Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3142 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3142 Anno 2014
Presidente: VALITUTTI ANTONIO
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 26828-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

2013
3770

BASSILICHI SPA;
– intimato –

Nonché da:
BASSILICHI

SPA

in

persona

dell’Amministratore

Delegato pro tempore, elettivamente domiciliato in

Data pubblicazione: 12/02/2014

ROMA VIA COLA DI RIENZO 180, presso lo studio
dell’avvocato FIORILLI PAOLO, rappresentato e difeso
dagli avvocati PISTOLESI FRANCESCO, MICCINESI MARCO
giusta delega a margine;
– controricorrente e ricorrente incidentale –

AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimato –

avverso la sentenza n. 96/2009 della COMM.TRIB.REG.
di FIRENZE, depositata il 22/09/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/04/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;
udito per il ricorrente l’Avvocato CAMASSA che si
riporta alla memoria;
uditi per il controricorrente gli Avvocati MICCINESI
e PISTOLESI che hanno chiesto l’inammissibilità;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
il rinvio in attesa decisione Sezioni Unite in
subordine rigetto del ricorso principale assorbito
ricorso incidentale condizionato.

contro

Svolgimento del processo

A seguito di verifica generale svolta nei confronti di Bassilichi s.p.a. veniva redatto il
PVC notificato il 20.12.2005 con il quale si contestava alla società la emissione e

concessione di licenze per l’accesso a banche dati informatiche relative ad opere d’artenell’ambito di un complesso sistema frodatorio riconducibile allo schema delle frodi
carosello che vedeva coinvolte numerose società.
L’ avviso di rettifica notificato il 27.12.2005, avente ad oggetto il recupero della
indebita detrazione IVA relativa all’anno 2000, veniva opposto dalla società che
risultava vittoriosa in entrambi i gradi di giudizio.
Con sentenza m 22.9.2009 n. 96 la Commissione tributaria della regione Toscana:
a) rilevava che la Amministrazione non aveva osservato il termine dilatorio di gg. 60
per la emissione dell’atto impositivo, previsto dall’art. 12 comma 7 legge n.
212/2000 a tutela del diritto di difesa del contribuente, termine da ritenersi
perentorio che, in difetto di alcuna valida motivazione sulle ragioni di urgenza,
determinava la nullità dell’avviso di accertamento
b) riteneva comunque sfornito di prova l’assunto dell’Ufficio finanziario non
essendo stato dimostrato che la società aveva partecipato alla organizzazione
criminosa, ovvero era a conoscenza o avrebbe dovuto conoscere che le operazioni
dalla stessa poste in essere o che le altre operazioni a monte ed valle realizzate
nella catena di cessioni erano inserite in un meccanismo volto ad evadere la
imposta, mentre, per contro, la contribuente aveva dimostrato di aver
effettivamente ceduto le licenze alle società svizzere acquirenti, a condizioni
contrattuali ed economiche in linea con quelle praticate nel settore, e non
presentava anomalie nella propria situazione economica-finanziaria.

1
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

Con est
vieri
Stefano

l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti -aventi ad oggetto il trasferimento o la

Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione la Agenzia delle
Entrate deducendo quattro mezzi.

Ha resistito la società con controricorso e ricorso incidentale condizionato affidato a
due mezzi.

Le parti hanno depositato memorie illustrative

Motivi della decisione

1. I primi tre motivi con i quali la Agenzia fiscale censura la sentenza di appello in
ordine alla statuizione che ha dichiarato la nullità dell’avviso di accertamento per
violazione del termine dilatorio di giorni 60 dalla consegna al contribuente del processo
verbale di chiusura delle operazioni stabilito dall’art. 12 comma 7 della legge n.
212/2000 per la notifica dell’avviso di accertamento, debbono essere esaminati
congiuntamente per ragioni di oggettiva connessione.

2. La sentenza di appello dopo aver individuato il fondamento della norma tributaria
nell’attuazione del principio di cooperazione e dopo aver ravvisato la “ratio legis” della
stessa nel consentire al contribuente di comunicare, all’esito della verifica, osservazioni
e richieste onde fornire all’Ufficio finanziario ulteriori informazioni e chiarimenti ai fini
della corretta ponderazione della fondatezza e correttezza dei rilievi da effettuare
nell’atto positivo, ovvero ai fini di sollecitare una composizione stragiudiziale della
vertenza, “con l’obiettivo di un complessivo risparmio di tempo e risorse per gli uffici e
per il contribuente”, ha riconosciuto natura perentoria al termine ivi indicato in
considerazione della espressa derogabilità dello stesso esclusivamente in caso di
“particolare e motivata urgenza”. Tanto premesso i Giudici di appello hanno ritenuto
di non poter ravvisare il presupposto derogatorio del termine dilatorio nella imminente
scadenza del termine di decadenza stabilito dall’art. 57 comma 1 Dpr n. 633/72 per la
2
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

Con
t.
Stefano iIivieri

_

notifica dell’avviso di accertamento (è incontestato e risulta dalla sentenza e dagli delle parti
che: le operazioni di verifica generale sono iniziate in data 1.6.2005 con riferimento all’anno
d’imposta 2003 e successivamente sono state estese anche agli anni 2000-2002 e 2004; le
operazioni sono state chiuse in data 20.12.2005 con la notifica del PVC alla società contribuente;
l’avviso di rettifica della dichiarazione annuale IVA relativa all’anno 2000 è stato notificato il
successivo 27.12.2005; il termine di decadenza -“entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a

vigente ratione temporis-, veniva a scadere il 31 dicembre 2005 e dunque in data anteriore al
decorso del termine dilatorio dei 60 giorni), circostanza allegata dall’Ufficio finanziario fin

dal primo grado di giudizio, affermando che non potevano ricadere sul contribuente le
conseguenze della inerzia della Pubblica Amministrazione che , pur avendo a
disposizione diversi anni, aveva effettuato la verifica in prossimità della scadenza del
termine di decadenza per l’esercizio della potestà impositiva, tanto più che la eventualità
in questione era stata oggetto di specifica considerazione nella circolare n. 250400 del
17.8.2000 nella quale si raccomandava ai direttori che avevano disposto la verifica a
concludere le operazioni in anticipo di quattro mesi sulla scadenza dei termini legali.

3. La Agenzia fiscale impugna tale statuizione per vizio di “error in judicando”
ritenendo errata la interpretazione della norma tributaria resa dalla CTR e deducendo:
che la sanzione di nullità dell’avviso di accertamento per inosservanza del termine
di cui all’art. 12 comma 7 legge n. 212/2000 non era espressamente prevista da
alcuna norma, diversamente dalla analoga ipotesi disciplinata dal’art. 16 del Dlgs
n. 472/1997 nell’ambito del procedimento di irrogazione delle sanzioni pecuniarie
per violazioni tributarie, mentre relativamente all’avviso di accertamento o di
rettifica in materia IVA, l’unica nullità comminata dalla legge era quella
introdotta dal Dlgs 26.1.2001 n. 32 -che aveva aggiunto il quinto comma all’art.
56 del Dpr n. 633/72- concernente l’obbligo di motivazione dell’atto impositivo
limitatamente peraltro alla sola indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni
giuridiche che avevano determinato la pretesa. Aggiunge la Agenzia ricorrente
che la interpretazione della CTR non tiene conto che nell’ordinamento tributario
3
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

Co
Stefano wieri

quello in cui è stata presentata la dichiarazione”-, previsto dall’art. 57co1 Dpr n. 633/72 -nel testo

si rinvengono numerose ipotesi in cui gli accertamenti vengono svolti senza
previsione dell’obbligo di anticipazione alla fase amministrativa il contraddittorio
con il contribuente (accertamenti parziali notificati sulla base di informazioni e
segnalazioni di evasione d’imposta provenienti da verifiche condotte nei confronti di
soggetti terzi) e che in ogni caso la violazione del termine dilatorio in questione non

rientrerebbe tra le ipotesi di nullità dell’atto amministrativo previste dall’art. 21

– che non essendo classificabile la inosservanza del termine dilatorio come vizio di
nullità dell’atto (secondo il paradigma di cui all’art. 21 septies legge n. 241/1990),
si versa al più in un vizio di annullabilità per violazione di norma sul
procedimento, la cui rilevanza, giusta la previsione dell’art. 21 octies comma 2
della legge n. 241/1990, rimane subordinata in presenza di atti vincolati -qual è
l’accertamento tributario- alla verifica della lesione sostanziale dell’interesse che
il termine dilatorio intende tutelare e che nel caso di specie non sussisteva e non
era stata neppure allegata dalla società che si era limitata a lamentare
genericamente la negazione del “diritto di svolgere le proprie osservazioni e
deduzioni difensive” senza specificare in concreto quale effettivo pregiudizio
avesse subito dalla mancata osservanza del termine
– che la valutazione di merito sulla insussistenza del presupposto della urgenza quale condizione giustificativa della inosservanza del termine espressamente
prevista dalla norma- compiuta dalla CTR non corrispondeva ed anzi eludeva
l’esigenza primaria dell’ordinamento tributario che imponeva alla
Amministrazione finanziaria di attuare attraverso l’azione impositiva il principio
di capacità contributiva, rendendo indisponibili le pretese fiscali, con la
conseguenza che l’imminente scadenza del termine di decadenza per l’esercizio
della potestà di accertamento doveva qualificarsi come particolare ragione di
urgenza “in re ipsa” che non necessitava di ulteriori motivazioni (come nelle
4
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

Co
Stefano wieri

septies della legge n. 241/1990

ipotesi di adozione di misure cautelari, pericoli di perdita del credito erariale,
potenziale pericolosità fiscale del contribuente).

4. La eccezione di inammissibilità dei primi tre motivi di ricorso in quanto inconferenti
rispetto alla “ratio decidendi” sottesa alla pronuncia di appello, individuata dalla società
resistente nel difetto di formale espressa motivazione nell’atto impositivo del

dei motivi del ricorso principale.

5. I motivi debbono ritenersi infondati.

6. L’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti
del contribuente), rubricato Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche

fiscali, dispone, al comma 7, che: “Nel rispetto del principio di cooperazione tra
amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di
chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può
comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici
impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del
predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza. Per gli accertamenti e le
verifiche aventi ad oggetto i diritti doganali di cui all’articolo 34 del testo unico delle
disposizioni legislative in materia doganale approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, si applicano le disposizioni dell’articolo 11 del
decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374” (l’ultimo periodo è stato introdotto dall’art. 92
del DL 24 gennaio 2012 n. 1, convertito in legge n. 27 del 2012).

Il contrasto emerso dalle pronunce della quinta sezione di questa Corte in ordine
all’effetto invalidante sull’avviso di accertamento o di rettifica prodotto dalla
inosservanza della prescrizione legislativa (all’indirizzo giurisprudenziale che escludeva tale
invalidità, in assenza di specifica norma comminatoria della sanzione di nullità dell’atto impositivo
emesso “ante tempus” si contrapponeva l’orientamento giurisprudenziale che, in difetto di specifica
5
RG n. 26828/2010
tic. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

Stef

s. est.
Olivieri

presupposto della urgenza, va respinta per le ragioni di seguito esposte nella trattazione

indicazione nell’atto delle ragioni di urgenza che non consentivano il rispetto del termine dilatorio,
derivava tale nullità dalle norme tributarie -art. 7 legge n. 212/2000 come attuato in relazione alle
singole leggi d’imposta dal Dlgs n. 32 del 2001- che imponevano a pena di nullità l’obbligo di
motivazione degli atti impositivi e più in generale dal combinato disposto dagli artt. 3 e 21 septies
della legge n. 241/1990) ha trovato risoluzione nella recente sentenza resa a SS.UU. in

data 29.7.2013 n. 18184 che ha puntualizzato come la norma tributaria in questione

considerati diretta applicazione dei principi costituzionali di buon andamento e
imparzialità dell’Amministrazione , di capacità contributiva e di ragionevolezza (artt. 97,
53 e 3 Cost.), derivando “ineludibilmente dal sistema ordinamentale comunitario e
nazionale” la sanzione di invalidità -pur non espressamente prevista dalla norma- dell’atto
tributario, in quanto emanato in difformità dal modello legale ed inficiato da vizio di
legittimità “di particolare gravità, in considerazione della funzione, di diretta
derivazione da principi costituzionali, cui la norma stessa assolve”, funzione che deve
essere individuata nella duplice esigenza di garanzia del contribuente (il quale deve
essere posto in grado di partecipare al procedimento, formulando le proprie osservazioni
e gli opportuni chiarimenti) e di efficienza dell’azione amministrativa (evitando alla PA
di formulare, inutilmente, rilievi e pretese che attraverso la mera collaborazione del
contribuente potrebbero risultare del tutto infondati).
Le SS.UU. hanno peraltro chiarito che il vizio di legittimità in questione sottende
non una mera difformità dallo schema formale del procedimento, ma un vizio di natura
sostanziale che rimane integrato, non in conseguenza della omessa “formale
indicazione” nel provvedimento delle ragioni di urgenza che non consentono il rispetto
del termine, ma a causa della “effettiva inesistenza” di tali ragioni derogatorie,
considerate quindi come presupposto di fatto esterno al provvedimento impositivo (e
dunque estraneo agli elementi essenziali al perfezionamento dell’atto e specificamente
alla motivazione che deve fondare la pretesa fiscale), dovendo pertanto essere risolte le
eventuali contestazioni in ordine alla sussistenza del presupposto della “particolare
urgenza” sul piano dell’accertamento giudiziale, essendo in tal caso onerata la PA -che
6
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

Stef” wieri

costituisca concreta attuazione dei principi di collaborazione e buona fede che vanno

non abbia già indicato nell’atto dette ragioni-, a fronte dello specifico motivo di ricorso
del contribuente, della allegazione e dimostrazione della effettiva esistenza, al tempo
della notifica dell’avviso di accertamento o rettifica, di specifici motivi di urgenza, in
difetto della quale l’atto impositivo deve essere annullato in quanto affetto dal vizio di
legittimità denunciato.

degli specifici riferimenti tratti dalla giurisprudenza comunitaria secondo cui “il rispetto
dei diritti di difesa costituisce un principio generale del diritto comunitario che trova
applicazione ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di
un soggetto un atto ad esso lesivo” (cfr. Corte giustizia 18.12.2008, causa C-349/07,
Sopropè; id. 22.10.2013, causa C- 276/12, Sabou), ne segue che “i destinatari di decisioni

che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di
manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali
l’amministrazione intende fondare la propria decisione” (cfr. Corte di giustizia
24.10.1996, causa C-32/95 P, Lisrestal; id. 21.9.2000, causa C-462/98 P, Mediocurso; id.
12.12.2002, causa C-395/00, Cipriani; id. Sopropè, cit.; id. Sabou, cit.).

Opportunamente il

Giudice di Lussemburgo ha precisato che ” Tale obbligo incombe sulle amministrazioni
degli Stati membri ogniqualvolta esse adottano decisioni che rientrano nella sfera
d’applicazione del diritto comunitario, quand ‘anche la normativa comunitaria
applicabile non preveda espressamente siffatta formalità. Trattandosi dell’attuazione del
principio in parola e, più in particolare, dei termini per esercitare i diritti della difesa, si
deve precisare che, qualora non siano fissati dal diritto comunitario, come nella causa
principale, essi rientrano nella sfera del diritto nazionale purché, da un lato, siano dello
stesso genere di quelli di cui beneficiano i singoli o le imprese in situazioni di diritto
nazionale comparabili, e, dall ‘altro, non rendano praticamente impossibile o
eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti della difesa conferiti dall’ordinamento
giuridico comunitario” (cfr. Corte giustizia 18.12.2008, causa C-349/07, Sopropè, punto 38;
id. 10.9.2013, causa C-383/13, G. e R.; id. 22.10.2013 causa C-276/12, Sabou).
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RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

7. L’impostazione seguita nella sentenza della SS.UU. tiene espressamente conto

8. Se, pertanto, deve ritenersi infondata la censura mossa alla sentenza di appello
dalla parte ricorrente, formulata in relazione all’elemento testuale della mancanza di una
espressa sanzione legislativa della nullità dell’atto impositivo, in quanto la mancanza di
una specifica previsione di invalidità dell’atto tributario emesso “ante tempus” non
impedisce di pervenire in via interpretativa (utilizzando la categoria dogmatica delle nullità

plurimo delle fonti di produzione normativa-, in relazione alla indicata violazione, un vizio di

invalidità dell’atto impositivo per contrasto con “norma imperativa” (art. 12 co7 legge
n. 212/2000) volta a dare diretta attuazione ad un principio generale comunitario
inderogabile (nonchè ai principi costituzionali indicati negli artt. 3, 53 e 97 Cost.),
osserva il Collegio che del pari infondato è l’argomento di censura del primo motivo di
ricorso con il quale la Agenzia fiscale prospetta la contraddittorietà della sanzione di
invalidità per violazione del termine dilatorio in relazione al potere attribuito agli Uffici
finanziari di eseguire accertamenti “parziali” (art. 54co5 Dpr n. 633/72; art. 41 bis Dpr n.
600/73) ai quali non trova applicazione la norma tributaria in questione e che consentono

invece la notifica dell’avviso senza previa instaurazione del contraddittorio con il
contribuente.

9. Al riguardo appare opportuno eliminare immediatamente ogni equivoco in ordine
ad una generalizzata estensione del “contraddittorio cd. preventivo” a qualsiasi fase del
procedimento tributario. In proposito occorre richiamare gli argomenti esposti da
questa Corte nel precedente Sez. 5, Sentenza n. 14026 del 03/08/2012, che appare
opportuno trascrivere di seguito, e che hanno per specifico oggetto la partecipazione del
soggetto contribuente alla fase istruttoria in senso stretto del procedimento di
accertamento impositivo • ” l’assunto secondo cui dovrebbe ascriversi ai principi
generali dell’ordinamento giuridico l’anticipazione del contraddittorio già nella fase
preliminare di acquisizione dei dati ed informazioni da sottoporre a verifica ai fini
dell’eventuale attivazione del potere di accertamento tributario non sembra,
8
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

est.
Ste o livieri

virtuali) ad individuare nell’ordinamento giuridico tributario -quale risultante del sistema

infatti, poter prescindere dalla differente posizione che il privato viene ad assumere
rispetto alla PA nel processo giudiziario e nelle procedure di tipo giustiziale, da un lato,
e nel procedimento amministrativo, dall’altro, e dalla diversa esigenza cui il
contraddittorio assolve nel processo e nel procedimento amministrativo.
Occorre, infatti, distinguere il principio del contraddittorio inteso come espressione del
diritto di difesa nel processo -declinato nel duplice senso di contrapposizione argomentativa alle

dall’intervento del privato nel procedimento amministrativo, inteso invece come facoltà
di introduzione di ulteriori elementi in fatto e diritto a completamento della fattispecie
concreta sulla quale la è chiamata a provvedere in funzione dell’attuazione dell’interesse
pubblico, e dunque come “collaborazione” del privato -nella fase istruttoria- diretta
all’acquisizione di tutti gli elementi conoscitivi e valutativi indispensabili all’esercizio
della potestà autoritativa.
Il principio del contraddittorio -che trova la sua massima applicazione nel giudizio- postula
la equiordinazione delle parti contrapposte e la necessità di un soggetto terzo che
garantisca la “parità delle armi” fin dalla fase preliminare della introduzione dei fatti
rilevanti che costituiscono il caso controverso e, successivamente, anche nel corso della
acquisizione e formazione delle prove di tali fatti.
L’intervento del privato nel procedimento amministrativo, invece, si realizza
nell’ambito dell’esercizio di poteri autoritativi, e si inserisce pertanto in un rapporto che
non è paritetico ma di supremazia/soggezione, venendo a costituire pertanto uno dei vari
segmenti di cui si compone la sequenza di atti che dalla fase della iniziativa (di ufficio o a
istanza del privato) perviene, attraverso le diverse fasi del procedimento -istruttoria,

costitutiva della decisione e quindi integrativa della efficacia- alla emanazione del
provvedimento in quanto espressione della potestà autoritativa della PA.
Se dunque nel primo caso il contraddittorio è essenziale alla struttura del processo (il
privato e la PA sono parti essenziali, collocate sullo stesso piano, del rapporto processuale), nel

secondo costituisce una mera eventualità, in quanto la partecipazione del privato alla
formazione del provvedimento amministrativo (tanto se trattasi di soggetto destinatario
9
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

tesi sostenute dal parte avversa e di deduzione e partecipazione alla formazione della prova-,

dell’atto, quanto se trattasi di soggetto che dall’atto potrebbe subire comunque un pregiudizio)

dipende esclusivamente dalla rilevanza riconosciuta a tale intervento dalle singole norme
di legge che prevedono e disciplinano lo specifico procedimento amministrativo (cfr. art.
7col legge 7.8.1990 n. 241 secondo cui è la legge che determina quali soggetti

“debbono”

intervenire nel procedimento).

La portata generale della norma di cui all’art. 9 della legge n. 241/1990 intitolata

soggetto “cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento”- non consente tuttavia
di pervenire ad una soluzione unitaria per qualsiasi procedimento amministrativo,
categoria nella quale deve ricondursi anche il procedimento di accertamento impositivo:
indipendentemente dalla considerazione della non integrale assimilabilità del predetto
tipo di intervento del privato al pieno esercizio del diritto al contraddittorio (tenuto conto
dei limitati “diritti” concessi dall’art. 10 della medesima legge n. 241/1990 al destinatario dell’atto
ed agli interventori necessari o facoltativi) deve, infatti, rilevarsi come il procedimento

impositivo, in relazione all’aspetto in considerazione, rimane sottratto alla disciplina
generale del procedimento amministrativo dettata dalla legge 7.8.1990 n. 241 e succ.
mod.: la espressa deroga disposta per i procedimenti tributari dall’art. 13 comma 2 della
legge n. 241/1990 (che esclude la applicazione alla materia tributaria in particolare delle norme
dall’art. 7 all’art. 10- della medesima legge n. 241/1990, concernenti la comunicazione di avvio del
procedimento, l’intervento nel procedimento ed i diritti dei partecipanti al procedimento), impone

quindi di verificare quale ambito sia riservato dalle norme tributarie alla attuazione del
“principio del contraddittorio” (e dell’intervento collaborativo del contribuente) nel
procedimento impositivo.
In proposito le norme tributarie distinguono in modo netto il procedimento di
accertamento in senso stretto (che comporta accessi, ispezioni e verifiche fiscali “nei
locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o
professionali” ed i cui risultati sono compendiati in un processo verbale delle operazioni
compiute) dalla attività che si esaurisce, invece, nel mero controllo della
documentazione pervenuta agli uffici finanziari, essendo solo nel primo caso previste
10
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

Cons. est.
Stef
livieri

“Intervento nel procedimento” -che disciplina l’intervento “facoltativo” di qualunque

specifiche garanzie di difesa del contribuente (diritto ad essere informato delle ragioni della
verifica; facoltà di farsi assistere da professionista abilitato alla difesa avanti i Giudici tributari;
formulazione di osservazioni e rilievi in corso di verifica; comunicazione di osservazioni e richieste
successivamente al rilascio del verbale di chiusura delle operazioni)

che possono essere

esercitate nel corso della fase istruttoria del procedimento amministrativo, giustificate
dalla complessità delle indagini e dal carattere particolarmente pervasivo dei poteri di

economica del contribuente (art. 12 legge 27.7.2000 n. 212; artt. 32co1 n. 1) e 33 Dpr
600/73; artt. 51co2 n. 1) e 52 Dpr n. 633/72).

Tale esigenza non si pone invece in relazione alla attività di controllo dei dati acquisiti
attraverso “inviti e richieste” di trasmissione agli uffici finanziari di dati, documenti ed
informazioni, ai sensi degli artt. 32co l nn. 3-8 ter) Dpr n. 600/73 e 51co2 nn. 3-7 bis)
Dpr n. 633/72, in ordine alla quale il Legislatore ha ritenuto prevalenti le esigenze di
funzionalità degli uffici ed efficienza della azione amministrativa rispetto alla
“anticipata” partecipazione del privato già nella fase istruttoria della ricerca,
individuazione ed acquisizione di dati ed informazioni che dovranno essere poi
sottoposti a controllo ai fini dell’esercizio -peraltro solo eventuale- della potestà di
accertamento (nell’ambito di questo tipo di procedimenti, costituisce unica eccezione la ipotesi in
cui la PA si determini a disporre la comparizione personale, od a mezzo di rappresentante, del
contribuente -art. 32co1 n. 2, Dpr n. 600/73; art. 51co2 n. 2, Dpr n. 633/72- per esibire documenti
in suo possesso, fornire chiarimenti e giustificazioni anche a contestazione dei dati richiesti ovvero
acquisiti dall’Ufficio mediante accesso diretto presso banche, società di intermediazione finanziaria,
assicurative, Poste italiane s.p.a.: in questi casi, infatti, è prevista una forma di partecipazione del
privato contribuente alla attività di ricerca e controllo, che si risolve in un contraddittorio anticipato
rispetto all’inizio dello stesso procedimento di accertamento ed alla eventuale emissione dell’atto
impositivo).

La differente soluzione adottata in relazione alla partecipazione dl contribuente
all’attività procedimentale dell’Ufficio impositore non appare sindacabile sotto il profilo
della irragionevolezza atteso che, come rilevato dalla giurisprudenza costituzionale (con
riferimento al processo), è rimessa al Legislatore la scelta delle modalità attraverso le
lI
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

Stefan

st.
livieri

indagine che vengono di fatto ad interferire con lo stesso svolgimento dell’attività

quali dare attuazione al principio del contraddittorio -che costituisce espressione del più
ampio diritto difesa- purchè ne sia assicurata la effettività (cfr. Corte cost. sent. 16.12.1970 n.
190), con la conseguenza che rientra nella discrezionalità della legge prevedere

(privilegiando ad esempio esigenze di speditezza dell’azione amministrativa)

che il

contraddittorio intervenga soltanto nella fase successiva a quella propriamente
istruttoria, o venga differito alla fase contenziosa (cfr. Corte cost. sent. 6.7.1972 n. 125 monitori-; Corte cost. ord. 10.4.2003 n. 119 dichiarativa della manifesta infondatezza della
questione di legittimità costituzionale dell’art. 33 del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600 e dell’art. 63 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.
633 sollevata, in riferimento all’art. 24 della Costituzione in quanto tali norme “prevedendo soltanto
che l’amministrazione finanziaria possa ricevere “documenti, dati o notizie” acquisiti nel corso di
indagini penali, per porli a base della propria attività di accertamento, non limitano la possibilità
per il contribuente di contestare i risultati di quegli atti di indagine dinanzi al giudice tributario”).

Nella specie alcuna norma prevede la previa comunicazione al contribuente dello
svolgimento delle attività di acquisizione e controllo dei dati inerenti conti, rapporti ed
operazioni bancarie, delle quali peraltro lo stesso contribuente ha tempestiva notizia
dalla stessa banca con la quale intrattiene rapporti (giusta il disposto dell’art. 32co 1 n. 7)
ultima parte Dpr n. 600/73 che prevede che la richiesta di informazioni, dati e documenti sia
trasmessa dall’Ufficio finanziario alla banca che ne dà prontamente avviso al proprio cliente),

mentre alcuna restrizione è imposta alla effettività del contraddittorio nella fase
successiva (proposta di accertamento con adesione), ovvero, successivamente alla
emissione del provvedimento impositivo (attivazione delle misure di autotutela;
competente sede giudiziaria).
Con esclusione, pertanto, del procedimento tributario che segue ad “accessi, ispezioni

e verifiche presso i locali” in cui il contribuente svolge la propria attività economica, cui
si riferisce la disposizione dell’art. 12co7 legge n. 212/2000 , l’intervento del
contribuente nel procedimento amministrativo tributario risulta espressamente previsto
solo in alcune ipotesi particolari (nel caso, sopra indicato, di “invito del contribuente a
comparire personalmente” per fornire le giustificazioni ed i chiarimenti —art. 32co1 n. 2 Dpr n.
12
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

C
Stef

est.
livieri

sulla legittimità costituzionale del differimento del contraddittorio con riferimento ai procedimenti

600/73; art. 51co2 n. 2, Dpr n. 633/72-; nella ipotesi in cui l’Ufficio finanziario intende procedere

al recupero di imposta contestando “lo scopo elusivo” della operazione compiuta dal contribuente art. 37 bis comma 4 Dpr n. 600/73-; o ancora quando l’Ufficio procede “con metodo sintetico”

alla determinazione dell’imponibile -art. 38co7 Dpr n. 600/73-; o nel caso in cui ricorrano i
presupposti per la “determinazione induttiva del reddito derivante dall’esercizio di attività
commerciali o di arti e professioni”

sulla base del solo contributo diretto lavorativo -art. 62 ter

reddito mediante applicazione degli “studi di settore” -artt. 62 bis e 62 sexies del DL n. 331/93,
come interpretati da Corte cass. SU 18.12.2009 n. 26635) che rispondono a peculiari esigenze

dettate dalla complessità della verifica fiscale o dalla esigenza di ridurre il rischio di
errori derivanti dal rilevante margine di incertezza dei dati disponibili per eseguire
l’accertamento, o ancora dalla necessità -intrinseca al parametro di riferimento adottato- di
verificare le ragioni dello scostamento reddituale indipendenza di eventi o condizioni
non emergenti dalla documentazione acquisita, ed evidenziano la infondatezza della tesi
del ricorrente secondo cui la anticipazione del “contraddittorio” già nella fase della
ricerca, individuazione ed acquisizione dei dati, informazioni e documenti, costituirebbe
un principio generalizzato nell’ordinamento, immanente a tutti i procedimenti svolti in
ambito tributario.
Non depongono in contrario i richiami operati

alla giurisprudenza comunitaria

ed al precedente di questa Corte n. 14105/2010. Se infatti nella giurisprudenza
comunitaria è indiscussa l’affermazione della tutela ed effettività delle garanzie di difesa
-alle quali va ricondotto anche il principio del contraddittorio-, in quanto i diritti fondamentali

desunti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e dalle indicazioni dei
trattati internazionali cui gli Stati membri hanno aderito costituiscono “parte integrante
dei principi giuridici generali dei quali la Corte garantisce la osservanza”(Corte
Giustizia UE II sez. 18.12.2009 in causa C-349/07, paragr. 3), occorre considerare che, in

tema di tributi armonizzati, la regola per cui i soggetti destinatari di decisioni che
incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di
manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali la
amministrazione intende fondare la sua decisione, esige che al contribuente sia assegnato
13
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

C
Steflino

t.
vieri

comma 2, DL n. 331/93 conv. in legge n. 427/1993-, e più in generale per la determinazione del

un termine ragionevole per presentare le proprie osservazioni in modo da consentire alla
PA di adottare la propria decisione tenendo conto anche degli elementi offerti dal
contribuente.
Nella specie il procedimento di adesione svolto nel pieno contraddittorio del
contribuente ex artt. 5 e 6 legge n. 218/1997 realizza un efficace strumento di garanzia
della effettività del diritto di difesa, essendo a tal fine del tutto indifferente se tale

dell’avviso di accertamento (art. 6), tenuto conto che in quest’ultimo caso sia il termine
per la impugnazione in sede giurisdizionale dell’atto impositivo, sia i termini per
eseguire il pagamento della imposta, sia la stessa iscrizione a ruolo delle somme
liquidate, sono “sospesi” per un periodo di giorno novanta proprio in funzione della
attuazione del contraddittorio con il contribuente che bene può fornire, pertanto, ulteriori
dati ed informazioni volti a rideterminare correttamente la pretesa tributaria ovvero a
sollecitare l’esercizio dei poteri di autotutela della PA -ove gli elementi forniti
dimostrino la infondatezza della pretesa- per la revoca o l’annullamento d’ufficio
dell’avviso di accertamento emesso

39

10. Le conclusioni cui è pervenuto il richiamato precedente di questa Corte, in linea
con la recente giurisprudenza comunitaria (cfr. Corte giustizia 22.10.2013, causa C-276/12,
Sabou che, affermando la propria competenza giurisdizionale in relazione ad una controversia

avente ad oggetto l’accertamento di imposte sui redditi —materia non armonizzata- in quanto veniva
in questione la interpretazione della direttiva 77/799/CEE del 19.12.1977 relativa alla reciproca
assistenza fra autorità degli Stati membri in materia di imposte dirette come modificata 2006/98/CE
del 20.11.2006, ha chiarito che occorre distinguere nel procedimento di controllo fiscale tra “fase di
indagine” e “fase contraddittoria”, traendo la conclusione, che “l’amministrazione, quando procede
alla raccolta d’informazioni, non è tenuta ad informarne il contribuente, nè a conoscere il suo
punto di vista” —punto 41-, con la conseguenza che “il rispetto dei diritti di difesa del contribuente
non esige la partecipazione di quest ‘ultimo alla richiesta di informazioni inoltrata dallo Stato
membro richiedente allo Stato membro richiesto. Esso non esige nemmeno che il contribuente sia
sentito nel momento in cui le ricerche, che possono includere l’audizione di testimoni, sono

14
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

Cons. est
Stef
ivieri

contraddittorio si sia svolto anteriormente (art. 5) o successivamente alla notifica

effettuate nello Stato membro richiesto, nè prima che quest ‘ultimo trasmetta informazioni allo Stato
membro richiedente”

punto 44-), consentono di risolvere la ipotizzata contraddittorietà

della disciplina normativa degli accertamenti “parziali” fondando la soluzione sul
duplice rilievo per cui, da un lato, le previsioni normative del diritto tributario nazionale,
in materie armonizzate (qual è l’IVA), che risultassero eventualmente in contrasto con
disposizioni comunitarie, imporrebbero comunque alla Amministrazione finanziaria,

assicurare la piena efficacia del diritto dell’Unione, riportando anche la disciplina degli
artt. 41 bis Dpr n. 600/73 e 54co5 Dpr n. 633/72 nell’alveo del principio comunitario del
contraddittorio; dall’altro rilevando che anche per il procedimento che si conclude con la
emissione dell’accertamento “parziale”, e che può essere caratterizzato anche da una
fase istruttoria minima in quanto esaurentesi nella segnalazione trasmessa all’Ufficio
accertatore ovvero nella rilevazione di “dati in possesso dell’anagrafe tributaria”, dai
quali risultino elementi che consentano di stabilire redditi o corrispettivi maggiori o non
dichiarati, ovvero deduzioni o detrazioni in tutto od in parte non spettanti, la legge
prevede che gli Uffici possano avvalersi delle procedure previste dal Dlgs 19.6.1997 n.
218, e la espressa indicazione, contenuta nell’art. 54co8 del Dpr n. 633/72, dell’obbligo
di annullamento ex officio da parte della Amministrazione finanziaria degli avvisi
parziali “se dalla documentazione prodotta dal contribuente risultino infondati in tutto
od in parte”, costituiscono specifici elementi evidenziatori della volontà del Legislatore
di dare attuazione al principio del contraddittorio ed al principio di efficienza dell’azione
amministrativa tributaria, dovendo risolversi in tal modo -attraverso una interpretazione
ed applicazione delle predette norme, conforme agli indicati principi- l’apparente
contraddizione prospettata dalla Agenzia ricorrente in ordine ai diversi tipi di
procedimento impositivo.

11. Infondata è anche la censura mossa dalla Agenzia fiscale sul presupposto della
inidoneità invalidante del vizio attinente al procedimento, per inosservanza del termine
ex art. 12co7 legge n. 212/2000, ove ad esso non corrisponda una effettiva lesione
15
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

Co est.
Stefarìo Mivieri

prima, ed al Giudice tributario, poi, di operare il necessario adeguamento volto ad

dell’interesse sostanziale -diritto di difesa- del contribuente, ritenendo applicabile alla
fattispecie, l’Agenzia ricorrente, la norma dell’art. 21 octies, comma 2, della legge n.
241 del 1990, aggiunto dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15, art. 14, che dispone: “Non è
annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla
forma degli atti qualora, per la natura vincolata de/provvedimento, sia palese che il suo
contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in
giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello
in concreto adottato”.

12. L’assunto difensivo dell’Agenzia delle Entrate non è condivisibile nelle premesse
e se accolto porterebbe inevitabilmente alla stessa negazione del contenuto precettivo
della norma che stabilisce il termine dilatorio.
Quanto al primo aspetto, la equivalenza “atto tributario-atto vincolato” istituita dalla
parte ricorrente si risolve in una formula generalizzante che riconduce nella categoria
degli atti vincolati tutti gli atti amministrativi che non sono espressione di potestà
discrezionale o di potere negoziale, senza tener conto che tanto sul piano dell’attività
privata della PA, quanto sul piano dell’attività amministrativa in senso stretto possono
darsi anche atti paritetici, atti di certazione, atti di accertamento che implicano esercizio
della cd. “discrezionalità tecnica”, e che, se possono essere vincolati nell’ “an”, non
necessariamente vengono emessi con contenuto dispositivo predeterminato ex lege, in
quanto : a) possono presentare margini di valutazione tecnica nella rilevazione ed
accertamento del fatto presupposto cui la legge ricollega la esigenza di provvedere; b)
condizionano in modo variabile il loro contenuto dispositivo in relazione alle diverse
caratteristiche e qualificazioni giuridiche del fatto presupposto come in concreto rilevato.

L’atto impositivo, se certamente non dà luogo ad esercizio di discrezionalità
amministrativa (volto a definire, nel caso concreto, l’interesse pubblico -cui è preordinata
16
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

C
Stef

est.
Olivieri

Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata

l’attribuzione del potere autoritativo- mediante ponderazione dello scopo eminentemente pubblico
previsto dalla legge con gli altri molteplici interessi coinvolti dall’azione amministrativa e facenti
capo a soggetti pubblici e privati), tuttavia non può ritenersi vincolato nel “quid” (tale cioè
che, se il potere viene esercitato, il contenuto dispositivo dell’atto è conoscibile ex ante, in quanto
già interamente predeterminato ex lege), salvo non banalizzare tale categoria dogmatica (i

cui esatti limiti sono controversi in dottrina) riducendo l’elemento di vincolatività

esercitare le proprie attribuzioni svolgendo i controlli, le verifiche, ispezioni accessi
necessari all’accertamento dei tributi, e quanto al “quid”, agli effetti giuridici degli
avvisi di accertamento e rettifica, quali strumenti idonei a costituire il credito erariale in
presenza del presupposto impositivo: la pretesa tributaria formalizzata nell’avviso di
accertamento o di rettifica, in quanto atto a contenuto “variabile” in relazione al diverso
fatto economico presupposto, non pare quindi rispondere alla fenomenologia dell’atto a
contenuto vincolato che “è configurabile allorché non soltanto la scelta dell’emanazione
o meno dell’atto, ma anche il suo contenuto siano rigidamente predisposti da una norma
o da altro provvedimento sovraordinato, sicché all’Amministrazione non residui alcuna
facoltà di scelta tra determinazioni diverse” (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 5445 del
5/4/2012. La figura dell’atto vincolato, in diritto tributario, ricorre negli atti conseguenziali,

meramente esecutivi, quali ad esempio la “cartella” e l’ “avviso di mora”: cfr. Corte cass. V sez.
21.3.2012 n. 4516).

Non ritiene il Collegio, pertanto, di condividere la asserita

qualificazione dell’atto impositivo quale atto amministrativo vincolato, conclusione alla
quale sembrano approdate anche le SS.UU. nella sentenza precedentemente richiamata
(cfr. punto 3.4 della motivazione) laddove hanno ritenuto di escludere una necessaria
corrispondenza (e dunque un vincolo di contenuto) tra l’attività di indagine compendiata
nel PVC e l’avviso di rettifica successivamente notificato.

13. Quanto poi alla asserita natura “meramente formale” del vizio che inficerebbe
l’atto impositivo, da ritenersi “irrilevante” ove priva di incidenza sul suo contenuto
dispositivo, vale osservare che tale qualificazione giuridica del vizio in questione è stata
rifiutata dalle SS.UU. n. 18184/2013 che, in contrario, hanno posto in evidenza la
17
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

Con s
Stefano wieri

dell’atto, quanto all’ “an”, al generale dovere dell’Amministrazione finanziaria di

particolare gravità della divergenza dal modello normativo procedimentale, attesa “la
forza impediente” -del mancato rispetto del termine dilatorio- alla realizzazione dei principi

comunitari e costituzionali del contraddittorio e della efficienza dell’azione
amministrativa, con conseguente violazione di interessi aventi “natura sostanziale”,
affermazione che trova eco nella precedente giurisprudenza di legittimità ed
amministrativa (anche precedente alla legge n. 15/2005) volta a distinguere all’interno della

(motivazione ex art. 3 legge n. 241/1990, inteso quale requisito formale essenziale -la cui
estensione varia secondo le diverse esigenze richieste dalla natura dell’atto: per gli atti cd. vincolati
tale obbligo è ritenuto assolto quando vengono indicati quei presupposti di fatto o di diritto, richiesti
dalla legge, la cui presenza o la cui mancanza giustificano l’adozione del provvedimento cfr.
Consiglio di Stato, sez. VI, 30 settembre 1994, n.1461; id., 14 ottobre 1999, n.1369; id., 17
luglio 2001, n.3965; id, 14 gennaio 2002, n.167; id., sez. IV, 12 febbraio 2002, n.3539; id. sez.
VI 9.9.2003 n. 5044) o della stessa esistenza del provvedimento (requisito della forma

scritta), da quelli che invece si traducono in una mera irregolarità

(e quindi in vizi

meramente marginali che non producono effetti invalidanti) in quanto non incidono sulla cura

dell’interesse pubblico, nè sulle situazioni giuridiche direttamente riferibili al
destinatario del provvedimento (difetti od omissioni attinenti al numero di protocollo od alla
sottoscrizione, alla indicazione delle generalità o della qualifica del funzionario pubblico che ha
emesso il provvedimento, od ancora alla forma di decreto del provvedimento, non rendono l’atto
difforme dal modello legale ove comunque dal contesto risulti certa la provenienza e l’autore
dell’atto: Corte cass. I sez. 24.9.1997 n. 9394; id. V sez. 5.8.2004 n. 15048; id. I sez. 22.11.2004
n. 21954; id. I sez. 31.5.2005 n. 11499; id. sez. lav. 10.6.2009 n. 13375; id. V sez. 23.2.2010 n.
4283; cfr. Cons. St. V sez. 15.12.1983 n. 745; id. IV sez. 16.2.1998 n. 300; cfr. TAR Lazio Roma, Sez. Il-quater, sentenza 21 ottobre 2010, n. 32942; cfr. Corte cost. 21.4.2000 ord. n. 117

che, in relazione alla omessa sottoscrizione autografa della cartella di pagamento, ha dichiarato
manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento all’art.
25 Dpr n. 602/73 per violazione degli artt. 3, 24, 25 e 97 Cost., rilevando che “costituisce infatti
diritto vivente

il principio secondo cui l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale

dell’atto amministrativo nei solo casi previsti dalla legge ed è regola sufficiente che dai dati
contenuti nel documento sia possibile individuare con certezza l’autorità da cui l’atto proviene”),

18
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

C ot\o
e.
Stefano ivieri

categoria dei vizi di forma e del procedimento, quelli costitutivi della validità

ed ancora da quelli che spiegano diretti riflessi sulle situazioni giuridiche del privato o
del destinatario dell’atto, in ordine alle quali il discrimine tra effetto invalidante od
irregolarità transita attraverso la possibilità o meno di recuperare a posteriori la funzione
cui è preordinata la prescrizione formale o procedimentale violata, sicchè se la mancata
indicazione nel provvedimento del termine e della autorità alla quale proporre reclamo
(prevista dall’art. 3co4 legge n. 241/1990) non determina l’annullabilità dell’atto, “per

provvedimento, ovvero consentendo la “rimessione in termine” del soggetto
interessato, che abbia proposto il ricorso oltre i termini di decadenza, ove lo stesso
alleghi l’errore scusabile, determinato dall’omissione compiuta dall’Amministrazione
pubblica (cfr. Corte cass. SU 18.5.2000 n. 362; id. V sez. 6.9.2006 n. 19189 -con riferimento al
provvedimento irrogativo di sanzione in materia doganale-; id. V sez. 27.9.2011 n. 19675; cfr.
Consiglio di Stato VI sez. 16.5.2006 n. 2763), a differente conclusione deve pervenirsi,

invece, nei casi in cui la situazione giuridica del destinatario del provvedimento risulti
irrimediabilmente compromessa, ipotesi che si verificano -per l’appunto- in seguito alla
inosservanza di quelle prescrizioni normative volte a garantire la partecipazione
endoprocedimentale del soggetto interessato dal provvedimento ovvero volte ad
anticipare lo svolgimento del diritto di difesa, venendo in questione interessi che non
possono evidentemente essere recuperati “ex post”, trovando limite e rimanendo
preclusa la loro soddisfazione, con la emanazione del provvedimento finale.
Ipotesi di tale tipo si rinvengono, oltre che nel procedimento tributario, anche nella
stessa legge generale sul procedimento amministrativo (art. 10 bis della legge n. 241/1990,
introdotto dall’art. 6 della legge n. 15/2005, che nei procedimenti ad istanza di parte, prescrive
l’obbligo all’autorità procedente “prima della formale adozione di un provvedimento negativo”

di

comunicare ai soggetti istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda, attribuendo a
quelli il diritto di presentare entro il termine di dieci giorni “per iscritto le loro osservazioni,
eventualmente corredate da documenti”) essendo pervenuta la giurisprudenza amministrativa

a conclusioni analoghe a quelle raggiunte nella richiamata sentenza delle SS.UU. n.
18184/20103 sulla rilevanza “sostanziale” della violazione della norma sul procedimento
che assegna un termine dilatorio per la emanazione del provvedimento, essendo stato
19
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

Co
st
Stefano ivieri

raggiungimento dello scopo”, qualora il destinatario abbia impugnato tempestivamente il

precisato che “la comunicazione del preavviso di rigetto di cui all’art. 10-bis L. 241/90
ha un ruolo fondamentale nello svolgimento delle funzioni ampliative o conformative
della posizione giuridica del privato, che non può essere svilito a mero onere formale e,
neppure, a quello di adempimento istruttorio. Esso, piuttosto, mira a dar luogo ad un
contraddittorio predecisorio, fondato sulla motivazione della decisione in nuce
dell’amministrazione, anticipando il meccanismo dialettico che ha luogo nel processo. A

orientamento, accogliendo in tutto o in parte le osservazioni dell’interessato” (cfr.
T.A.R. Puglia Bari -sez. II, sentenza n. 2125 del 28-05-2006 che opportunamente chiarisce come

la possibilità di invocare l’art. 21-octies al fine di degradare il vizio derivante dall’inosservanza
dell’art. 10-bis della legge n. 241/90 sussiste unicamente con riferimento alle funzioni vincolate ;
id. T.A.R. Piemonte Torino —sez. I, sentenza n. 2191 del 24-05-2006 ; id. T.A.R. Cagliari
(Sardegna) sez. II 27 novembre 2013 n. 758; id. T.A.R. Catania (Sicilia) sez. IV 8 novembre
2013 n. 2695; id. Consiglio di Stato sez. VI 31 ottobre 2013 n. 5265 -che ribadisce la diversa

rilevanza che assume la violazione del termine ex art. 10 bis legge n. 241/1990 in caso di
provvedimenti discrezionali o vincolati, in quest’ultimo caso soltanto trovando applicazione al
regola sulla emendabilità del vizio di cui all’art. 21 octies comma 2 legge n. 241/1990-; contra
TAR Campania Napoli — Sez. IV- sentenza n. 651/2006 che estende la “emendabilità” ex art. 21

octies indifferentemente a qualsiasi ipotesi di mancato “preavviso di rigetto”; cfr. T.A.R. Milano
(Lombardia) sez. II 18 settembre 2013 n. 2177

che qualifica espressamente il vizio come

“illegittimità sostanziale”).

14. Il secondo motivo del ricorso principale deve, pertanto, essere disatteso sotto il
duplice profilo della natura sostanziale degli interessi

(garanzia del contraddittorio ed

esercizio anticipato del diritto di difesa; esame preventivo del punto di vista del soggetto
interessato, al fine di evitare inutile od errato svolgimento di attività provvedimentale)

compromessi dalla violazione del termine dilatorio ex art. 12co7 legge n. 212/2000,
nonchè della esclusione dell’attività di accertamento impositivo dall’ambito applicativo
dell’art. 21 octies comma 2 della legge n. 241/1990, non essendo sussumibile l’atto
impositivo nella categoria degli atti amministrativi cd. “vincolati” e dunque non essendo
20
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

est.
Stefad. Olivieri

seguito di tale contraddittorio l’Amministrazione potrebbe anche mutare il proprio

consentita la emendabilità del vizio in questione attraverso la “prova di resistenza”
fondata sulla dimostrazione in concreto dell’effettivo pregiudizio subito dal soggetto
destinatario dell’atto, o il che è a dire, sulla dimostrazione che il contenuto dispositivo
dell’atto non avrebbe comunque potuto essere diverso.

15. Tali conclusioni introducono direttamente all’esame della decisiva questione,

motivata urgenza” prevista dalla norma tributaria quale condizione derogatoria del
termine dilatorio, dovrebbe ritenersi integrata tutte le volte in cui la chiusura delle
operazioni di verifica fiscale avvenga nei sessanta giorni anteriori alla scadenza del
termine di decadenza previsto per la notifica dell’avviso di accertamento o rettifica,
essendo sufficiente a tal fine che l’Ufficio accertatore alleghi tale circostanza in giudizio,
trattandosi di urgenza “in re ipsa” .

16. La tesi difensiva non può essere condivisa.
Occorre premettere che, come ampiamente argomentato nella sentenza delle SS.UU.
n. 18184/2013,

CGi

casi di particolare e motivata urgenza” che legittimano la

inosservanza del termine si configurano come elemento esterno al contenuto
motivazionale dell’atto impositivo che rimane circoscritto

“ai presupposti di fatto ed

alle ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione” (art. 7 comma 1 legge n.
212/2000; art. 42 Dpr n. 600/73; art. 56 Dpr n. 633/72), con la conseguenza che la verifica

della sussistenza del presupposto della urgenza viene a collocarsi sul piano
esclusivamente contenzioso-probatorio -essendo in quanto tale”‘ oggetto di allegazione e
deduzione probatoria delle parti processuali-, ed in tal senso, infatti, è stata oggetto di

sindacato da parte dei Giudici territoriali che, dopo aver dato conto che nelle
controdeduzioni alla eccezione della società contribuente, svolte nel primo grado,
l’Ufficio finanziario aveva allegato la giustificazione della urgenza nella imminente
scadenza del termine di decadenza ex art. 57 Dpr n. 633/72, hanno poi esaminato nel
merito tale circostanza, ritenendola infondata nel merito: la riserva assunta al precedente
21
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

s. est.
Stefan Olivieri

sollevata con il terzo motivo dalla Agenzia fiscale, secondo cui la “particolare e

paragrafo 4 della presenta motivazione, può dunque essere risolta con il rigetto della
eccezione pregiudiziale di inammissibilità del ricorso principale, in quanto diversamente da quanto sostenuto dalla parte resistente- la CTR non ha affatto statuito la
nullità dell’avviso di accertamento in relazione al vizio formale di motivazione
dell’avviso di accertamento per violazione dell’art. 56 Dpr n. 633/72, ma in quanto
difettava un presupposto di fatto riconducibile a quello considerato nel paradigma

17. Tanto premesso l’assunto della Agenzia fiscale va disatteso in quanto non tiene
conto degli interessi sostanziali sottesi alla fissazione del termine dilatorio in questione.
Il Legislatore ha infatti voluto operare un bilanciamento tra l’interesse del
contribuente a non vedere assoggettato il proprio patrimonio ad un pretesa fiscale che
potrebbe rivelarsi infondata e l’interesse dell’Erario a non subire ritardi nella
acquisizione delle proprie entrate tributarie, evitando mediante attuazione del principio
di collaborazione tra privato ed PA, al primo gli oneri connessi allo svolgimento del
giudizio da introdursi con la opposizione all’atto impositivo, ed alla seconda lo spreco di
inutile attività provvedimentale con conseguenze sulla inefficienza dell’apparato
organizzativo (non potendosi, peraltro, ritenere neppure estraneo al Legislatore il
perseguimento del collaterale scopo deflattivo dei processi).
Il termine dilatorio in questione, pertanto, è posto nell’interesse di entrambe le parti
del rapporto tributario ed una modifica dello stesso -nei limiti in cui è consentita dalla
legge- viene a trovare giustificazione in relazione al preminente interesse riconosciuto
dalla legge ad una delle due parti: nella specie la norma considera derogabile il termine,
operando un giudizio di prevalenza a favore dell’interesse pubblico, laddove si
verifichino ragioni che non consentano alla PA di attendere i sessanta giorni entro i quali
il contribuente ha diritto di presentare osservazioni, chiarimenti e documenti.
Tali ragioni derogatorie, in quanto pertinenti alla parte pubblica, debbono -secondo il
criterio generale della distribuzione dell’onere della prova ex art. 2697 c.c.- essere
allegate e dimostrate -in quanto circostanze di fatto- dalla Amministrazione finanziaria,
22
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

.Ntee. est.
Stefan I livieri

normativo dell’art. 12 comma 7 legge n. 212/2000.

non essendo applicabile il principio processuale di generale rilevabilità “ex officio” delle
eccezioni di merito non rimesse dalla legge in via esclusiva alla iniziativa della parte
(art. 112 c.p.c.), non venendo in questione nella specie la rilevabilità dei fatti costitutivi
principali o secondari del diritto controverso, ma l’accertamento di un fatto presupposto
invocato da una delle parti in causa per contraddire alla eccezione di invalidità del

18. Al riguardo è opportuno premettere che nel processo tributario, la cui struttura è
caratterizzata da un meccanismo d’instaurazione imperniato sull’impugnazione di uno
degli atti specificamente indicati dall’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, ed il cui
oggetto è rigorosamente circoscritto al controllo di legittimità formale e sostanziale
dell’atto impugnato, nei limiti delle contestazioni sollevate dal contribuente con i motivi
dedotti nel ricorso introduttivo di primo grado, l’indagine sul rapporto tributario è
necessariamente limitata al riscontro della consistenza della pretesa fatta valere
dall’Amministrazione finanziaria con l’atto impositivo, alla stregua dei presupposti di
fatto e di diritto in esso enunciati (cfr. Corte cass. V sez. 29.9.2006 n. 20516; id. V sez.
11.5.2007 n. 10779). La giurisprudenza di legittimità è infatti assolutamente concorde nel

ritenere che “il giudizio tributario, anche in base alla disciplina dettata dagli artt. 18,
comma secondo, 19 e 24, comma secondo, D.Lgs. n. 546 del 1992, è caratterizzato da
un meccanismo di instaurazione di tipo impugnatorio, circoscritto alla verifica della
legittimita’ della pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato, alla stregua dei
presupposti di fatto e di diritto in esso atto indicati, ed ha un oggetto rigidamente
delimitato dalle contestazioni mosse dal contribuente con i motivi specificamente dedotti
nel ricorso introduttivo, in primo grado, onde delimitare sin dalla nascita del rapporto
processuale tributario le domande e le eccezioni proposte dalle parti” (cfr. Corte cass. V
sez. 18.6.2003 n. 9754; id. V sez. 2.4.2007 n. 8182; id. V sez. 3.8.2007 n. 17119; Corte cass. SU
23.12.2009

11.

27209).

Occorre altresì precisare che, nel caso di giudizio avente ad oggetto la opposizione
avverso ad un atto che veicola una pretesa impositiva, il carattere impugnatorio del
23
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

CA est.
Stefan
livieri

provvedimento impositivo.

processo tributario è logicamente incompatibile con la proponibilità da parte dell’Ufficio
finanziario di “eccezioni” di merito, poiché le “eccezioni in senso tecnico” costituiscono
lo strumento processuale attraverso il quale si fa valere un fatto giuridico avente
efficacia modificativa od estintiva della pretesa -su cui il giudice non può pronunciarsi in
mancanza dell’allegazione ad opera di una delle parti- e nel processo tributario non possono

che riguardare la pretesa fiscale avanzata dalla Amministrazione finanziaria, non

addotti dalla Amministrazione, resistente in primo grado, per contrastare i motivi del
ricorso proposto dal contribuente, né i motivi di gravame dalla medesima svolti, con i
quali vengono censurate le statuizioni della sentenza di primo grado per “errores in
judicando aut procedendo”, che non vanno, pertanto, incontro alla preclusione dei
“nova” ex artt. 345co2 c.p.c. e 57co2 Dlgs n. 546/1992 (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n.
22010 del 13/10/2006, con riferimento alle eccezioni “nuove” in appello, da ritenersi come tali
inammissibili).

Tanto premesso, nella vicenda processuale in esame, la Amministrazione finanziaria
ha assunto la veste di parte attrice in senso sostanziale, con la conseguenza che -come in
qualsiasi altro giudizio di tipo impugnatorio- le “eccezioni” proponibili dall’ente impositore

possono essere esclusivamente di natura processuale-pregiudiziale, attinenti ai
presupposti processuali od alle condizioni di ammissibilità dell’azione (inammissibilità o
improcedibilità del ricorso; difetto di legittimazione processuale del ricorrente; difetto di
legittimazione attiva del ricorrente o passiva -in relazione al soggetto che ha emesso l’atto
impugnato-; eccezione di giudicato interno od esterno; cessazione della materia del contendere),

dovendo qualificarsi tutte le altre “controdeduzioni” di cui all’art. 23co3 Dlgs n.
546/1992 come mere difese od argomenti difensivi (volti ad illustrare i fatti costitutivi della
pretesa tributaria come individuati nella motivazione del provvedimento impositivo, ovvero a
contestare la esistenza dei vizi di tale atto denunciata dal ricorrente con i motivi di ricorso: ne
consegue che le difese, le argomentazioni e le prospettazioni svolte dalla Amministrazione e dirette
a contestare la fondatezza di una “eccezione in senso stretto” dedotta dal contribuente con i motivi
di opposizione formulati nel proprio ricorso -ad es. la eccezione di decadenza dall’esercizio della
potestà impositiva, o la eccezione di prescrizione del diritto alla riscossione del credito tributario24
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

C
est.
Stefano
vieri

essendo pertanto riconducibili a tale categoria processuale né gli argomenti giuridici

non costituiscono, a loro volta, eccezioni in senso tecnico. Cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n.
5895 del 23/04/2002; Sez. 5, Sentenza n. 3338 del 11/02/2011) ovvero come mere deduzioni

probatorie volte ad indicare i mezzi dimostrativi dei fatti costitutivi della pretesa
tributaria, rimanendo impedito alla Amministrazione resistente (attrice in senso sostanziale)
soltanto di poter immutare la allegazione dei fatti costitutivi della pretesa veicolata
dall’atto impositivo, estendendo ad esempio l’oggetto del giudizio ad un diverso

non opposto dal contribuente (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 6620 del 19/03/2009), o
comunque di poter modificare od ampliare l’oggetto del giudizio, deducendo ulteriori
motivi e circostanze diversi da quelli contenuti nell’atto di accertamento (cfr. Corte cass.
Sez. 5, Sentenza n. 25909 del 29/10/2008) o che già appartengono al “thema controversum”
(cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 30055 e n. 30057 del 23/12/2008, secondo cui la “questione
della invalidità od inopponibilità alla PA” del negozio stipulato dal contribuente, che costituisce il
presupposto dell’accertamento impositivo, deve intendersi già acquisita al giudizio con la stessa
impugnazione dell’avviso di accertamento).

19. Nella specie, mentre la violazione del termine stabilito dall’art. 12 comma 7 legge
n. 212/2000 integra eccezione in senso stretto di invalidità del provvedimento impositivo
ed è stata ritualmente introdotta dalla società contribuente con i motivi di ricorso in
primo grado e riproposta quindi in grado di appello, rimanendo esaurito con la
dimostrazione della inottemperanza della PA al termine dilatorio previsto ex lege l’onere
probatorio del ricorrente, il fatto addotto come urgenza, integra invece il fatto positivo
contrario alla affermazione di invalidità dell’atto impositivo, ricadendo pertanto
sull’Amministrazione finanziaria l’onere di allegazione e dimostrazione.
Orbene consistendo l’urgenza in un fatto impeditivo della osservanza del termine
dilatorio e dunque un fatto impeditivo dell’adempimento di un obbligo di condotta che la
legge pone a carico della parte pubblica del rapporto tributario, ne segue che, in
applicazione del generale principio di responsabilità degli effetti delle condotte
giuridicamente rilevanti, il fatto-urgenza allegato non deve essere stato determinato da
25
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

est.
Co
ieri
Stefano

provvedimento (adottato nel corso del giudizio ad integrazione di quello impugnato in giudizio)

condotte imputabili alla stessa Amministrazione finanziaria che lo invoca come
“oggettiva impossibilità” di adempimento dell’obbligo di osservanza del termine di
legge.
Non è sufficiente, pertanto, ad assolvere all’onere che grava sulla Amministrazione
finanziaria la mera allegazione dell’impedimento costituito dalla imminente scadenza del
termine di decadenza per la notifica dell’atto impositivo, ma occorre altresì la prova che

non essendo logicamente ipotizzabile una diversa interpretazione della norma tale da
legittimare, in astratto, condotte elusive del termine dilatorio, volte a precostituire la
ragione di urgenza mediante l’ingiustificato differimento dell’inizio o della chiusura
delle operazioni di verifica fiscale.
La soluzione indicata, relativa al regime probatorio, appare peraltro conforme al
criterio ormai saldamente condiviso nella giurisprudenza della Corte secondo cui il
soggetto creditore di una prestazione (in tale situazione versa anche il contribuente nei
confronti dell’obbligo della PA di astenersi fino alla scadenza del termine di cui all’art. 12 co7
legge n. 212/2000 dalla emissione dell’atto impositivo) può limitarsi alla mera allegazione

della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è
gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito
dall’avvenuto adempimento, o dalla non imputabilità dell’inadempimento ai sensi
dell’art. 1256 c.c. (giurisprudenza consolidata: Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 13533 del
30/10/2001; id. Sez. 3, Sentenza n. 8615 del 12/04/2006; id.

Sez. 1, Sentenza n. 15677 del

03/07/2009. Cfr. analogamente, in tema di interessi moratori e danno da ritardo nelle obbligazioni

della Pubblica Amministrazione, grava su questa l’onere di dimostrare la non imputabilità del
ritardo: Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 5212 del 04/03/2011) ed appare altresì rispettosa del

principio – riconducibile all’art. 24 Cost. e al divieto di interpretare la legge in modo da rendere
impossibile o troppo difficile l’esercizio dell’azione in giudizio – della riferibilità o vicinanza o

disponibilità dei mezzi di prova, con la conseguenza che, essendo noto soltanto
all’Amministrazione finanziaria, e non anche al contribuente, se la causa ostativa al
rispetto del termine dilatorio sia da ritenere estranea ad incuria, negligenza od
26
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

Con
Stefano Cilivien

la circostanza in questione non sia stata determinata da fatto imputabile alla stessa PA,

inefficienze organizzative degli Uffici, incombe sulla PA il relativo onere della prova
negativa della colpa (cfr. sulla applicazione del “principio di vicinanza della prova” quale regola
distributiva del relativo onere : Corte cass. Sez. L, Sentenza n. 20484 del 25/07/2008; id. Sez. 5,
Sentenza n. 9099 del 06/06/2012; id. Sez. 1, Sentenza n. 5025 del 28/02/2013; id. Sez. 2, Sentenza
n. 19146 del 09/08/2013), essendo questa tenuta, qualora come nella specie alleghi la

imminente scadenza del termine di decadenza per l’esercizio della potestà impositiva, a

verifica fiscale, ovvero le ragioni sopravvenute (quali, in via meramente esemplificativa, la
scoperta o conoscenza di nuovi fatti emersi nel corso di indagini fiscali o di procedimenti penali
svolti nei confronti di soggetti terzi; od ancora ad eventi eccezionali che hanno inciso sull’assetto
organizzativo o sulla regolare programmazione dell’attività degli uffici; od ancora condotte dolose o
comunque pretestuose o volutamente dilatorie poste in atto dallo stesso contribuente sottoposto a
verifica e volte ad ostacolare o ritardare la conclusione delle operazioni) che hanno impedito un

tempestivo ed ordinato svolgimento delle attività di controllo entro il sessantesimo
giorno antecedente la chiusura delle operazioni.
Infondato è l’assunto difensivo della Agenzia ricorrente secondo cui in tal modo si
verrebbe illegittimamente a comprimere un termine (quello stabilito a pena di decadenza
ex art. 57 Dpr n. 633/72) che è assegnato ex lege alla Amministrazione finanziaria: è
appena il caso di osservare in proposito che il termine fissato per l’esercizio della potestà
di accertamento dei tributi non esclude che tale accertamento debba, comunque, essere
compiuto secondo le forme, le modalità ed i tempi prescritti dalle norme di legge che
disciplinano il relativo procedimento amministrativo, tra cui l’osservanza anche del
termine dilatorio per la emissione dell’avviso di accertamento o rettifica, con la
conseguenza che il coordinamento tra le disposizioni -ed i termini- dell’art. 57 Dpr n.
633/72 e dell’art. 12co7 legge n. 212/2000, deve necessariamente attuarsi prevedendo
che nel caso di attività di indagine assoggettate all’art. 12 della legge n. 212/2000
(accessi, ispezioni, verifiche fiscali “nei locali destinati all’esercizio di attività
commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali”) il verbale di chiusura delle

operazioni deve in ogni caso -e salvo i casi di comprovata impossibilità oggettiva non
imputabile alla PA- essere redatto e consegnato alla parte contribuente non oltre il
27
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

Con
Stefano 011vieri

specificare le ragioni per le quali non è stato possibile iniziare tempestivamente la

sessantunesimo giorno precedente la scadenza del termine di decadenza ex art. 57 Dpr n.
633/72.

20. La controversia può dunque essere risolta alla stregua del seguente principio di
diritto:

verifiche fiscali “nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali,
agricole, artistiche o professionali”, ai sensi del primo comma dell’art. 12 della legge
27 luglio 2000 n. 212, il verbale di chiusura delle operazioni deve in ogni caso -e salvo i
casi di comprovata impossibilità oggettiva non imputabile alla PA- essere redatto e
consegnato alla parte contribuente non oltre il sessantunesimo giorno precedente la
scadenza del termine di decadenza per l’esercizio della potestà impositiva, nella specie
stabilito dall’art. 57 Dpr n. 633/72, essendo tenuta l’Amministrazione finanziaria, a
pena di nullità dell’avviso di accertamento o di rettifica, all’osservanza del termine
dilatorio (di giorni sessanta decorrenti dalla consegna del verbale di chiusura delle
operazioni) prescritto dal comma sette dell’art. 12 legge n. 212/2000 per la emissione
dell’atto impositivo.
Qualora, per contrastare la eccezione di nullità dell’avviso per violazione del
termine di cui all’art. 12co7 legge n. 212/2000, formulata con i motivi di ricorso da
contribuente, la Amministrazione finanziaria alleghi, quale fatto di “particolare e
motivata urgenza”, di non aver potuto rispettare il termine dilatorio indicato, essendosi
chiuse le operazioni di verifica in data successiva al sessantesimo giorno antecedente la
scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del potere di accertamento della
imposta, l’oggetto della prova va individuato nella oggettiva impossibilità di
adempimento all’obbligo ex lege e dunque grava sull’Amministrazione finanziaria, in
conformità al principio di vicinanza del fatto da provare, l’onere di dimostrare che la
imminente scadenza del termine di decadenza, che non ha consentito di adempiere

28
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

s. est.
Stefano Olivieri

” Nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria proceda ad accessi, ispezioni,

all’obbligo di legge, sia dipesa da fatti o condotte ad essa non imputabili a titolo di
incuria, negligenza od inefficienza”

21. Non essendo stata dalla Agenzia delle Entrate fornita la prova e neppure allegate
le ragioni per le quali le operazioni di verifica condotte in loco non hanno potuto
concludersi, avuto riguardo al termine di decadenza ex art. 57 Dpr n. 633/72, in tempo

212/2000, deve ritenersi conforme a diritto la statuizione della sentenza di appello che
non ha ravvisato il presupposto della particolare urgenza, derogatorio del termine di
legge, nella mera indicazione della imminente scadenza del termine di decadenza
dall’esercizio della potestà impositiva.

22. Trattandosi di “ratio decidendi” idonea a sostenere autonomamente la decisione,
consegue la dichiarazione di inammissibilità del quarto motivo di ricorso principale (con
il quale si censura la sentenza della CTR per vizio di insufficiente motivazione su fatti
controversi e decisivi ex art. 360co l n. 5 c.p.c.) e l’assorbimento dei motivi del ricorso
incidentale condizionato.

23. In conclusione il ricorso principale deve essere rigettato (infondati i primi tre
motivi; inammissibile il quarto), dovendo dichiararsi assorbiti i motivi del ricorso
incidentale condizionato.
La recente stabilizzazione, ad opera delle SS.UU. di questa Corte, delle difformi
applicazioni giurisprudenziali della norma di cui all’art. 12 comma 7 della legge n.
212/2000, sopravvenuta nel corso del presente giudizio, legittima la integrale
compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.
La Corte :

29
RG n. 26828/2010
ric. Ag.Entrate c/ Bassilichi s.p.a.

Co
t.
Stefano j1ivien

utile a consentire il rispetto del termine dilatorio previsto dall’art. 12 comma 7 legge n.

00-

– rigetta il ricorso principale e dichiara assorbiti i motivi del ricorso incidentale
condizionato;
– dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.

iiht /3, 4. 29 ■ 3

Così deciso nella camera di consiglioYriconvocata in data 3.12.2013.

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