Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31468 del 05/12/2018

Cassazione civile sez. I, 05/12/2018, (ud. 03/10/2018, dep. 05/12/2018), n.31468

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25196/2014 proposto da:

Savico Società Consortile a r.l. in liquidazione, in persona del

liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Prevesa n. 11 presso lo studio dell’avvocato Sigillò Antonio che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Cocco Mario, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Baunei, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Via Antonio Gramsci n. 24, presso lo studio

dell’avvocato Masini Maria Stefania, rappresentato e difeso

dall’avvocato Mereu Marcello Patrizio, giusta procura a margine del

controricorso e ricorso incidentale condizionato;

– controricorrente e ricorrente incidentale condizionato –

contro

SAVICO Società Consortile a r.l. in liquidazione, in persona del

liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Prevesa n. 11 presso lo studio dell’avvocato Sigillò Antonio che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Cocco Mario, giusta

procura in calce al ricorso principale;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 281/2014 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 05/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/10/2018 dal cons. MARULLI MARCO;

lette le conclusioni scritte dal P.M. in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. DE RENZIS LUISA, che ha chiesto per

l’accoglimento del ricorso principale e del ricorso incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La società consortile SAVICO a r.l. impugna l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Cagliari, attinta dalla medesimo onde veder dichiarare la nullità del lodo arbitrale pronunciato tra essa ricorrente ed il Comune di Baunei a parziale definizione del contenzioso insorto in merito all’appalto per la realizzazione e la gestione del porto turistico di (OMISSIS), ha dichiarato inammissibile la proposta impugnazione con riguardo alle determinazioni assunte dagli arbitri in relazione ai quesiti 1 (danni da illegittima sospensione dei lavori) e 2 (oneri di prosecuzione dei lavori dopo il termine di ultimazione e riconoscimento della revisione prezzi o in alternativa del prezzo chiuso) – rispetto ai quali gli arbitri avevano decretato la sospensione del giudizio, rilevando la pregiudizialità della controversia pendente tra le medesime parti avanti al TAR Sardegna avente ad oggetto il D.M. 22 luglio 2005, n. 157 con il quale era stato riconosciuto alla SAVICO il diritto al prezzo chiuso – ed in relazione al quesito 4 (imputazione dei pagamenti ai sensi dell’art. 1194 c.c. o in subordine riconoscimento degli interessi D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, ex artt. 35 e 36 maggiorati degli interessi dovuti L. 10 dicembre 1981, n. 741, ex art. 4), rispetto al quale gli arbitri avevano ravvisato il consenso della parte all’imputazione a capitale dei pagamenti intervenuti, liquidando gli interessi nella sola misura prevista dalle norme di capitolato.

Avverso detta decisione ricorrono ora, in via principale, la SAVICO con tre motivi di ricorso ed, in via incidentale condizionata, il Comune di Baunei parimenti con tre motivi, reciprocamente resistiti da ciascuna parte con controricorso.

Memorie di entrambe le parti e requisitorie del P.M. ex art. 380-bis1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2.1. Con il primo ed il secondo motivo di ricorso – che possono essere esaminati congiuntamente in quanto astretti ad un comune tema decisionale – la SAVICO censura l’impugnata decisione per violazione dell’art. 829 c.p.c. nel capo di essa che ha dichiarato inammissibile il proposto gravame in ordine alla sospensione disposta dagli arbitri, giacchè il decidente, pur dando atto che avverso la predetta pronuncia arbitrale non fosse esperibile il rimedio dell’art. 42 c.p.c. e che essa si risolveva perciò “nell’omessa pronuncia su una domanda”, aveva dichiarato l’inammissibilità del gravame sulla considerazione che l’impugnante, benchè avesse nella specie lamentato la violazione dell’art. 112 c.p.c., aveva tuttavia “ricondotto la violazione di tale norma codicistica alla causa di nullità di cui all’art. 829 c.p.c., comma 2 e non al motivo di nullità di cui all’art. 829 c.p.c., n. 4”, in tal modo rendendo l’impugnazione “pertanto inammissibile”. E ciò ad onta del contrario avviso eccerpibile dalla giurisprudenza di legittimità in materia di ricorso per cassazione ed in particolare dalla SS.UU. con sentenza 17931 del 24 luglio 2013 e del fatto che “non solo la nullità del lodo parziale già nella rubrica del motivo di impugnazione è stata espressamente denunciata con riferimento alla violazione dell’art. 112 c.p.c…. ma detta violazione, lungi dall’essere genericamente dedotta con riferimento alla violazione della norma è stata esplicitamente indicata nell’omissione della pronuncia” su entrambi i quesiti.

2.2. La doglianza è fondata.

2.3. E’ pensiero oramai stabilmente infisso nella giurisprudenza di questa Corte dopo la pronuncia, adottata a composizione nomofilattica del contrasto emerso nella giurisprudenza delle sezioni semplici tra un’impostazione di maggior rigore – orientata a credere che in ragione della natura di mezzo d’impugnazione privo di effetto devolutivo ed “a critica vincolata” del ricorso per cassazione il ricorrente abbia l’onere di indicare con assoluta precisione le norme, sostanziali o processuali, che si ritengano violate o falsamente applicate, ma, soprattutto, la tipologia di vizio di legittimità, nell’ambito della tassativa previsione di cui 360 c.p.c., comma 1, – ed un indirizzo di intonazione meno formalistica – più consapevolmente portato a dare attuazione a principi fondamentali dell’ordinamento processuale, segnatamente a quello, tradizionale e millenario, jura novit curia, recepito dall’odierna disposizione di cui all’art. 113 c.p.c. ed a quello, di derivazione sovranazionale, della c.d. “effettività” della tutela giurisdizionale, da ritenersi insito nel diritto al “giusto processo” di cui all’art. 111 Cost. – dalle SS.UU. di questa Corte con la sentenza 24/07/2013, n. 17931 – affermando un principio che ben si rende estensibile anche all’impugnazione del lodo (Cass., Sez. 1, 23/02/2016, n. 3481) considerate le significative analogie di esso con il ricorso per cassazione (Cass., Sez. 1, 11/09/2015, n. 17956) e che, peraltro si rivela di particolare efficacia nel caso che ne occupa – che “nel giudizio per cassazione che ha ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1 – il ricorso deve essere articolato in specifici motivi immediatamente ed inequivocabilmente riconducibili ad una delle cinque ragioni di impugnazione previste dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronunzia da parte della impugnata sentenza in ordine ad una delle domande o eccezioni formulate non è necessario che faccia espressa menzione della ricorrenza dell’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (con riferimento all’art. 112 c.p.c.), purchè nel motivo su faccia inequivocabilmente riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione.”.

2.4. Rettamente perciò il ricorrente, reclama la regolazione della vicenda in giudizio alla luce del citato principio di diritto, poichè avendo lamentato nella formulazione del gravame che il collegio arbitrale, sospendendo il giudizio riguardo ai quesiti 1 e 2 sottoposti dalla SAVICO al suo esame, avesse “omesso ingiustificatamente di pronunciarsi sulla domanda, violando così l’art. 112 c.p.c.”, ancorchè nella predisposizione della rubrica avesse menzionato l’art. 829 c.c., comma 2, aveva tuttavia chiaramente enucleato nell’illustrazione del motivo e denunciato con l’espresso richiamo alla norma violata, il vizio inficiante la pronuncia arbitrale, onde il giudice del gravame, se solo si fosse attenuto al principio sopra ricordato, avrebbe potuto individuare senza soverchia difficoltà l’esatto tenore della doglianza rappresentata e provvedere di conseguenza, senza omettere dal pronunciare ed incorrere così nel denunciato errore processuale.

2.5. L’impugnata sentenza va in parte qua, dunque, conseguentemente cassata, con rinvio della causa al giudice a quo al fine del richiesto esame rescindente.

3.1. Il terzo motivo di ricorso investe il capo della decisione impugnata afferente al mancato riconoscimento del credito residuo, essendo stati imputati i pagamenti ricevuti al conto interessi ovvero, in via subordinata il mancato riconoscimento sugli interessi liquidati in pronuncia ai sensi delle norme del CSA degli ulteriori interessi dovuti ai sensi della L. n. 741 del 1981, art. 4 e se ne censura l’inammissibilità pronunciata con riguardo alla domanda principale per violazione dell’art. 1194 e l’infondatezza invece decretata con riguardo alla domanda subordinata per la violazione delle norme richiamate.

3.2. Circa la prima lagnanza, l’avviso esternato dal giudice dell’impugnazione nel senso che il responso arbitrale sul punto, inteso a rimarcare che l’impresa aveva prestato il proprio consenso alla imputazione dei pagamenti a capitale, fosse frutto “della valutazione del materiale probatorio” e non potesse per questo “costituire oggetto del giudizio di impugnazione del lodo, che non si configura quale secondo grado di giudizio, ma è circoscritto alle sole ipotesi di nullità espressamente previste dall’art. 829 c.p.c.” – avviso che la SAVICO contesta non essendo argomentabile il preteso consenso in base all’imputazione del pagamento risultante da un documento contabile – non è censurabile per difetto di autosufficienza non avendo la ricorrente nell’illustrazione del motivo riprodotto l’esatto tenore della pronuncia arbitrale al riguardo, sicchè, allorchè il decidente, nel dichiarare l’inammissibiltà del proposto motivo di gravame, si appella all’insindacabilità davanti a sè della “valutazione del materiale probatorio” compiuta dagli arbitrati, utilizza un sintagma ad ampio spettro, legittimando con ciò il dubbio – peraltro alimentato da quanto si legge a pag. 42 del controricorso – che gli arbitri possano aver maturato il convincimento esternato sulla base anche di documenti diversi da quelli contabili.

3.3. La seconda lagnanza collide con la giurisprudenza di questa Corte – onde ne va perciò affermata l’infondatezza – secondo cui “a tutte le obbligazioni aventi ad oggetto originario il pagamento di una somma di denaro sulla quale spettino interessi di qualsiasi natura, compresi quelli di cui agli artt. 35 e 36 del Capitolato generale d’appalto per le opere pubbliche, approvato con D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 (operante “ratione temporis”), è applicabile, in mancanza di usi contrari, la regola dell’anatocismo dettata dall’art. 1283 c.c., dovendo escludersi che il debito per interessi, anche quando sia stato adempiuto il debito principale, si configuri come una qualsiasi obbligazione pecuniaria, dalla quale derivi il diritto agli ulteriori interessi dalla mora nonchè al risarcimento del maggior danno ex art. 1224 c.c., comma 2″ (Cass., Sez. 1, 01/08/2013, n. 18438). Nè ha pregio il richiamo al concetto di capitalizzazione che compare in taluna decisione di questa Corte con riguardo alla previsione recata dalla L. n. 741 del 1981, art. 4 posto che, al contrario di quanto si vorrebbe inferire da essa, tale disposizione, fissando ex lege la decorrenza degli interessi e dispensando perciò la parte dal farne la domanda, ha il solo fine di richiamare l’attenzione della Pubblica Amministrazione sull’onere economico in maturazione (Cass., Sez. 1, 29/07/2004, n. 14465).

4. Venendo al ricorso incidentale – di cui, ancorchè in forma condizionata, si rende necessario lo scrutinio essendo stati accolti i primi due motivi del ricorso principale – il primo ed il secondo motivo di esso – con i quali si lamenta in riferimento al capo della sentenza in argomento afferente ai quesiti 1 e 2, rispettivamente l’omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’affermazione operata dal decidente circa l’inquadramento delle censure ricorrenti nel vizio di cui all’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 5, e la violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’affermazione pure operata dal decidente circa il difetto di contraddittorietà della pronuncia arbitrale – sono entrambi affetti da pregiudiziale inammissibilità per difetto di interesse del deducente non essendone stata pronunciata infatti riguardo ad essi la soccombenza, soccombente essendo invece risultata la SAVICO; e poichè il ricorso incidentale per cassazione, anche se condizionato, deve essere giustificato da un interesse che abbia per presupposto una situazione sfavorevole al ricorrente, ovvero deve fondarsi sulla soccombenza, dei detti motivi va perciò dichiarata l’inammissibilità.

5. Il terzo motivo del ricorso incidentale deduce la violazione delle norme sulla giurisdizione in relazione alla domanda intesa a conseguire il rimborso dei maggiori costi sostenuti per aver dovuto eseguire parte dei lavori dopo la scadenza del termine convenuto, assumendo il ricorrente incidentale che, afferendo l’an sotteso alla domanda anzidetta a determinazione discrezionale della P.A. e postulando ciò la sindacabilità di essa a cura del solo giudice amministrativo, la cognizione di essa sarebbe stata preclusa agli arbitri ed il giudice del gravame avrebbe dovuto per questo dichiarare la nullità dell’impugnato lodo per il difetto di giurisdizione.

6. Il motivo, scrutinabile anche a sezioni semplici, dovendo rilevarsi che in tal caso viene meno il momento di collegamento con la competenza delle Sezioni Unite (Cass., Sez. 4, 7/05/2003, n. 6940), non ha fondamento giacchè l’omessa pronuncia in cui sono incorsi gli arbitri al riguardo deve intendersi coperta dal giudicato non avendo infatti formato oggetto di impugnazione in sede di gravame per gli effetti preclusivi dell’art. 324 c.p.c. ed è pertanto inoppugnabile in questa sede.

6. Conclusivamente vanno accolti il primo ed il secondo motivo del ricorso principale, rigettato il terzo motivo e respinto il ricorso incidentale.

In ragione di ciò, l’impugnata sentenza va perciò cassata nei limiti dei motivi accolti e la causa va rinviata alla Corte d’Appello di Cagliari per il seguito di competenza ai sensi degli artt. 383 e 384 c.p.c..

P.Q.M.

Accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso principale; rigetta il terzo motivo del ricorso principale e respinge il ricorso incidentale; cassa l’impugnata sentenza nei limiti dei motivi accolti e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Cagliari che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 3 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2018

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