Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31457 del 05/12/2018

Cassazione civile sez. II, 05/12/2018, (ud. 23/05/2018, dep. 05/12/2018), n.31457

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19893-2014 proposto da:

M.C., M.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

ARNO 47, presso lo studio dell’avvocato BRUNO BOTTA, rappresentati e

difesi dall’avvocato TERENZIO SCHIRRU;

– ricorrente –

contro

M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, V.ODERISI DA GUBBIO

214, presso lo studio DELL’AVVOCATO DOMENICO MARI, rappresentato e

difeso dall’avvocato SEBASTIANO CHERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 394/2013 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 10/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/05/2018 dal Consigliere GIUSEPPE GRASSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE ALESSANDRO, che ha concluso per l’accoglimento del 1^ e del 2

motivo di ricorso;

udito l’Avvocato SCHIRRU Terenzio, difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato MARI Domenico, con delega orale dell’Avvocato CHERI

Sebastiano, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del

ricorso.

Fatto

I FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Cagliari, con sentenza depositata il 10/6/2013, rigettata l’impugnazione avanzata da M.A. e M.C., confermò la sentenza di primo grado, che aveva dichiarato la nullità del testamento olografo di M.A., impugnato per falsità dal fratello M.M., erede legittimo, nei confronti dei germani appellanti.

A. e M.C. ricorrono per cassazione, sviluppando triplice censura.

Resiste con controricorso M.M..

Con l’ordinanza interlocutoria n. 4735/018 la Sezione 6^ di questa Corte ha rimesso la causa alla pubblica udienza.

Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorso deduce violazione ed erronea applicazione degli artt. 115,116,214,215 e 216 c.p.c., artt. 533,2697 e 2702 c.c..

Questi, in sintesi, gli argomenti fondanti della censura. La Corte locale aveva errato affermando che gli esponenti non avevano assolto l’onere probatorio di dimostrare, producendo le opportune scritture di comparazione, che il testamento, la cui falsità era stata addotta dal germano M.M., era genuino; così assegnando decisività al mero disconoscimento operato dall’appellato. Per contro, evocando le sentenzè nn. 8272/2012 e 15169/010 di questa Corte, era da ritenere che “nel conflitto tra erede ex lege ed erede testamentario, il primo non può limitarsi al mero disconoscimento, in quanto riverserebbe sul secondo l’onere di contestare l’asserita falsità del testamento e, quindi, di dimostrarne positivamente l’autenticità, come avverrebbe se si applicasse la disciplina processuale in materia di disconoscimento della scrittura privata”.

2. Con il secondo motivo il ricorso denunzia vizio motivazionale, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, e violazione dell’art. 196 c.p.c..

Secondo i ricorrenti la sentenza della Corte locale aveva disatteso la istanza di rinnovazione della CTU sul presupposto che l’accertamento era precluso dalla mancanza di scritture di raffronto, obliterando che gli appellanti avevano mosso precipue critiche all’elaborato peritale, che non risultavano essere state prese in considerazione. Inoltre, il ragionamento del giudice era affetto da contraddittorietà, perchè sulla base dell’assunto (l’assenza di scritture di confronto non consentiva la verifica) non avrebbe potuto neppure disporsi la CTU. Inoltre, soggiunge il ricorso, il consulente del giudice aveva errato nell’attribuire la qualifica di falso al testamento, senza apprezzare la congruità e coerenza fra il testo in corsivo e quello in stampatello, che in dirizzavano per l’unicità dello stile grafico.

3. Con il terzo motivo i M. lamentano “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, per avere la sentenza sostenuto che l’epilogo era dipeso dalla mancata produzione di scritture di comparazione redatte in stampatello, non considerando che il CTU era giunto ad affermare la falsità della scrittura ponendo in comparazione le disposizioni in stampatello di cui alla scheda (tuttavia stimate conformi, per plurime anomalie riscontrate, alla sottoscrizione) con le firme di raffronto.

4. Il primo motivo è fondato nei termini di cui appresso.

4.1. Le S.U. (n. 12307 del 15/6/2015), sciogliendo il precedente contrasto, hanno risolto la questione posta con il motivo qui al vaglio nei termini seguenti: “Pur nella consapevolezza delle obiezioni mosse illo tempore a tale ipotesi di soluzione del problema, è convincimento del collegio che la proposizione di una azione di accertamento negativo che ponga una quaestio nullitatis in seno al processo (anche se, più correttamente, sarebbe a discorrere di una quaestio inexistentiae) consente di rispondere:

– da un canto, all’esigenza di mantener il testamento olografo definitivamente circoscritto nell’orbita delle scritture private;

– dall’altro, di evitare la necessità di individuare un (assai problematico) criterio che consenta una soddisfacente distinzione tra la categoria delle scritture private la cui valenza probatoria risulterebbe “di incidenza sostanziale e processuale intrinsecamente elevata, tale da richiedere la querela di falso”, non potendosi esse “relegare nel novero delle prove atipiche” (così la citata Cass. ss.uu. 15161/2010 al folio 4 della parte motiva); dall’altro, di non equiparare l’olografo, con inaccettabile semplificazione, ad una qualsivoglia scrittura proveniente da terzi, destinata come tale a rappresentare, quoad probationis, una ordinaria forma di scrittura privata non riconducibile alle parti in causa;

– dall’altro ancora, di evitare che il semplice disconoscimento di un atto caratterizzato da tale peculiarità ed efficacia dimostrativa renda troppo gravosa la posizione processuale dell’attore che si professa erede, riversando su di lui l’intero onere probatorio del processo in relazione ad un atto che, non va dimenticato, è innegabilmente caratterizzato da una sua intrinseca forza dimostrativa;

– infine, di evitare che la soluzione della controversia si disperda nei rivoli di un defatigante procedimento incidentale quale quello previsto per la querela di falso, consentendo di pervenire ad una soluzione tutta interna al processo, anche alla luce dei principi affermati di recente da questa stessa Corte con riguardo all’oggetto e alla funzione del processo e della stessa giurisdizione, apertamente definita “risorsa nonillimitata” (Cass. ss.uu. 26242/2014). Va pertanto affermato il seguente principio di diritto: La parte che contesti l’autenticità del testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, e l’onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo, grava sulla parte stessa”. A tale principio, al quale già questa Corte si è adeguata (Sez. 2, n. 109, 4/1/2017), il Collegio intende dare continuità.

La sentenza impugnata, recependo uno dei due indirizzi di legittimità, successivamente sottoposti alla verifica nomofilattica delle S.U., ha rigettato l’appello di A. e M.C. sul presupposto che costoro in presenza di “conflitto tra l’erede legittimo (nel caso il fratello M.), che disconosca l’autenticità del testamento e chi vanti diritti in forza di esso, l’onere della proposizione dell’istanza di verificazione (…) del documento contestato incombe sul secondo”.

L’affermazione, in contrasto con l’enunciato, sopra riportato, delle S.U., impone la cassazione della statuizione con rinvio.

4.2. Occorre ulteriormente chiarire che la parte che contesta l’autenticità della scheda non può essere esonerata dall’incombente per il fatto che la stessa risulti vergata in stampatello.

Non è dubbio che le caratteristiche di abitualità e normalità del carattere grafico adoperato assumono un pregnante valore probatorio; tuttavia, tali qualità, che indirizzano verso l’individualità o personalità dello scritto (quest’ultimo requisito, talvolta indicato quale parametro, insieme agli altri due, in realtà, costituisce il giudizio conclusivo di riferibilità al testatore, frutto del positivo scrutinio dei due anzidetti parametri), non integrano i caratteri formali del testamento olografo; di talchè non è consentito introdurre un requisito negativo di forma (non usare lo stampatello) non previsto dalla legge.

L’art. 602 c.c., come, peraltro, l’art. 775 c.c., comma 1, del 1865, richiede solo l’autografia. La dottrina, anche da tempo risalente, ha escluso che ulteriore caratteristica dell’autografia sia costituita dalla agevole accertabilità della stessa, fermo restando che l’uso di forme grafiche peculiari, atipiche, o, a maggior ragione, criptiche o riferibili a codici grafici non comuni, o non in uso, aumenta il rischio che non possa assegnarsi al testatore lo scritto; cioè che non possa giungersi ad un giudizio di positiva attribuzione allo stesso, secondo la regola della individualità o personalità.

In questo senso l’abitualità e la normalità costituiscono parametri interpretativi di assoluto rilievo, al fine, appunto, di cogliere nel segno il movimento grafico, autonomo e individuale del testatore e, in altri termini, il portato della sua personalità. Ed in questo senso, l’uso dello stampatello, non giustificato da condizioni psico-fisiche e da abitudine del dichiarante o da altre circostanze contingenti, il cui esame è di esclusiva competenza del giudice del merito, rappresenta, da un punto di vista, si ribadisce, dell’astratto rilievo probatorio, evenienza di pregnante significato. Tuttavia, si tratta, pur sempre, d’indice sintomatico, se si vuole, di allarme, che non può indurre a una interpretazione rigoristica e letterale, che rischierebbe di obliterare la volontà testamentarie sol che il testatore non si sia attenuto alla sua scrittura abitualmente tipica.

Conclusione, quest’ultima, che non terrebbe conto del fatto che la grafia, come qualunque altra estrinsecazione della personalità soggettiva, non solo cangia nel corso degli anni, ma subisce, e sensibilmente, l’influenza di stati psico-fisici mutevoli, anche al di là della conclamata patologia e che contrasterebbe con l’art. 602 c.c., e, più in generale, con il principio di libertà negoziale.

4.3. Infine, deve soggiungersi che il Giudice del rinvio dovrà anche farsi carico dell’accertamento di riferibilità della firma al testatore, che in primo grado è stata giudicata affetta da falsità.

5. Gli altri motivi restano assorbiti dall’accoglimento del primo.

6. La Corte d’appello, in sede di rinvio, regolerà le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Cagliari, altra sezione, anche per le spese del giudizio di legittimità; dichiara assorbiti gli altri motivi.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2018

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