Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31429 del 02/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 02/12/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 02/12/2019), n.31429

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23504-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001 in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

COMUNE di BUSTO ARSIZIO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, V. ANTONIO GRAMSCI 9, presso lo

studio dell’Avvocato ARCANGELO GUZZO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’Avvocato MARIA ANTONIETTA CARRA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 401/1/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 30/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

ANTONELLA DELL’ORFANO

Fatto

RILEVATO

CHE:

l’Agenzia delle Entrate propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 427/2016 della Commissione tributaria provinciale di Varese in accoglimento del ricorso proposto dal Comune di Busto Arsizio avverso diniego di rimborso IRPEF IRAP 2010 derivante dal passaggio in giudicato della sentenza della Corte di Appello di Milano, con cui erano state dichiarate non dovute parte delle somme versate a titolo di retribuzione in favore di suo dipendente, con conseguente richiesta all’Erario di rimborso ex art. 38 D.P.R. n. 602 del 1973, delle ritenute fiscali e previdenziali, oltre quelle incidenti sulla base imponibile IRAP, applicate sulle somme indebitamente corrisposte al proprio dipendente per il periodo 2000-2006;

il Comune resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, denunciando, in rubrica, “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38” perchè la CTR avrebbe erroneamente ritenuto che il dies a quo per la decadenza dal diritto al rimborso del tributo fosse il passaggio in giudicato della sentenza che aveva sancito la natura indebita del pagamento e che il sostituto d’imposta fosse legittimato a richiedere il rimborso del tributo indebitamente pagato dal sostituito;

1.2. va premesso che, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare all’Intendente di Finanza, nella cui circoscrizione ha sede il concessionario presso il quale è stato eseguito il versamento, istanza di rimborso entro il termine di quarantotto (così sostituito dalla L. 13 maggio 1999, n. 133, art. 1, comma 5, il precedente termine di diciotto) mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione e inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento, e l’istanza di cui al comma 1 può essere presentata anche dal percipiente delle somme assoggettate a ritenuta entro il termine di quarantotto mesi (così sostituito il precedente termine di diciotto mesi dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 34, comma 6) dalla data in cui la ritenuta è stata operata (cfr. Cass. nn. 16105/2015, 14911/2007), con conseguente infondatezza del secondo profilo di censura dianzi illustrato;

1.3. atteso il chiaro tenore testuale della norma è irrevocabile in dubbio, come già affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 15646/2014), che l’istanza di rimborso vada proposta con istanza da rivolgere all’Amministrazione competente, a pena di decadenza, entro un termine decorrente dall’effettuazione della ritenuta, con conseguente irrilevanza, ai fini che ci occupano, della controversia instauratasi tra sostituto d’imposta e sostituito, avente ad oggetto la corretta determinazione dell’imponibile da assoggettare a ritenuta cui l’Erario sia rimasto, come nel caso in specie, estraneo;

1.4. ne consegue l’errore, fondante l’accoglimento del primo motivo di ricorso in parte qua, commesso dalla C.T.R. della Lombardia, nell’ancorare il dies a quo del termine di decorrenza, ex art. 38 cit., alla data del passaggio in giudicato della sentenza resa dalla Corte di Appello nel giudizio relativo alla restituzione di somme corrisposte a titolo di retribuzione, svoltosi tra il dipendente ed il sostituto di imposta (il Comune odierno controricorrente);

2. all’accoglimento del primo motivo di ricorso, nei limiti dianzi illustrati, consegue l’assorbimento del secondo motivo di ricorso con cui si lamenta violazione di norme di diritto (D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 3) con riferimento alla richiesta di rimborso IRAP da parte del Comune sostenendo, l’Agenzia, che le spese per lavoro dipendente non assumano rilievo ai fini della determinazione della base imponibile IRAP;

3. quanto sin qui illustrato comporta l’accoglimento del ricorso nei limiti dianzi illustrati, assorbito il secondo motivo, e la cassazione della sentenza impugnata;

4. non essendo poi necessari ulteriori accertamenti di fatto (è pacifica, rispetto a detto ultimo termine, la tardività dell’istanza di rimborso, presentata nel 2013 per imposte ritenute indebitamente pagate negli anni dal 2000 al 2006), la causa può essere decisa nel merito -ex art. 384 c.p.c., comma 2 – con il rigetto del ricorso introduttivo di primo grado;

5. in considerazione dell’evolversi della vicenda processuale, si ritiene opportuno dichiarare compensate tra le parti le spese di lite relative ai giudizi di merito, mentre le spese relative al presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso nei limiti indicati in motivazione, assorbito il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo di primo grado, compensando tra le parti le spese processuali dei gradi di merito; condanna la parte controricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sesta Sezione, il 12 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2019

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