Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31473 del 05/12/2018

Cassazione civile sez. I, 05/12/2018, (ud. 09/11/2018, dep. 05/12/2018), n.31473

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 17001/2016 proposto da:

Comune di Acireale, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Via Germanico n. 12, presso lo studio

dell’Avvocato Franco Di Lorenzo, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Nunzio Manciagli giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento S.I.E.T. S.p.a. in liquidazione, in persona del curatore

Avv. Enrico La Pergola, elettivamente domiciliato in Roma, Via della

Consulta n. 50, presso lo studio dell’Avvocato Giuseppe Sartorio,

rappresentato e difeso dall’Avvocato Antonino Mirone giusta procura

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 610/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANIA

depositata il 13/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2018 dal cons. PAZZI ALBERTO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO IMMACOLATA, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato Nunzio Manciagli che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato Ivan Pietroluongo, con

delega, che ha chiesto il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.1 Il Comune di Acireale interponeva appello avverso la sentenza n. 378/2010 del Tribunale di Catania, sezione distaccata di Acireale, con cui l’amministrazione municipale era stata condannata al pagamento in favore di (OMISSIS) s.p.a. della somma di Euro 40.081,61 oltre accessori.

1.2 Il procuratore dell’appellata, ritualmente costituitasi nel giudizio di impugnazione, in data 22 luglio 2011 notificava alla controparte, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 300 c.p.c., comma 1, che (OMISSIS) s.p.a. era stata dichiarata fallita con sentenza del 14 aprile 2011.

Il Comune di Acireale, a seguito dell’accoglimento dell’istanza di riassunzione presentata, provvedeva a notificare il relativo atto alla curatela del fallimento (OMISSIS) s.p.a., che non si costituiva in giudizio.

1.3 Il successivo 9 gennaio 2014 il procuratore di (OMISSIS) s.p.a. notificava all’amministrazione municipale appellante, ex art. 300 c.p.c., comma 4, che il fallimento della società era stato revocato con sentenza della Corte d’Appello di Catania in data 24 ottobre 2011, confermata dalla Corte di Cassazione con sentenza del 26 luglio 2013.

1.4 Il Tribunale di Catania, con sentenza in data 15 maggio 2014, dichiarava nuovamente il fallimento di (OMISSIS) s.p.a..

A seguito di quest’ultima declaratoria si costituiva nel giudizio di appello la curatela del fallimento (OMISSIS) s.p.a. chiedendo che venisse dichiarata l’estinzione del processo, poichè l’appellante, dopo la notifica dell’atto con cui gli era stata data legale conoscenza del ritorno in bonis della società fallita e anche successivamente alla nuova dichiarazione di fallimento, aveva omesso di riassumere il giudizio.

La Corte d’Appello di Catania, una volta constatato che l’evento interruttivo costituito dal ritorno in bonis di (OMISSIS) s.p.a. era stato portato a legale conoscenza dell’appellante mediante la notifica eseguita dal procuratore dell’appellata e che il Comune di Acireale non aveva proceduto alla riassunzione del processo, dichiarava l’estinzione dello stesso con sentenza depositata il 13 aprile 2016.

2. Ha proposto ricorso per cassazione avverso questa pronuncia il Comune di Acireale al fine di far valere due motivi di impugnazione. Ha resistito con controricorso il fallimento di (OMISSIS) s.p.a..

La sesta sezione di questa Corte, inizialmente investita della decisione della controversia, ha rimesso la causa a questa sezione per la trattazione in pubblica udienza.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 300,304 e 305 c.p.c. nonchè l’omessa motivazione su un fatto decisivo del giudizio: la corte catanese, malgrado la conoscenza legale dell’evento interruttivo debba intendersi per avvenuta nel momento in cui interviene la dichiarazione del procuratore o la notificazione dell’evento, non avendo rilievo invece le conoscenze acquisite in via di mero fatto, avrebbe erroneamente valorizzato la dichiarazione della revoca del fallimento effettuata da una parte ((OMISSIS) s.p.a.) non costituita in giudizio e a mezzo di un procuratore che non poteva più rappresentarla, piuttosto che considerarla inesistente perchè eseguita da un soggetto privo di ruolo processuale; in questo modo la Corte d’Appello non avrebbe fatto corretta applicazione della disciplina prevista dall’art. 300 c.p.c. e avrebbe omesso di pronunciarsi su un fatto decisivo per il giudizio, costituito dall’intervenuta dichiarazione del verificarsi di un evento interruttivo fatta da un soggetto non costituito in giudizio.

3.2 Il motivo non merita accoglimento.

La corte territoriale ha ritenuto che l’iniziativa volta alla comunicazione dell’evento interruttivo costituito dal ritorno in bonis di (OMISSIS) s.p.a. fosse stata ritualmente portata a conoscenza dell’amministrazione appellante mediante la notifica eseguita in data 9 gennaio 2014 dal procuratore dell’appellata, quale soggetto legittimato a proseguire il giudizio in luogo della curatela.

Ora in linea generale l’apertura del fallimento determina ipso iure l’interruzione del processo, ai sensi della L. Fall., art. 43, comma 3, anche se, al fine del decorso del termine trimestrale per la riassunzione, è comunque necessaria la conoscenza legale dell’evento interruttivo, acquisita cioè non in via di fatto, ma per il tramite di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell’evento che determina l’interruzione del processo assistita da fede privilegiata (Cass. n. 8640/2018, Cass. n. 27165/2016).

La norma, a parere di questo collegio, trova simmetrica applicazione anche ai casi di interruzione del processo conseguenti all’evento interruttivo costituito, per il venir meno della capacità processuale del curatore, dalla revoca del fallimento (Cass. n. 4372/1982), stante l’eadem ratio che accomuna le due ipotesi: infatti come l’effetto interruttivo automatico previsto dalla L. Fall., art. 43, comma 3, è stato introdotto per soddisfare un’esigenza di semplificazione e accelerazione delle procedure applicabili alle controversie in materia fallimentare e con l’intento di evitare che il processo possa essere interrotto a distanza di tempo, magari secundum eventum litis, così in caso di revoca del fallimento esiste analoga esigenza di dare immediata e automatica efficacia anche in ambito processuale alla restitutio in pristinum prevista dalla L. Fall., art. 18, comma 15, ed evitare che il processo prosegua nei confronti della procedura oramai definitivamente venuta meno.

La conseguenza dell’automatismo dell’effetto interruttivo è solo la preclusione di ogni ulteriore attività processuale e non anche il fatto che da tale evento debba essere calcolato il dies a quo del termine trimestrale per la riassunzione, che invece decorre da quando l’evento interruttivo sia venuto in forma legale a conoscenza della parte interessata alla riassunzione.

Nel caso di specie, poichè l’evento interruttivo del processo aveva colpito la parte rimasta, pacificamente, contumace (cioè il primo fallimento (OMISSIS) s.p.a.), l’evento non poteva che essere portato a conoscenza delle altre parti nei modi stabiliti dall’art. 300 c.p.c., comma 4.

Nel silenzio della norma circa l’identità del soggetto legittimato a effettuare la notifica dell’evento interruttivo alle altre parti, la legittimazione va riconosciuta in capo a chi possa proseguire il giudizio, in quanto la disposizione in parola è dettata nell’interesse di coloro che possono difendersi in sostituzione della parte contumace. Dunque la notifica dell’evento interruttivo deve essere effettuata nei confronti delle altre parti solo ad opera di chi può proseguire il giudizio; corollario di questo principio è che la violazione della disposizione di cui all’art. 300 c.p.c., comma 4, può essere eccepita soltanto dai soggetti che possono proseguire il giudizio, nel cui interesse è unicamente preordinata l’interruzione del processo, e non dalle controparti che sono sfornite di qualsiasi interesse al riguardo (Cass. n. 15430/2005, Cass. n. 15431/2005).

Non si presta quindi a censure di sorta la sentenza impugnata laddove ha considerato del tutto legittima l’iniziativa della società tornata in bonis, la quale, potendo prendere parte al processo in sostituzione della curatela rimasta contumace, aveva rappresentato formalmente alla controparte, tramite notifica, ai sensi dell’art. 300 c.p.c., comma 4, il verificarsi dell’evento interruttivo al fine di dargliene legale conoscenza e fare così decorrere il termine per la riassunzione.

Per di più l’odierna ricorrente, non avendo alcun interesse al riguardo, non è legittimata a eccepire in questa sede la violazione della disposizione appena richiamata.

4.1 Il secondo mezzo, nel lamentare la “violazione e falsa applicazione degli artt. 156, 157 e ss. con riferimento all’art. 302 c.p.c. – violazione e falsa applicazione degli artt. 298 c.p.c. e ss. – contraddittoria motivazione sopra un fatto decisivo della controversia”, assume che la corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che la riassunzione nei confronti della prima curatela non potesse valere rispetto alla seconda, in quanto tale riassunzione aveva raggiunto lo scopo di consentire la prosecuzione della causa instaurando il contraddittorio nei confronti del curatore del fallimento (OMISSIS) s.p.a., come dimostrava la costituzione in giudizio tanto del primo fallimento quanto del secondo.

4.2 Il motivo è inammissibile.

Esso infatti si appunta sull’affermazione fatta dalla corte territoriale in merito all’impossibilità di ritenere che la riassunzione effettuata nei confronti della prima curatela potesse valere nei confronti della seconda curatela senza cogliere che, a parere dei giudici territoriali, la successiva dichiarazione di fallimento risultava “irrilevante” ai fini del decidere, in quanto l’estinzione del processo si era già verificata in conseguenza della mancata riassunzione a seguito della notifica dell’evento interruttivo costituito dal ritorno della società in bonis; in altri termini nella successione di tre eventi interruttivi (prima dichiarazione di fallimento, revoca di tale dichiarazione e seconda dichiarazione di fallimento) la mancata tempestiva reazione alla conoscenza legale del secondo evento aveva provocato l’estinzione del processo, risultando di nessun significato il successivo sviluppo del processo, analizzato dai giudici territoriali in sovrappiù e per mera completezza espositiva.

D’altra parte la disciplina prevista dagli artt. 156 c.p.c. e ss. riguarda la nullità degli atti processuali e non può certo trovare applicazione al diverso istituto dell’interruzione del processo e degli effetti conseguenti alla sua mancata prosecuzione o riassunzione.

5. In virtù dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2018

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