Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31467 del 05/12/2018

Cassazione civile sez. I, 05/12/2018, (ud. 19/09/2018, dep. 05/12/2018), n.31467

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1284/2014 proposto da:

G.F., G.E., Gi.Fr., G.R.,

R.B.M., G.B., Gi.Em.,

Gi.Ba., R.G., Gi.Ro., G.S.; tutti

elettivamente domiciliati in Roma, Corso Vittorio Emanuele II n.

229, presso lo studio dell’avvocato Bonfiglio Raffaele, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Fugazzola Francesco,

giusta procure a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

Comune di Dalmine, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Viale Giulio Cesare n. 14 presso lo studio

dell’avvocato Pafundi Gabriele, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Bordogna Raffaella, giusta procura a margine

del controricorso e ricorso incidentale;

CONTRORICORRENTE E RICORRENTE INCIDENTALE

NONCHE’

G.F., G.E., Gi.Fr., G.R.,

R.B.M., G.B., Gi.Em.,

Gi.Ba., R.G., Gi.Ro., G.S.; tutti

elettivamente domiciliati in Roma, Corso Vittorio Emanuele II n.

229, presso lo studio dell’avvocato Bonfiglio Raffaele, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Fugazzola Francesco,

giusta procure a margine del ricorso;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 636/2013 emessa dalla Corte d’appello di

Brescia, depositata il 17/5/2013;

udita la relazione del cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO alla camera di

consiglio del 19 settembre 2018.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con citazione notificata il 6.7.98 gli attuali ricorrenti (e altri) convennero innanzi al Tribunale di Bergamo il Comune di Dalmine per chiederne la condanna al risarcimento dei danni cagionati dall’occupazione acquisitiva di terreni di loro proprietà o, in subordine, al pagamento dell’indennità D.L. n. 333 del 1992, ex art. 5bis a fronte dell’espropriazione del terreno di cui al mappale (OMISSIS).

Si costituì il Comune eccependo di aver acquistato, in virtù di Delib. 22 dicembre 1981, i terreni per cui è causa, versando l’indennità d’occupazione, nonchè la carenza di legittimazione attiva degli attori, i quali non avevano dimostrato il titolo di proprietà, e l’improponibilità dell’azione riguardo agli attori per i quali si era perfezionata la cessione bonaria e la prescrizione dei diritti fatti valere.

Il Tribunale, con sentenza parziale del 2004, dichiarò il difetto di legittimazione attiva di alcun attori e la prescrizione del diritto degli altri in ordine al risarcimento dei danni per l’occupazione acquisitiva, disponendo la prosecuzione della causa circa la domanda subordinata degli altri attori.

Con successiva sentenza definitiva del 2007, il Tribunale rigettò la domanda subordinata di pagamento dell’indennità d’esproprio per intervenuta prescrizione, ritenendo inammissibile la domanda di risarcimento per occupazione usurpativa perchè tardiva e non ricompresa in quella d’indennità, e compensando le spese per la metà.

La sentenza fu appellata da vari attori originari; la Corte d’appello di Brescia respinse l’impugnazione, argomentando che: la doglianza relativa alla prescrizione del diritto al pagamento dell’indennità d’espropriazione era inammissibile; la doglianza relativa all’inammissibilità della domanda risarcitoria per occupazione usurpativa era parimenti inammissibile; il termine decennale per la liquidazione dell’indennità d’occupazione era ormai decorso; la disposta compensazione delle spese di lite per la metà era stata giustificata dalla difficoltà oggettiva di ricostruire la vicenda amministrativa, non adeguatamente esplicitata dal Comune convenuto.

La Corte territoriale respinse altresì l’appello incidentale del Comune, in quanto l’eccezione di carenza di legittimazione attiva era stata tardivamente sollevata, confermando la compensazione delle spese per la metà.

I soggetti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Resiste il comune di Dalmine con controricorso, eccependo l’inammissibilità del ricorso e proponendo ricorso incidentale affidato a tre motivi; i ricorrenti principali resistono con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RITENUTO

CHE:

Con il primo motivo del ricorso principale è denunziata violazione e falsa applicazione degli artt. 112,113 e 183 c.p.c., artt. 2946 e 2947 c.c., nonchè dell’art. 6 del Trattato dell’Unione Europea e dell’art. 1 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, avendo la Corte d’appello erroneamente ritenuto la prescrizione dei diritti al risarcimento e all’indennità e dichiarato inammissibile la domanda risarcitoria per l’occupazione usurpativa.

Con il secondo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione degli stessi articoli di cui al primo motivo, lamentando che la Corte d’appello aveva ritenuto maturato il termine di prescrizione del diritto al risarcimento e all’indennità, atteso che l’occupazione dei terreni costituisce un illecito permanente.

Con il terzo motivo è dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo ovvero la nullità della sentenza impugnata in relazione all’art. 112 c.p.c., in quanto la Corte d’appello non aveva considerato il contenuto della c.t.u. da cui si evinceva che per un unico mappale era stata avviata la procedura espropriativa, mentre per i restanti vi era stata una mera occupazione di fatto non fondata su nessun provvedimento.

Con il primo motivo del ricorso incidentale è dedotta la nullità del procedimento, l’omessa pronuncia su un fatto decisivo e la violazione e falsa applicazione dell’art. 329 c.p.c., comma 2, artt. 112,81 e 324 c.p.c., in quanto la Corte d’appello aveva omesso di pronunciarsi sull’eccezione di carenza di legittimazione attiva a proporre appello di Em. e Gi.Ba., poichè quest’ultimi, ritenuti in primo grado non legittimati, non avevano impugnato tale capo della sentenza.

Con il secondo motivo è dedotta l’omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 81 e 102 c.p.c., art. 2697 c.c., in quanto la Corte d’appello: aveva confermato il rigetto dell’eccezione di carenza di legittimazione attiva degli attori per la relativa tardività riportandosi genericamente alle motivazioni della sentenza di primo grado, anche se quest’ultima aveva rigettata l’eccezione per mancata documentazione; non aveva tenuto conto che non tutti i proprietari dei terreni occupati avevano partecipato ai giudizi di primo e secondo grado, con conseguente mancata integrazione del contraddittorio.

Con il terzo motivo è denunziata la nullità della sentenza nella parte in cui aveva compensato per la metà le spese del giudizio, attesa la piena soccombenza degli attori originari.

I primi due motivi del ricorso principale – da esaminare congiuntamente poichè tra loro connessi – sono fondati. La Corte territoriale ha ritenuto inammissibile perchè tardiva la domanda d’indennità per acquisizione usurpativa di alcuni mappali (diversi da quello oggetto dell’avviata procedura espropriativa), rigettando la tesi dei ricorrenti secondo cui si tratterebbe di una emendatio libelli poichè tale domanda era implicita in quella relativa all’indennità d’espropriazione. Al riguardo, va richiamato l’orientamento per cui, in tema di espropriazione per pubblica utilità, la cd. occupazione acquisitiva od accessione invertita, che si verifica quando alla dichiarazione di pubblica utilità non segue il decreto di esproprio, è illegittima al pari della cd. occupazione usurpativa, in cui invece manca del tutto detta dichiarazione, ravvisandosi in entrambi i casi un illecito a carattere permanente (inidoneo a comportare l’acquisizione autoritativa alla mano pubblica del bene occupato), che cessa tuttavia in caso di rinunzia del proprietario al suo diritto, implicita nella richiesta di risarcimento dei danni per equivalente; tale danno va quindi ristorato con riferimento al valore del bene al momento della domanda – che segna appunto la perdita della proprietà – e la somma risultante, trattandosi di debito di valore, sarà sottoposta a rivalutazione monetaria fino alla data della sentenza, con possibilità di riconoscere sulla medesima somma rivalutata, quale lucro cessante, gli interessi decorrenti dalla data del fatto illecito, non necessariamente commisurati al tasso legale, ma ispirati a criteri equitativi, e computati con riferimento ai singoli momenti riguardo ai quali la somma equivalente al bene perduto si incrementa nominalmente, per effetto dei prescelti indici di valutazione, ovvero in base ad un indice medio (Cass., n. 12961/18).

Pertanto, nel caso concreto la domanda relativa all’indennità per l’acquisizione usurpativa è stata considerata erroneamente tardiva dalla Corte d’appello in quanto domanda nuova, poichè essa, invece, non è ontologicamente diversa da quella introduttiva inerente alla domanda d’indennità per espropriazione, riguardando entrambe un illecito permanente che cessa tuttavia in caso di rinunzia del proprietario al suo diritto, implicita nella richiesta di risarcimento dei danni per equivalente.

Quanto al secondo motivo, si deve ritenere, in adesione all’indirizzo giurisprudenziale della CEDU, che il termine di prescrizione non decorre prima della citazione introduttiva del giudizio nel quale il proprietario richieda il controvalore dell’immobile (con i relativi accessori), incompatibile con il perdurare del suo diritto dominicale su di esso (Cass., 19 2015-, n. 5).

Il terzo motivo è da ritenere assorbito dall’accoglimento dei primi due.

Il primo motivo del ricorso incidentale è fondato poichè il giudice d’appello ha omesso di esaminare il motivo d’impugnazione avente ad oggetto la carenza di legittimazione attiva degli appellanti Em. e Gi.Ba., i quali non impugnarono il capo della sentenza non definitiva di primo grado che ne escluse la legittimazione attiva.

Il secondo motivo è parimenti da accogliere nella parte relativa alla doglianza dell’omessa pronuncia sulla questione della carenza di legittimazione degli altri attori originari. Al riguardo, il Comune di Dalmine propose appello avverso la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva riconosciuto la legittimazione degli attori sulla base di documentazione asseritamente inidonea a fornire la prova delle rispettive proprietà; la Corte d’appello, al riguardo, ha omesso l’esame del fatto controverso limitandosi ad aderire alla motivazione di primo grado circa la tardività dell’eccezione sollevata, che non era tale in quanto rappresentava una mera difesa.

Il terzo motivo è assorbito dall’accoglimento dei primi due.

Per quanto esposto, la sentenza impugnata va cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso principale e di quello incidentale, assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2018

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