Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3142 del 08/02/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 3142 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

ORDINANZA

sul ricorso 28947-2016 proposto da:
MARINELLI

MARIA ANTONIETTA,

LOPALCO

GIANFRANCO,

LAMBIASI SALVATORE, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIALE MAZZINI 114/5,

prPs-) 3o 2tudi0

dell’avvQc;.atQ

G1UVAMBATTISTA FERRIOLO, che li rappre5cnta e

difende

unitamente agli avvocati FERDINANDO EMILIO ABBATE,
RANIERI RODA;
– ricorrenti contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legís;

contrari corrente

Data pubblicazione: 08/02/2018

avverso il decreto n. 800/2016 della CORTE D’APPELLO
di PERUGIA, depositato il 05/05/2016, Cron.n. 2687/16;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 15/12/2017 dal Consigliere ANTONELLO

COSENTINO.

Rilevato:
che i signori Maria Antonietta Marinelli, Gianfranco Lopalco e Salvatore
Lambiasi ricorrono avverso il decreto n. 800/2016 col quale la Corte d’Appello
di Perugia ha accolto parzialmente la domanda di equa riparazione per
irragionevole durata del processo da loro proposta ai sensi della legge n. 89

che il ricorso si fonda su un unico motivo;
che il Ministero della Giustizia si è costituito con controricorso;
che la causa è stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio del 15
dicembre 2017, per la quale solo i ricorrenti hanno presentato memoria;

considerato:
che con l’unico motivo d’impugnazione i ricorrenti censurano la misura delle
spese di lite liquidate in loro favore nella sentenza gravata, denunciando la
violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., dell’art. 2233 c.c. e del d.m.
n. 55/2014 in cui la corte territoriale sarebbe incorsa liquidando dette spese
in misura inferiore ai minimi previsti dalla tabella di riferimento;
che al riguardo va preliminarmente osservato che la fattispecie dedotta in
giudizio è regolata, ratione temporis,

dal d.m. 55/2014 (il cui articolo 28

recita: “Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano alle liquidazioni
successive alla sua entrata in vigore”),

posto che alla data di entrata in

vigore di tale decreto la prestazione professionale del cui compenso si discute
non si era ancora conclusa e che, come chiarito dalle Sezioni Unite di questa

del 2001;

Corte con la sentenza n. 17405/12, la nozione di compenso rimanda ad un
corrispettivo unitario per l’opera complessivamente prestata, ancorché iniziata
e parzialmente svolta sotto il vigore di discipline tariffarie previgenti (conf.
Cass. 4949/17);
che inoltre, giova precisare, va escluso che nella specie possa trovare
applicazione la disposizione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto del
Ministero della Giustizia n. 140 del 20.7.2012 (alla cui stregua “In nessun
caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei

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i p,

minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente
decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa”),
giacché, rispetto al d.m. n. 140/2012, il decreto ministeriale n. 55/2014 (che
non contiene alcuna disposizione analoga a quella del settimo comma
dell’articolo 1 del d.m. 140/2012) è prevalente, in quanto non solo
costituisce lex posterior regolativa, quanto agli avvocati, dell’intera materia

costituisce anche lex specialis;
che, in particolare, la richiamata specialità del d.m. n. 55/2014 discende
dal fatto che esso disciplina i compensi per i soli avvocati, mentre il decreto
ministeriale n. 140/2012 regolamenta la determinazione dei parametri per la
liquidazione, da parte di un organo giurisdizionale, dei compensi per tutte le
professioni vigilate dal Ministero della Giustizia;
che il decreto ministeriale n. 55/2014 indica i parametri medi

del

compenso professionale dell’avvocato, dai quali il giudice si può si discostare,
purché si mantenga tra il minimo ed il massimo risultanti dall’applicazione
delle percentuali di scostamento, in più o in meno, previste dal primo comma
dell’articolo 4 di tale decreto; cfr., al riguardo, Cass. 2383/17, in motivazione:
“Con riferimento all’asserito vincolo del giudice alla determinazione media del
compenso professionale ai sensi del d.m. 55/2014, si deve rilevare che tale
vincolo non trova fondamento nella normativa, secondo la quale (artt.1 e 4)
il giudice deve soltanto liquidare il compenso tra il minimo ed il massimo delle
tariffe. Con riferimento al d.m. 140/2012 era stato anche precisato che il
giudice era tenuto ad indicare le concrete circostanze che giustificavano le
deroga ai minimi e massimi stabiliti dal d.m. 140/2012 (cfr. Cass. n. 18167
del 16/09/2015; Cass. 11 gennaio 2016 n. 253; Cass. 3 agosto 2016, n.
16225)”;
che, anche nel regime dettato dal d.m. 55/2014, deve riconoscersi al
giudice il potere di scendere anche al di sotto, o di salire anche al di sopra,
dei limiti risultanti dall’applicazione delle massime percentuali di scostamento
– come fatto palese dall’inciso

“di regola” che si legge, ripetutamente, nel

suddetto primo comma – ma, proprio per il tenore letterale di detto inciso,

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già disciplinata dal d.m. n. 140/2012 (cfr. art. 15 disp. prel. c.c.) ma

tale possibilità può essere esercitata solo sulla scorta di apposita e specifica
motivazione;
che, tenuto conto del valore della causa (da COaC 1.100,00), la
liquidazione del compenso professionale effettuata dalla corte territoriale, in
complessive C 150,00, risulta porsi immotivatamente al di sotto dei minimi
imposti dal d.m. n. 55/2014, pur applicando, in ragione della speciale

del medesimo d.m. 55/2014 (pari al 70% per la fase istruttoria ed al 50%,
per le altre fasi);
che, per quanto precede, il ricorso va accolto e il provvedimento gravato
deve essere cassato;
che, sussistendone le condizioni, la causa va decisa nel merito, dovendosi
liquidare il complessivo compenso dei difensori degli odierni ricorrenti per il
giudizio di merito nel minimo risultante dalla massima percentuale di
riduzione applicabile ai sensi dell’articolo 4 del d.m. 55/2014 e, quindi, in
286,00 (C 67,50 per la fase di studio, C 67,50 per la fase introduttiva, C
51,00 per la fase istruttoria, C 100,00 per la fase decisionale), oltre IVA e
contributo ex art. 11 I. n. 576/1980, senza maggiorazione legata alla pluralità
di parti con la medesima posizione processuale (prevista come possibile ma
non necessaria dall’articolo 4, comma 2, d.m. 55/2014); con distrazione in
favore degli avvocati Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate, che
ne hanno fatto richiesta, dichiarandosi antistatari;
considerato che anche le spese legali del giudizio di legittimità debbono
seguire la soccombenza e possono liquidarsi, sempre con distrazione, siccome
in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle
attività espletate;

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e, decidendo nel
merito, liquida le spese del giudizio di merito in favore degli odierni ricorrenti
nell’importo complessivo di C 286,00, oltre spese generali, accessori e spese
vive per C 8,00, distratto in favore degli avvocati Giovambattista Ferriolo e

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semplicità dell’affare, la massima riduzione prevista dall’articolo 4, comma 1,

Ferdinando Emilio Abbate; condanna il Ministero della Giustizia

al

pagamento, in favore dei ricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che,
distratte in favore degli avvocati Giovambattista Ferriolo, Ferdinando Emilio
Abbate e Ranieri Roda, liquida C 325 per compensi, oltre spese generali e
accessori.

Così deciso in Roma il giorno 15 dicembre 2017.

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