Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31446 del 03/12/2019

Cassazione civile sez. III, 03/12/2019, (ud. 18/09/2019, dep. 03/12/2019), n.31446

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1437/2018 proposto da:

C.G., domiciliata ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ERNESTO FIORILLO;

– ricorrente –

contro

CENTRALE ATTIVITA’ FINANZIARIE SPA, BANCA NAZIONALE DEL LAVORO,

CR.ST., P.F., P.D., R.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 744/2016 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 29/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/09/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso notificato il 27-29 dicembre 2017 C.G. ricorre per la cassazione della sentenza numero 744-2016 emessa dalla Corte d’appello di Messina l’11 novembre 2016, depositata il 29/11/2016, con la quale è stato rigettato l’appello incidentale della medesima, svolto unitamente a Pa.Gi., D.N.C., avverso la sentenza non definitiva emessa dal Tribunale di Messina in una controversia instaurata dai medesimi nei confronti di Centrale Attività Finanziaria s.p.a. (CAF).

2. Il giudizio attiene ad un’opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso su richiesta della BNL s.p.a. (cui è succeduta CAF) per l’importo di Euro 537.823,31, oltre interessi convenzionali al tasso del 16,75% con capitalizzazione trimestrale nei confronti dei fideiussori della società Bazia Gardens s.p.a., fondata sulla deduzione di nullità delle fideiussioni rilasciate, per abusivo riempimento dei moduli da parte della banca, e della nullità della clausola anatocistica contenuta nelle clausole ed effettivamente applicata. Nel giudizio di primo grado il Tribunale, con sentenza parziale, aveva accolto l’eccezione relativa all’anatocismo e aveva respinto l’eccezione di nullità delle fideiussioni, mentre con la sentenza definitiva aveva ricalcolato in Euro 447.020,67, oltre interessi legali dal 16.2.1994 al saldo, la somma dovuta dai fideiussori, ponendola a carico degli opponenti pro quota (quali eredi succeduti ai fideiussori), con esclusione della cauzione non versata alla banca e con cancellazione dell’ipoteca accesa sui beni degli opponenti a cura della BNL.

3. Avverso la sentenza definitiva proponeva appello la BNL per la parte in cui era stata condannata alle spese di giudizio pur non risultando soccombente per la parte in cui era stata cancellata l’ipoteca in violazione dell’art. 653 c.p.c.. Gli appellati, tra cui la ricorrente, si costituivano per resistere, ed in via incidentale proponevano appello avverso la sentenza non definitiva e quella definitiva, per la parte in cui era stata respinta la domanda di nullità della fideiussione ed erano stati condannati al pagamento dell’importo richiesto, con interessi legali capitalizzati annualmente, nonostante la dichiarazione di nullità della clausola anatocistica. La Corte d’appello, per quanto qui di interesse, in accoglimento dell’appello incidentale, e in parziale riforma della sentenza definitiva, condannava gli appellati e la curatela dell’eredità giacente, pro quota, al pagamento della minore somma del credito, pari Euro 247.519,27, con gli interessi legali dal 16 marzo 1994 al soddisfo e senza ulteriori capitalizzazioni; in accoglimento dell’appello principale revocava quindi la cancellazione dell’ipoteca, e dichiarava compensate le spese del giudizio del primo grado; per l’effetto, condannava l’avvocato Ernesto Fiorillo (legale dell’attuale ricorrente) alla restituzione in favore della CAF S.p.A. della somma allo stesso corrisposta, quale difensore anticipatario, dall’appellante Bnl S.p.A. a titolo di compensi professionali del giudizio di 10 grado; compensava infine le spese tra l’istituto appellante e gli appellati- appellanti incidentali.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il 1 motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si censura la sentenza nella parte in cui la Corte d’appello, nel determinare il credito nascente dal conto corrente della società, avrebbe omesso di esaminare un fatto, decisivo, ovvero che la banca non abbia prodotto in giudizio gli estratti conto riguardanti il periodo compreso tra ottobre 1979, data di apertura del conto e il 31 dicembre 1988, ricostruendo il rapporto in base al saldo debitore riportato dalla banca alla data del 31 dicembre 1988, e non a “saldo zero”, come si dovrebbe fare in caso di mancanza di prova riguardo alle operazioni contabilizzate negli anni pregressi. Con il 2 motivo si contesta la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., per avere il giudice della Corte d’appello ritenuto provato il credito reclamato dalla banca, per scopertura di conto corrente, nonostante la mancata produzione degli estratti conto dalla data di apertura del rapporto (1979), essendosi la banca limitata a produrre solo quelli successivi al 31.12.988. Con il 3 motivo si contesta la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., con riferimento al credito reclamato in forza degli effetti cambiari, contabilizzati due volte, nonostante dall’esame degli estratti del conto corrente emergesse la prova che, quantomeno alcuni di essi, erano stati addebitati sul conto corrente ed erano, pertanto, già inclusi nel saldo del conto corrente. Con il 4^ motivo, titolato come violazione o falsa applicazione dell’art. 2818 c.c. e art. 653 c.p.c., si censura la decisione della Corte territoriale per aver disposto la revoca della cancellazione dell’ipoteca iscritta in forza del decreto ingiuntivo, sull’assunto che il credito degli opponenti fosse maggiore al presunto debito originato dagli effetti cambiari. Con il 5 motivo viene contestata l’errata applicazione degli artt. 91,92 c.p.c., in quanto la Corte d’appello, nonostante la revoca del decreto ingiuntivo e la sensibile riduzione della pretesa creditoria della banca, ha riformato la sentenza del Tribunale che aveva posto le spese del giudizio di 1^ grado a carico della banca, compensando le spese.

2. I primi due motivi sono inammissibili per la fondamentale ragione che essi, quanto alla presunta inidoneità degli estratti conto prodotti a provare l’intero credito vantato dalla banca, sollevano questioni nuove, risultanti prima facie come non dedotte nei due gradi di giudizio di merito, e soprattutto non prese in considerazione dalla Corte di merito. La parte impugnante, in ottemperanza al principio di autosufficienza e di specificità dei motivi di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, avrebbe dovuto preliminarmente indicare in quale parte delle sue pregresse difese tale questione sia stata sollevata, e ciononostante non considerata dalla Corte di merito, non essendo rinvenibile nella sentenza in discussione alcuna argomentazione in proposito.

3. Il terzo e quarto motivo sono inammissibili per un’ altra prevalente ragione, attinente al fatto che vengono indicate come violazioni di norme processuali, inerenti alla libera valutazione delle prove o alla distribuzione degli oneri probatori, valutazioni della Corte di merito che hanno avuto ad oggetto le prove raccolte, oppure il contenuto della CTU acquisita, e riguardano quindi l’esame dei fatti posti a fondamento della decisione, riservato al potere discrezionale della Corte di merito (Vedi Cassazione, sez. 6, n. 27.000/2016; Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).

4. L’ultimo motivo, infine, è inammissibile perchè prospetta come errore di applicazione delle norme sulla soccombenza l’operata compensazione delle spese legali di secondo grado: la decisione di compensare le spese non è, però, censurabile nei suddetti termini, perchè la regola della soccombenza potrebbe ritenersi violata solo ove la parte, risultante vittoriosa, venga condannata al pagamento delle spese processuali, e non ove, con valutazione discrezionale che tenga conto dell’esito complessivo della controversia, il giudice abbia provveduto a compensarle, trattandosi di una valutazione di merito sull’andamento dell’intero processo d’appello, riservata al giudice della controversia (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 1572 del 23/01/2018; Sez. 1 -, Ordinanza n. 19613 del 04/08/2017).

5. Conclusivamente il ricorso è inammissibile; nulla si dispone sulle spese, stante l’assenza dal giudizio della parte resistente intimata.

P.Q.M.

La Corte,

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2019

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