Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3143 del 07/02/2017


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Cassazione civile, sez. III, 07/02/2017, (ud. 06/12/2016, dep.07/02/2017),  n. 3143

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14860-2014 proposto da:

C.C., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati

LORETANA MARIA ANTONIA ROSSO e NICOLA PARAGLIOLA giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA SPA in persona del procuratore GBS GENERALI BUSINESS

SOLUTIONS S.C.P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO

CARO 62, presso lo studio dell’avvocato VALENTINO FEDELI,

rappresentata e difesa dall’avvocato RENATO MAGALDI giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 12592/2013 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 12/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/12/2016 dal Consigliere Dott. POSITANO GABRIELE;

udito l’Avvocato LORENZA IANNELLI per delega orale; udito il P.M. in

persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE TOMMASO che

ha concluso per l’inammissibilità in subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del Giudice di Pace di Napoli n. 44526 del 2012 veniva rigettata la domanda proposta da C.C. nei confronti di Assicurazioni Generali S.p.A., nella qualità di impresa designata dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, per il risarcimento dei danni derivati dalle lesioni personali subito in conseguenza del sinistro stradale verificatosi il (OMISSIS) in Napoli.

Avverso tale decisione proponeva appello il C., costituendosi in giudizio, depositando la nota di iscrizione a ruolo e il fascicolo contenente la copia, anzichè l’originale, dell’atto di citazione in appello. Alla prima udienza l’appellante non compariva e non depositava l’originale dell’atto di appello.

Sulla base di tali elementi il Tribunale di Napoli, con sentenza del 12 novembre 2013, emessa ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., dichiarava l’improcedibilità dell’appello, compensando le spese di lite.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione C.C. sulla base di due motivi. La compagnia Generali Italia S.p.A. deposita controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La motivazione viene redatta in forma semplificata in adempimento di quanto previsto dal Decreto n. 136 del 2016 del Primo Presidente della Corte Suprema di cassazione, non avendo il presente provvedimento alcun valore nomofilattico.

Con i motivi di ricorso si denuncia:

violazione ed errata applicazione dell’art. 348 codice di rito, comma 2 e dell’art. 24 Cost., ai sensi dell’art. 360 codice di rito, n. 3.

Ai sensi dell’art. 348 codice di rito il giudice di appello, alla prima udienza, avrebbe dovuto rinviare la causa ad altra udienza mandando alla Cancelleria di comunicare e provvedere alla declaratoria di improcedibilità soltanto nell’ipotesi di mancata comparizione anche alla nuova udienza.

Violazione del diritto di difesa garantito all’art. 24 Cost..

Nell’ipotesi di mancata rimessione in termini il ricorrente subirebbe la lesione del proprio diritto di difesa poichè la mancata comparizione del difensore alla prima udienza davanti al Tribunale di Napoli era stata determinata da un impedimento fisico improvviso.

I due motivi vanno trattati congiuntamente riguardando il medesimo profilo e richiedono una precisazione preliminare.

Innazitutto, posto che il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 348 c.p.c., comma 2, avrebbe dovuto muovere la censura sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., n. 4 e non del n. 3, in quanto sostiene che il giudice avrebbe dovuto “rinviare la causa ad altra udienza… e solo in caso di assenza, anche alla nuova udienza dell’appellante, dichiararne l’improcedibilità”.

In sostanza il ricorrente affronta la questione degli effetti della mancata comparizione, per la quale l’art. 348 c.p.c., prevede che, se l’appellante non compare alla prima udienza, il giudice deve rinviare ad una prossima udienza e solo in questo secondo caso potrà dichiarare improcedibile il gravame.

Le argomentazioni a sostegno del primo e del secondo motivo, difettano del tutto di specificità non avendo parte ricorrente colto la ragione posta a fondamento della decisione. Infatti, il giudice a quo non ha dichiarato l’improcedibilità dell’appello per la mancata comparizione dell’appellante alla prima udienza, ma per l’assenza dell’originale dell’atto di appello.

Il Tribunale non ha fatto riferimento al disposto dell’art. 348 c.p.c., ma ha provveduto a norma dell’art. 165 c.p.c., richiamato dall’art. 347 c.p.c.. Il rilievo travolge anche il secondo motivo con cui il ricorrente sostiene che il difensore non ha potuto partecipare alla prima udienza perchè affetto da colica addominale e che, dunque, avrebbe avuto diritto al rinvio ai sensi del 348 c.p.c., comma 2.

Non avendo il ricorrente affrontato in alcun modo la questione decisiva (art. 165 c.p.c.) il ricorso è inammissibile per evidente assoluta mancanza di specificità.

Le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo seguono la soccombenza.

Il ricorso oggetto del presente giudizio è stato proposto avverso una sentenza depositata il 12 novembre 2013 e dunque dopo l’entrata in vigore della riforma processuale introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. Al presente giudizio è di conseguenza applicabile l’art. 385 c.p.c., comma 4, il quale – introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, ed applicabile ai giudizi di cassazione avverso sentenze pronunciate dopo la sua entrata in vigore, ai sensi del D.Lgs. citato art. 27 – consente la condanna del ricorrente che abbia agito con colpa grave al pagamento di una somma, equitativamente determinata, in favore della controparte.

L’art. 385 c.p.c., comma 4, infatti, è stato abrogato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46: tuttavia, per espressa previsione dell’art. 58, comma 1, di quest’ultima legge, le disposizioni ivi contenute che modificano il codice di procedura civile “si applicano ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore”, con la precisazione che per “giudizi instaurati dopo l’entrata in vigore” della L. n. 69 del 2009, debbono intendersi quelli iniziati in primo grado dopo il suddetto momento.

Ai fini della condanna ex art. 385 c.p.c., comma 4, ovvero ex art. 96 c.p.c., comma 3, l’infondatezza “in iure” delle tesi prospettate in sede di legittimità, in quanto contrastanti con la giurisprudenza consolidata, costituisce indizio di colpa grave così valutabile in coerenza con il progressivo rafforzamento del ruolo di nomofilachia della Suprema Corte.

L’ipotesi ricorrente nel caso di specie di proposizione di un ricorso fondato su doglianze inconferenti costituisce, per giurisprudenza di questa Corte, indice di colpa grave (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3376 del 22/02/2016 (Rv. 638887).

Il ricorrente va, pertanto, condannato al pagamento di una somma, equitativamente determinata, in favore della compagnia controricorrente.

Nel caso di specie, tale somma può identificarsi col dispendio di tempo ed energie necessariamente impiegati per i colloqui col difensore e l’approntamento della difesa.

Tale pregiudizio, considerati la durata del processo e l’oggetto di esso, può equitativamente liquidarsi ex art. 1226 c.c., in Euro 1500 oltre interessi legali.

Infine, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17: – quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1 – bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 1600, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso di spese forfettarie ed accessori di legge e al pagamento, in favore della controricorrente, di Euro 1500 ex art. 385 c.p.c., comma 4, oltre interessi nella misura legale decorrenti dal deposito della presente sentenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2017

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