Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31434 del 05/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 05/12/2018, (ud. 30/10/2018, dep. 05/12/2018), n.31434

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15306/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

Associazione sportiva Max Muscle, persona del l.r.p.t., e

P.V.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 161/22/11 della Commissione Tributaria

Regionale del Lazio, emessa in data 11 marzo 2011, depositata il

giorno 4 maggio 2011 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 ottobre

2018 dal Consigliere Andreina Giudicepietro.

Fatto

RILEVATO

che:

1. l’Agenzia delle Entrate ricorre con quattro motivi contro l’Associazione sportiva Max Muscle, persona del l.r.p.t., e P.V. per la cassazione della sentenza n. 161/22/11 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, emessa in data 11 marzo 2011, depositata il giorno 4 maggio 2011 e non notificata, che ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle Entrate, in controversia concernente l’impugnativa di alcuni avvisi di accertamento per Irpef, Iva, Irap ed addizionali anno d’imposta 2003, a seguito della riqualificazione dell’associazione sportiva Max Muscle quale ente commerciale, in quanto tale soggetto al regime ordinario di imposta;

2. con la sentenza impugnata, la C.T.R. del Lazio rilevava che l’associazione non poteva perdere la qualifica di ente non commerciale, dato che negli atti costitutivi erano presenti, sia pure in parte, i requisiti espressamente richiesti dal T.u.i.r., art. 148, comma 8;

inoltre la C.T.R. riteneva non ricorressero i presupposti per l’applicazione della L. n. 398 del 1991 , artt. 1 e 2, che fissano i requisiti in base ai quali ottenere l’esonero dai relativi obblighi di tenuta delle scritture contabili ai fini Irpeg, Ilor ed Iva;

concludeva, quindi, nel senso che la C.T.P. aveva correttamente tenuto conto dell’effettiva attività svolta in concreto dall’associazione, ritenendo assoggettabili a tassazione le operazioni commerciali, distinte da quelle attinenti agli scopi istituzionali dell’ente;

infine, il giudice di appello riteneva di poter condividere interamente la sentenza di primo grado per quel che concerneva l’annullamento dell’avviso di accertamento emesso nei confronti del socio P.V.;

3. con il ricorso, l’Agenzia deduce la violazione del T.u.i.r., art. 148 e dell’art. 2697 c.c., nonchè il difetto di motivazione e la carenza totale della stessa, in relazione ai motivi per cui il giudice di appello aveva confermato l’annullamento integrale dell’accertamento nei confronti di P.V.;

4. a seguito del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, l’Associazione sportiva Max Muscle e P.V. sono rimasti intimati;

5. il ricorso è stato fissato per la Camera di consiglio del 30 ottobre 2018, ai sensi degli artt. 375, u.c., e art. 380 bis 1, c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione o falsa applicazione del T.u.i.r. , art. 148e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, allorchè la C.T.R. del Lazio ha ritenuto che non potesse disconoscersi la qualifica di ente non commerciale all’associazione, perchè negli atti costitutivi emergeva la sussistenza, sia pure in parte, dei requisiti di cui al T.U.I.R., art. 148;

con il secondo motivo, la ricorrente denunzia l’insufficiente motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè il giudice di appello, nell’escludere l’applicabilità al caso di specie della L. n. 398 del 1991, artt. 1 e 2, ha necessariamente presupposto il carattere dilettantistico dell’Associazione, senza chiarire da quali atti abbia tratto la convinzione che la parte potesse essere considerata un’associazione sportiva dilettantistica;

1.2 i motivi sono connessi e possono essere esaminati congiuntamente; il primo è fondato, con conseguente assorbimento del secondo;

1.3. secondo un orientamento ormai consolidato di questa Corte, “le agevolazioni tributarie previste in favore degli enti di tipo associativo non commerciale, come le associazioni sportive dilettantistiche senza scopo di lucro, dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 111 (ora art. 148) si applicano solo a condizione che le associazioni interessate si conformino alle clausole riguardanti la vita associativa, da inserire nell’atto costitutivo o nello statuto” (Cassazione civile, sez. trib., 11/03/2015, n. 4872);

si è ulteriormente chiarito che “in tema di agevolazioni tributarie, l’esenzione d’imposta prevista dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 111 (ora art. 148) in favore delle associazioni non lucrative dipende, non dall’elemento formale della veste giuridica assunta (nella specie, associazione sportiva dilettantistica), ma dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro, il cui onere probatorio incombe sulla contribuente” (Cassazione civile, sez. trib., 05/08/2016, n. 16449);

non basta, quindi, il dato formale della qualificazione quale associazione sportiva dilettantistica, ma occorre che effettivamente l’associazione svolga attività senza fine di lucro e si conformi alle prescrizioni di cui al T.u.i.r. , art. 111 (ora 148);

infine, è stato anche precisato che “in tema di imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG), gli enti di tipo associativo non godono di una generale esenzione da ogni prelievo fiscale, potendo anche le associazioni senza fini di lucro – come si evince dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 111, comma 2, (nel testo applicabile “ratione temporis”) – svolgere attività a carattere commerciale; il citato art. 111, comma 1 – in forza del quale le attività a favore degli associati non sono considerate commerciali e le quote associative non concorrono a formare il reddito complessivo – costituisce, d’altro canto, deroga alla disciplina generale, fissata dal medesimo D.P.R., artt. 86 e 87, secondo cui l’IRPEG si applica a tutti i redditi, in denaro o in natura, posseduti da soggetti diversi dalle persone fisiche, con la conseguenza che l’onere di provare i presupposti di fatto che giustificano l’esenzione è a carico del soggetto che la invoca, secondo gli ordinari criteri stabiliti dall’art. 2697 c.c.” (Cass. sent. n. 23167/2017);

alla luce dei principi sopra riportati, la sentenza impugnata, che non ha fatto corretta applicazione delle norme di cui al T.u.i.r., art. 148 e all’art. 2697 c.c., va cassata con rinvio alla C.T.R. del Lazio per nuovo esame;

2.1. con il terzo motivo, la ricorrente denuncia la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 61 e dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, perchè la C.T.R. si è limitata a condividere interamente quanto disposto dai giudici di primo grado per quel che concerne l’annullamento dell’avviso di accertamento emesso nei confronti di P.V., senza in alcun modo palesare le ragioni della condivisione;

con il quarto motivo, la ricorrente censura la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5 e dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè i giudici di appello, a seguito di una parziale conferma dell’atto di accertamento della società, ha interamente annullato l’accertamento nei confronti dell’associato;

2.2. i motivi sono connessi e possono essere esaminati congiuntamente;

il terzo è fondato, con conseguente assorbimento del quarto;

2.3. in particolare, “in tema di processo tributario, è nulla, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 61, nonchè dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente carente dell’illustrazione delle critiche mosse dall’appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, atteso che, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame” Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15884 del 26/06/2017; vedi anche ex multis Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 22022 del 21/09/2017);

all’accoglimento del terzo motivo consegue l’assorbimento del quarto, nonostante appaia evidente che il giudice di appello non abbia in alcun modo giustificato l’annullamento integrale dell’accertamento nei confronti del socio, in presenza di un annullamento solo parziale dell’accertamento nei confronti della società;

3.1. in accoglimento del ricorso deve cassarsi la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione, per nuovo esame.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo ed il quarto; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2018

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