoglimento alla stregua delle argomentazioni di cui appresso.

3.1. Giova premettere che, dalla narrativa del ricorso (cfr. pag. 4-10) emerge che, il 28 novembre 2014, la (OMISSIS) s.r.l. propose, presso il Tribunale di Messina, domanda di concordato preventivo con continuità aziendale, cui fece seguito il decreto del 10 dicembre 2014 dell’adito giudice che dichiarò aperta la procedura, designando il commissario giudiziale. Quest’ultimo, il 12 maggio 2015, presentò la relazione particolareggiata L. Fall., ex art. 172, nella quale evidenziò la pretesa violazione della L. Fall., art. 160, sotto il profilo del mancato rispetto delle cause legittime di prelazione, e contestò il risultato economico di alcune operazioni immobiliari contenute nella proposta concordataria. Nonostante ciò, la proposta stessa ottenne il voto favorevole della maggioranza dei creditori ammessi al voto, nonchè analogo risultato nel maggior numero di classi. Il tribunale, tuttavia, dispose la comparizione della (OMISSIS) s.r.l., del Pubblico Ministero, del commissario giudiziale e dei creditori, all’esito della quale revocò il provvedimento di apertura della procedura concordataria e dichiarò il fallimento della società. In particolare, il decreto di revoca si fondava sulle seguenti argomentazioni: i) il commissario giudiziale era tenuto a fornire al tribunale tutte le notizie che apparivano idonee per una completa valutazione della permanenza o della sussistenza delle condizioni di ammissione, ed era tenuto soprattutto a segnalare ogni dato utile per permettere ai creditori di esercitare in maniera consapevole il diritto di voto; ii) il commissario giudiziale aveva l’onere di riferire al tribunale ogni qual volta riscontrava che fosse venuta meno una delle condizioni di ammissibilità del concordato, principio desumibile dal testo della L. Fall., art. 173, u.c.; iii) il provvedimento di apertura della procedura concordataria non impediva al tribunale una rivalutazione degli elementi allegati nella stessa proposta, anche alla luce delle deduzioni di creditori o dello stesso commissario; iv) quanto all’operazione cd. Ogliastri, il commissario giudiziale, nella propria relazione, ne aveva sottolineato l’irrealizzabilità per assenza di titoli idonei di proprietà su gran parte del terreno ove la costruzione sarebbe ricaduta, oltre che per mancanza di convenienza economica; v) il sindacato di convenienza economica competeva solo ai creditori, i quali dovevano essere posti dalla proponente nella condizione di esercitare in modo corretto e consapevole il diritto di voto; al contrario, al tribunale competeva esclusivamente la sindacabilità sulla fattibilità giuridica della operazione; vi) nè al momento della proposta, nè alla data della votazione, la suddetta operazione “Ogliastri”, sulla base dei documenti allora esistenti, avrebbe potuto essere assentita; vii) la società proponente aveva violato la L. Fall., art. 160, comma 2, prevedendo una soddisfazione dei creditori privilegiati in misura inferiore rispetto a quella che sarebbe stata consentita nell’ambito di una procedura di tipo liquidatorio, tenuto conto che il valore dei beni mobili ed immobili, come stimati dal consulente nell’ambito di precedente procedura (valore fatto proprio dalla società nella proposta di concordato), era nettamente superiore rispetto al credito garantito, il quale era soddisfatto in percentuale nell’ambito della proposta di concordato. La Corte di appello di Messina, infine, con la sentenza oggi impugnata, ha respinto le censure innanzi ad essa formulate avverso (anche) tale provvedimento dalla (OMISSIS) s.r.l. ed ha confermato la correttezza del descritto modus operandi del giudice di prime cure.

3.2. La questione che i riportati motivi di ricorso pongono, oggi, all’attenzione del Collegio investe, dunque, la individuazione dell’ambito del potere di controllo del tribunale sulla proposta concordataria dopo l’esito favorevole della votazione dei creditori ed in assenza di opposizioni di quelli dissenzienti.

3.2.1. La corte messinese ha disatteso l’impostazione della (OMISSIS) s.r.l. secondo cui sarebbe stata preclusa al tribunale ogni forma di sindacato una volta conseguita l’approvazione della proposta medesima da parte dei creditori, e tale conclusione va confermata, rivelandosi assolutamente in linea con la giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto.

3.3. Giova, infatti, ricordare che, come sancito dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass., SU, n. 1521 del 2013), in tema di concordato preventivo, il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dall’attestazione del professionista, mentre rimane riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti. Il menzionato controllo di legittimità, peraltro, si realizza facendo applicazione di un unico e medesimo parametro nelle diverse fasi di ammissibilità, revoca ed omologazione in cui si articola la procedura concordataria.

3.3.1. In modo ancora più esplicito, poi, Cass. n. 18987 del 2011 ha evidenziato che il controllo della regolarità della procedura, proprio della tipica funzione dell’omologa, di imprimere giuridica efficacia al consenso espresso sulla proposta, comporta necessariamente la verifica della persistenza sino a quel momento, delle medesime condizioni di ammissibilità della procedura stessa, seppure già scrutinate nella fase iniziale, dell’assenza di atti o fatti di frode che potrebbero dare impulso al procedimento di revoca L. Fall., ex art. 173, e, in caso di riscontro positivo di tali condizioni, del rispetto delle regole che impongono che la formazione del consenso dei creditori sulla proposta concordataria sia stata improntata alla più consapevole ed adeguata informazione (cfr. in senso analogo, le più recenti Cass. n. 10778 del 2014 e Cass. n. 2234 del 2017).

3.3.2. Va, peraltro, rimarcato che anche la fattibilità economica può ben essere sindacata dal giudice del fallimento laddove il piano si riveli irrealizzabile prima facie, al punto che la stessa distinzione astratta tra verifica di fattibilità giuridica e verifica di fattibilità economica può dirsi nella sostanza superata dalla più recente giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 5825 del 2018; Cass. n. 4790 del 2018; Cass. n. 9061 del 2017), in un’ottica da ultimo recepita anche dalla legge delega n. 155 del 2017 per la riforma delle procedure concorsuali.

3.3.3. Infine, come questa Corte da tempo afferma – anche a Sezioni Unite – è compito precipuo del giudice garantire il rispetto della legalità nello svolgimento della procedura concorsuale, e, in tale prospettiva, spetta a lui esercitare, sulla relazione del professionista attestatore, un controllo specifico, concernente la congruità e la logicità della motivazione ed il profilo del collegamento effettivo fra i dati riscontrati ed il conseguente giudizio (cfr. già Cass., SU, n. 1521 del 2013, e poi anche Cass. n. 13083 del 2013; Cass. n. 11423 del 2014; Cass. n. 5825 del 2018). Il tribunale, dunque, ha il potere di compiere una penetrante verifica della adeguatezza dell’informazione che viene fornita ai creditori, proprio al fine di consentire a questi ultimi un’espressione libera e consapevole del voto (cfr. Cass. n. 7959 del 2017; Cass. n. 5825 del 2018). Naturalmente è poi rimessa ai creditori la valutazione in ordine alla convenienza economica della proposta; ma sempre che l’attestazione consenta di esprimere in modo completo la valutazione suddetta. Da questo punto di vista, spetta, quindi, al giudice il compito di controllare la corretta predisposizione dell’attestazione in termini di completezza dei dati e comprensibilità dei criteri di giudizio, ciò rientrando nella verifica di regolarità dell’andamento della procedura, che è presupposto indispensabile al fine della garanzia della corretta formazione del consenso (cfr. Cass. n. 5825 del 2018).

3.4. Nessun dubbio, allora, può sorgere, giusta i principi suddetti, circa il fatto che, nella specie, come affatto correttamente ritenuto dalla corte distrettuale, il Tribunale di Messina, anche successivamente alla votazione favorevole dei creditori sulla proposta concordataria della (OMISSIS) s.r.l., potesse procedere, attivando anche di ufficio la procedura di cui alla L. Fall., art. 173, alla verifica della persistenza delle condizioni di ammissibilità tutte della domanda concordataria (del resto, Cass. n. 17191 del 2014 ha chiarito che il giudizio di omologazione del concordato preventivo ed il procedimento per la revoca dell’ammissione L. Fall., ex art. 173, ove innestatosi nel primo, non sono due subprocedimenti separati ed autonomi ma due fasi di un unico procedimento, poichè l’ammissione costituisce il presupposto necessario per l’omologazione, sicchè, venuta meno la prima, non è più possibile la seconda).

3.5. Appare, invero, evidente, che, nella odierna vicenda, la corte distrettuale, ed ancor prima il tribunale, hanno operato rimanendo nell’ambito del sindacato di fattibilità prettamente giuridica come delimitato dalla riportata giurisprudenza di legittimità, dovendosi, in proposito, ricordare che la già menzionata Cass., SU, n. 1521 del 2013, nel p. 12.5, ebbe ad affermare che “non è dubbio che spetti al giudice verificare la fattibilità giuridica del concordato e, quindi, esprimere un giudizio negativo in ordine all’ammissibilità quando le modalità attuative risultino incompatibili con norme inderogabili”.

3.6. Ebbene, la corte messinese, uniformandosi a detta pronuncia di legittimità e ricordando, in particolare, da un lato, che è riconosciuto “al Tribunale un controllo di legittimità e di fattibilità giuridica della proposta di concordato in ogni fase della procedura, e quindi anche in fase di omologazione” (cfr. pag. 5 della sentenza), e, dall’altro, che “nella relativa disciplina (di concordato) sono individuabili evidenti manifestazioni di riflessi pubblicistici” (cfr. pag. 6) che permarrebbero pur nel nuovo connotato negoziale del concordato preventivo a presidio della legalità del procedimento, ha correttamente confermato il decreto di revoca del Tribunale di Messina in ragione dell’incensurabile percorso argomentativo seguito da quest’ultimo, il quale, non verificò affatto, dopo l’approvazione della proposta concordataria da parte dei creditori, la fattibilità economica/probabilità di successo del concordato, bensì sindacò la “fattibilità giuridica dell’operazione” nel suo complesso, e ciò alla luce dei rilievi giuridici del commissario giudiziale vertenti: i) sull’operazione cd. Ogliastri, ritenuta non realizzabile per assenza di titoli idonei di proprietà; ii) sulla ritenuta violazione della L. Fall., art. 160, comma 2, in quanto, potendo i creditori privilegiati soddisfarsi per intero nell’ambito della procedura liquidatoria fallimentare, non sarebbe stato giustificato un loro trattamento deteriore in ambito concordatario; iii) sull’assunto che, con riguardo al privilegio immobiliare, non sussistevano i presupposti di ammissibilità con riferimento alla riduzione operata per i crediti garantiti da ipoteca.

3.6.1. Trattandosi, dunque, di controllo della fattibilità prettamente giuridica compiuto dal giudice di prime cure, e poi confermato dalla corte distrettuale nel provvedimento oggi impugnato, non può certo darsi seguito all’assunto della ricorrente secondo cui “Una volta che la proposta di concordato preventivo presentata da (OMISSIS) è stata approvata… la verifica della tenuta dell’accordo medesimo sarebbe appartenuta alla fase dell’esecuzione del concordato, potendo essa refluire entro il rimedio della risoluzione appositamente previsto dalla L. Fall., art. 186 e ss.” (cfr. pag. 17 del ricorso): infatti, secondo il chiaro dettato normativo della L. Fall., art. 173, permane in capo all’organo decidente il potere di riesaminare la ricorrenza, nella proposta concordataria, delle condizioni di ammissibilità, e ciò anche nella fase di omologazione, una volta ottenuta l’approvazione dei creditori. Non esiste, in altri termini, alcuna preclusione, in capo al tribunale, circa una nuova (e diversa) valutazione di fatti già esistenti al momento della domanda. Nè una siffatta limitazione di poteri, i quali, come si è già anticipato, sono funzionali alla salvaguardia di interessi pubblicistici (cfr. Cass., SU., n. 1521 del 2013), trova riscontro nella giurisprudenza di legittimità, posto che, secondo Cass. n. 18864 del 2011, il tribunale può revocare l’ammissione alla procedura del proponente in qualunque momento, allorquando, all’esito degli accertamenti del commissario giudiziale – e dunque, con maggiore cognizione di causa – risultino difettare le condizioni prescritte per l’ammissibilità del concordato L. Fall., ex art. 173, comma 3; maggiore cognizione di causa che, ovviamente, può appuntarsi anche sugli stessi elementi già scrutinati dal giudicante al momento della decisione di apertura della procedura, rivalutati grazie all’apporto informativo proveniente dalla relazione particolareggiata del commissario giudiziale (cfr. sostanzialmente, in tal senso, anche la più recente Cass. n. 10778 del 2014).

3.7. Spettando, peraltro, al giudice il compito di controllare la corretta predisposizione dell’attestazione in termini di completezza dei dati e comprensibilità dei criteri di giudizio, ciò rientrando nella verifica di regolarità dell’andamento della procedura, che è presupposto indispensabile al fine della garanzia della corretta formazione del consenso (cfr. Cass. n. 5825 del 2018), la sentenza oggi impugnata resta immune anche dalla censura rivoltagli con il già descritto quarto motivo di ricorso, avendo la corte distrettuale correttamente evidenziato come, lungi dal rideterminare ex posti valori di cessione di alcuni immobili, il giudice di prime cure aveva, invece, evidenziato l’incongruenza e la non esaustività della relazione del professionista attestatore sotto questo specifico aspetto, giungendo, poi, a ritenere configurata la violazione della L. Fall., art. 160, perchè dall’attuazione della proposta di concordato i crediti assistiti da privilegio avrebbero ricevuto una soddisfazione inferiore a quella realizzabile nell’ambito di una procedura liquidatoria (ove sarebbero stati pagati per l’intero), posto che, sulla base di quanto evidenziato dal commissario giudiziale, vi era una notevole deviazione tra i valori dei beni sottoposti ad ipoteca e quanto previsto in pagamento, soprattutto per alcuni creditori.

3.8. Parimenti rientra nel perimetro del sindacato sulla fattibilità giuridica della proposta e del piano concordatari la valutazione effettuata dal tribunale, e confermata dalla corte di appello, circa la non fattibilità dell’operazione, ivi prevista, cd. Ogliastri, oggetto, in particolare, della doglianza di cui al terzo motivo dell’odierno ricorso.

3.8.1. Giova evidenziare che detta operazione, per espressa ammissione della (OMISSIS) s.r.l., costituiva “uno dei tasselli” della sua proposta concordataria (cfr. pag. 23 del ricorso), e consisteva in un’operazione di costruzione e rivendita da realizzarsi su terreni non interamente di proprietà della stessa.

3.8.2. Il giudice di prime cure, però, ebbe a valutare l’insussistenza, al tempo della votazione da parte dei creditori, delle condizioni di fattibilità giuridica dell’operazione medesima rappresentate dalla sicura presenza, a quell’epoca, del requisito del consenso dei promittenti venditori dei terreni rispetto al rilascio dei permessi a costruire ai promittenti acquirenti: in particolare, il preliminare di acquisto di terreni non poteva fungere da sicuro titolo atto a rendere giuridicamente fattibile il rilascio alla (OMISSIS) s.r.l. dei permessi a costruire sulle stesse aree alla stregua di quanto sancito da Cass. n. 18251 del 2010, oltre che di parte della giurisprudenza amministrativa (vedasi il contrasto interpretativo che la stessa ricorrente non ha fatto altro che confermare anche in questa sede, solo invocando la tesi ad essa più favorevole).

3.8.3. La corte distrettuale, dal canto suo, ha rilevato (cfr. pag. 15 della sentenza impugnata) che (OMISSIS) s.r.l. era titolare “non già di un preliminare di vendita con i proprietari dei terreni su cui dovrebbe realizzarsi il complesso edilizio, ma… di una promessa di cessione dei diritti nascenti dai preliminari di vendita stipulati dai promissari acquirenti dei terreni stessi e i proprietari”, ed ha altresì precisato che “nella scrittura del 4.9.2007 si legge che S.A. “promette di cedere al sig. A.F…. tutti i diritti nascenti dai contratti preliminari… a tal fine… si obbliga ad indicare il sig. A.F…. quale parte acquirente nei predetti contratti” (analoga dichiarazione è contenuta nell’atto con riferimento ai preliminari stipulati da L.S.S.). Ora, una siffatta situazione rende oltremodo difficile la configurazione di una legittimazione della (OMISSIS) al rilascio del permesso a costruire. La (OMISSIS) non è promissaria acquirente ma è il soggetto nei cui confronti i promissari acquirenti hanno assunto l’impegno di trasferire i diritti nascenti dai preliminari. A ciò va aggiunto che dalla scrittura in questione non emerge che la (OMISSIS) fosse stata immessa nella disponibilità dei fondi di proprietà (intera) dei terzi promittenti venditori. Nè risulta che detti proprietari avessero autorizzato la (OMISSIS), o il S. e il L.S., alla costruzione prima della stipula dell’atto pubblico di vendita”.

3.8.4. A nulla vale, dunque, l’invocare, oggi, da parte della ricorrente, la pronuncia del Consiglio di Stato n. 4818 del 2014(cfr. pag. 24 del ricorso), dal momento che quest’ultima, nel riconoscere come legittimato “ogni soggetto interessato”, richiede, però, la “condizione che sia acquisito in modo univoco il consenso comunque manifestato dal proprietario”, condizione, quest’ultima, di cui i giudici di merito hanno, però, nella specie, escluso l’esistenza.

3.8.5. La corte messinese, in altri termini, ha confermato quanto statuito dal giudice di primo grado soffermandosi anche sul “differente orientamento” giurisprudenziale invocato da (OMISSIS) s.r.l. in sede di reclamo, la cui analisi, per il tramite della verifica del contenuto dei preliminari di vendita stipulati dai promissari acquirenti dei terreni coi proprietari, l’ha condotta a ritenere, che “il Tribunale, pertanto, ha correttamente escluso la fattibilità giuridica della proposta, con valutazione operata in relazione alla situazione di fatto sussistente alla data in cui si è svolta l’adunanza dei creditori” (cfr. pag. 15 della sentenza impugnata); il che ha trovato ulteriore riprova anche alla luce della verifica, da parte di quella corte sulla normativa regionale in materia (cfr. pag. 16 della medesima sentenza). Nessun dubbio, quindi, residua sulla correttezza dell’iter logico argomentativo seguito da detto giudice e sull’assenza di qualsivoglia violazione di norme di legge dallo stesso compiuta.

3.9. In definitiva, tutte le censure oggi mosse dalla (OMISSIS) s.r.l. alla sentenza impugnata non meritano accoglimento.

4. Il suo ricorso va, pertanto, respinto, restando le spese del giudizio di legittimità, tra le parti costituite, a carico della ricorrente soccombente, e dandosi atto, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione, a carico della medesima ricorrente, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (applicabile ratione temporis, essendo stato il suo ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: norma in forza della quale il giudice dell’impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che definisce quest’ultima, a dare atto della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità sostenute dalla curatela del suo fallimento, liquidate in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della medesima ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2018

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