Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31423 del 05/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 05/12/2018, (ud. 19/09/2018, dep. 05/12/2018), n.31423

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO A. M. – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Mar – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M. G. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 22121 del ruolo generale dell’anno

2012, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

Contro

G. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore

G.F., rappresentata e difesa, giusta procura speciale

a margine del controricorso, dall’avv.to Scanavino Giorgio e

dall’avv.to Panariti Benito, elettivamente domiciliato presso lo

studio del secondo difensore in Roma, Via Celimontana n. 38;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Piemonte n. 21/28/2012, depositata il 4 aprile 2012,

non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19 settembre 2018 dal Relatore Cons. Putaturo Donati Viscido di

Nocera Maria Giulia.

Fatto

RILEVATO

che

– con sentenza n. 21/28/2012, depositata il 4 aprile 2012, non notificata, la Commissione tributaria regionale del Piemonte rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, nei confronti della G. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, avverso la sentenza n. 78/04/2010 della Commissione tributaria provinciale di Cuneo che aveva accolto il ricorso proposto dalla società contribuente nei confronti dell’Agenzia avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio aveva contestato alla detta società, per l’anno 2005, un maggiore reddito d’impresa, ai fini Ires, Irap e Iva, in relazione, tra l’altro, all’indeducibilità di costi ritenuti “non adeguatamente documentati” per riparazioni di automezzi pari a Euro 131.543,96 e “non inerenti” per l’utilizzo di autovetture pari a Euro 42.502,45, poi ridimensionati dallo stesso Ufficio in Euro 15.333,63;

– la CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che, come già rilevato dal giudice di primo grado: 1) i costi relativi alla riparazione di automezzi erano effettivi, inerenti e adeguatamente documentati, in quanto la veridicità dei danni subiti dagli automezzi aziendali era emersa dagli indennizzi ricevuti dalle imprese assicurative e la F.lli G. s.p.a. era dotata di officina meccanica idonea ad eseguire lavori di riparazione e di manutenzione necessari per il ripristino su strada dei detti veicoli; 2) i costi relativi alle due autovetture (Mini Cooper e Audi A8) erano inerenti all’attività di impresa in quanto “funzionali al trasporto delle persone”, annoverando la contribuente, nell’anno di riferimento, un amministratore delegato, un responsabile amministrativo e altri diciotto dipendenti; 3) ai fini della detraibilità o meno dei detti costi, non rilevava che le autovetture in questione avessero caratteristiche di sportività e di lusso, ma che gli automezzi fossero nella disponibilità e/o possesso-proprietà della società contribuente;

– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste, con controricorso, la G. s.r.l.;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che

– con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata su un fatto controverso e decisivo, per avere la CTR ritenuto illegittima la ripresa a tassazione dei costi sostenuti dalla società contribuente relativi a riparazioni di automezzi, senza argomentare in ordine alla eccepita mancanza di certezza e di inerenza di questi ultimi, per non contenere le relative fatture emesse dalla controllata G. s.p.a. l’indicazione della “natura, quantità e qualità dei beni e servizi formanti oggetto dell’operazione” di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 2, lett. b), non essendo stato indicato il mezzo di trasporto oggetto di riparazione, il tipo di riparazione effettuata, il materiale impiegato e le ore di manodopera, tanto più che si trattava di prestazioni “intercompany” tra società collegate e sia la società controllante che la controllata svolgevano “attività di trasporto merci su strada” e non quella di riparazione e manutenzione di automezzi;

– il motivo è infondato;

– in tema di Iva, la Corte di giustizia (con sentenza 15 settembre 2016, causa C-516/14, Barlis 06 – Investimentos Imobiliàrios e Turísticos SA c. Autoridade Tribudria e Aduaneira), seguita dalla giurisprudenza interna (Cass. 10211 del 2018; n. 13882 del 2018, punti 4.4. e 4.5.; n. 23384 del 2017), nell’esaminare le condizioni formali di esercizio del diritto di detrazione dell’imposta, ha considerato che la normativa unionale prescrive l’obbligatorietà dell’indicazione dell’entità e della natura dei servizi forniti (art. 226, punto 6 della direttiva n. 2006/112, di contenuto analogo all’omologa norma della sesta direttiva), nonchè della specificazione della data (art. 226, punto 7) in cui è effettuata o ultimata la prestazione di servizi; ciò al fine di consentire alle amministrazioni finanziarie di controllare l’assolvimento dell’imposta dovuta e, se del caso, la sussistenza del diritto alla detrazione dell’Iva. Senz’altro, ha aggiunto la Corte, l’amministrazione finanziaria non si può limitare all’esame della sola fattura, ma deve tener conto anche delle informazioni complementari fornite dal soggetto passivo, come emerge, d’altronde, dalla Dir. n. 112 del 2006, art. 219, che assimila a una fattura tutti i documenti o messaggi che modificano e fanno riferimento in modo specifico e inequivocabile alla fattura iniziale. Incombe, tuttavia, su colui che chiede la detrazione dell’Iva l’onere di dimostrare di soddisfare le condizioni per fruirne e, per conseguenza, di fornire elementi e prove, anche integrativi e succedanei rispetto alle fatture, che l’Amministrazione ritenga necessari per valutare se si debba riconoscere, o no, la detrazione richiesta;

– con particolare riguardo alle società appartenenti allo stesso gruppo questa Corte ha già affermato che queste sono soggetti distinti, dotati di personalità giuridica e che, anche quando compiono operazioni imponibili l’una verso l’altra hanno l’obbligo di fatturare l’operazione (Cass. n. 7964 del 2007);

– quanto al dedotto vizio motivazionale, questo può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione (Cass. 30822 del 2017; Cass. n. 19547 del 2017; n. 15489 del 2007); in particolare, il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base” (Cass. n. 4610 del 2014; Cass. n. 12623 del 2012 che richiama Cass. n. 10156 del 2004; Cass. n. 9368 del 2006; Cass. 14752 del 2007);

– nella specie, il giudice a quo si è conformato ai suddetti principi, in quanto, a fronte della contestazione dell’Ufficio – di cui al p.v.c. e successivi gradi di merito – circa la genericità delle fatture emesse dalla controllata G. s.p.a. riportanti nella parte descrittiva la mera dizione “Acconto su manutenzione VS automezzi per l’anno 2005” e “Saldo manutenzioni automezzi”, con una motivazione concisa ma sufficiente, ha desunto – con una valutazione in fatto non sindacabile in sede di legittimità – la effettività ed inerenza dei detti costi dalla ricezione dalle imprese assicurative degli indennizzi per i danni subiti dagli automezzi, con ciò ritenendo correttamente assolto l’onere, a carico del contribuente, di fornire altri elementi, anche integrativi e succedanei rispetto alle fatture, atti a supplirne la genericità; peraltro, la CTR ha, altresì, aggiunto ad abundantiam la circostanza della dotazione da parte della F.lli G. s.p.a. di una officina meccanica idonea ad eseguire lavori di manutenzione per il ripristino su strada dei detti automezzi;

– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata su un punto decisivo e controverso, per avere la CTR ritenuto illegittima la ripresa a tassazione dei costi sostenuti dalla società contribuente relativi alle autovetture, una sportiva (Mini Cooper) e l’altra di lusso (Audi A8), senza argomentare in modo esauriente – a fronte della contestazione dell’Ufficio in ordine alla mancata concessione delle stesse in uso ai dipendenti e alla mancanza di alcuna scheda carburante dalla quale potesse evincersi l’utilizzo aziendale, anche parziale, di queste – in ordine all’inerenza delle spese in questione all’attività di impresa;

– il motivo è fondato;

-in tema di inerenza questa Corte ha di recente affermato i seguenti principi di diritto: ” il principio di inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa ed esprime una correlazione tra costi ed attività d’impresa in concreto esercitata, traducendosi in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde, in sè, da valutazioni di tipo utilitaristico o quantitativo”; “la prova dell’inerenza di un costo quale atto d’impresa, ossia dell’esistenza e natura della spesa, dei relativi fatti giustificativi e della sua concreta destinazione alla produzione quali fatti costitutivi su cui va articolato il giudizio di inerenza, incombe sul contribuente in quanto tenuto a provare l’imponibile maturato”;”in tema di imposte dirette, l’Amministrazione finanziaria, nel negare l’inerenza di un costo per mancanza, insufficienza od inadeguatezza degli elementi dedotti dal contribuente ovvero a fronte di circostanze di fatto tali da inficiarne la validità o la rilevanza, può contestare l’incongruità e l’antieconomicità della spesa, che assumono rilievo, sul piano probatorio, come indici sintomatici della carenza di inerenza pur non identificandosi in essa; in tal caso è onere del contribuente dimostrare la regolarità delle operazioni in relazione allo svolgimento dell’attività d’impresa e alle scelte imprenditoriali “; “in tema di Iva, l’inerenza del costo non può essere esclusa in base ad un giudizio di congruità della spesa, salvo che l’Amministrazione finanziaria ne dimostri la macroscopica antieconomicità ed essa rilevi quale indizio dell’assenza di connessione tra costo ed l’attività d’impresa” (Cass. 17 luglio 2018, n. 18904);

– nella specie, la CTR non ha fatto buon governo dei suddetti principi, in quanto, con una motivazione insufficiente e affetta da vizi logici-giuridici – a fronte di una specifica contestazione dell’Ufficio, mossa nel p.v.c. e riproposta nei gradi di merito, circa il mancato utilizzo delle dette autovetture, nell’anno di riferimento, per le trasferte aziendali, e ciò avuto riguardo all’associazione ad ognuno degli impiegati nell’attività esterna del mezzo utilizzato nelle trasferte in base al materiale contabile ed extra-contabile (schede carburante, contravvenzioni, richieste rimborsi spese etc.) e al documento relativo alla “Descrizione trasferte” acquisiti in sede di verifica fiscale – ha desunto l’inerenza dei detti costi, oltre che dalla disponibilità delle autovetture da parte della società contribuente, dalla generica destinazione funzionale delle stesse al “trasporto delle persone” (annoverando la società contribuente, nell’anno 2005, un amministratore delegato, un responsabile amministrativo e altri diciotto dipendenti), senza argomentare alcunchè in ordine alla concreta destinazione di queste ultime in relazione allo svolgimento dell’attività d’impresa; infatti, il vizio di insufficienza della motivazione sussiste, qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga che sono stati del tutto tralasciati elementi che avrebbero potuto condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza del procedimento logico posto alla base della decisione (Cass. n. 27480 del 2014);

– in conclusione, accoglie il secondo motivo del ricorso, rigetta il primo, con cassazione della sentenza impugnata- in relazione al motivo accolto- e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione, affinchè decida il merito della vicenda.

P.Q.M.

la Corte:

accoglie il secondo motivo del ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata – in relazione al motivo accolto, e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione;

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2018

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