Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31419 del 02/12/2019

Cassazione civile sez. II, 02/12/2019, (ud. 30/10/2019, dep. 02/12/2019), n.31419

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 24364/2015 proposto da:

M.M.A., C.F., C.S., C.D.,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA CRESCENZIO 25, presso lo

studio dell’avvocato FRANCESCO CREACO, che li rappresenta e difende

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

D.D., elettivamente domiciliato in ROMA VIA MORDINI 14,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIO SPINOSO che lo rappresenta e

difende giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

nonchè

F.M.P., D.T., D.F.,

D.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 227/2015 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 09/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/10/2019 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le memorie depositate dai ricorrenti.

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. D’.Fa. e D. proponevano ricorso per denuncia di nuova opera e di danno temuto dinanzi al Pretore di Reggio Calabria nei confronti di C.A. a seguito dell’edificazione da parte di quest’ultimo di un fabbricato abusivo in (OMISSIS) in prossimità del fondo di proprietà dei ricorrenti, chiedendo emettersi i provvedimenti più opportuni.

Il Pretore, all’esito della CTU, dichiarava inammissibile la denuncia di nuova opera, in quanto proposta oltre un anno dall’inizio dell’esecuzione dell’attività edilizia, disattendendo anche la richiesta di danno temuto, atteso che l’ausiliario aveva ritenuto il pericolo di crollo assai remoto.

Gli istanti riassumevano il giudizio dinanzi al Tribunale di Reggio Calabria, onde sentire accogliere nel merito le richieste già avanzate nella fase cautelare, ribadendo che la costruzione del convenuto era stata realizzata abusivamente ed in prossimità di una scarpata, concludendo per l’abbattimento del manufatto ovvero per il suo arretramento.

Il Tribunale, disposta una nuova consulenza d’ufficio, dichiarava interrotto il giudizio a seguito della morte del convenuto.

Il processo era riassunto nei confronti dei suoi eredi, M.A. nonchè di C.F., S. e D. e con sentenza n. 113/2004 il Tribunale adito rigettava la domanda attorea.

Con citazione del 1 dicembre 2004 i germani D’.Fa. e D. proponevano appello avverso tale decisione e nella resistenza degli eredi dell’originaria parte convenuta, la Corte d’Appello di Reggio Calabria, con la sentenza n. 227 del 9 giugno 2015, in riforma della decisione gravata, ordinava agli appellati di riempire i vuoti presenti sotto la trave di fondazione della recinzione che delimita l’area di pertinenza del loro immobile, secondo le indicazioni del CTU ed ordinava altresì la riduzione in pristino del fabbricato e l’arretramento dello stesso e dell’annesso ripostiglio sino alla distanza di metri sette dal confine, come indicato nella planimetria allegata all’elaborato peritale.

Disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello per la sua pretesa genericità, la Corte distrettuale rilevava che il procedimento di nunciazione prevede una fase cautelare, nella quale l’adozione delle misure provvisorie è subordinata alla ricorrenza delle condizioni di cui all’art. 1172 c.c., ed una successiva fase di merito, destinata al completamento della tutela possessoria o petitoria, restando però parti di un procedimento sostanzialmente unico, e ciò anche quando, prima della riforma del giudice unico la fase cautelare era affidata alla competenza di un giudice diverso da quello cui era riservato l’esame del merito petitorio.

In tale ultima sede la tutela dell’attore non incontra alcun limite o preclusione, quanto ai requisiti che invece condizionano la tutela cautelare, essendo sufficiente unicamente dimostrare la sussistenza della denunziata lesione. Fatta tale precisazione, riteneva non condivisibile la conclusione del Tribunale quanto all’affermata assenza di pericolo di crolli e, riesaminato il complesso del materiale istruttorio, ordinava ai convenuti l’esecuzione delle opere ritenute necessarie a prevenire il pericolo.

Era altresì esaminato il motivo di appello con il quale si lamentava il mancato accoglimento delle doglianze in ordine alla violazione delle distanze.

La Corte distrettuale in tal senso reputava che tale violazione costituiva oggetto del processo sin dall’introduzione del giudizio, in quanto già nel ricorso inziale si evidenziava come la costruzione del C. dovesse essere arretrata per la violazione delle distanze legali.

Tale domanda era stata però disattesa dal giudice di primo grado sul presupposto che fosse stata in ogni caso rispettata la distanza di cui all’art. 873 c.c., conclusione che però non poteva essere condivisa occorrendo tenere conto anche delle maggiori distanze dettate dagli strumenti urbanistici locali.

Il CTU aveva sottolineato come, all’epoca cui risale l’attività edificatoria, lo strumento urbanistico allora vigente prevedeva per la zona B, ove ricadono gli immobili oggetto di causa, una distanza minima di metri 7,00 dal confine, laddove invece la costruzione eseguita dal convenuto è posta a distanza inferiore.

Per l’effetto è stato ordinato l’arretramento dell’immobile sino al rispetto della distanza minima dettata dalla norma locale, integratrice della previsione codicistica.

All’accoglimento dell’appello principale conseguiva poi il rigetto dell’appello incidentale, che contestava la compensazione delle spese di lite disposta dal Tribunale, dovendosi invece ridurre la compensazione solo nella misura di un terzo, ponendo la residua parte, e per entrambi i gradi, a carico degli appellati. Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso M.M.A., C.F., C.S. e C.D. sulla base di due motivi, illustrati anche da memorie. D.D. ha resistito con controricorso.

F.M.P., D.T., D.F. e D.A., tutti indicati quali eredi di D’.Fa., non hanno svolto attività difensiva in questa fase.

2. Ritiene il Collegio che debba prioritariamente essere esaminata l’eccezione di nullità della notifica del ricorso così come effettuata nei confronti degli eredi di D’.Fa., eccezione che si palesa fondata.

E’ infatti pacifico, anche alla luce della documentazione versata in atti ex art. 372 c.p.c., che D’.Fa. è deceduto nel corso del giudizio di appello in data (OMISSIS), senza che però il suo difensore abbia dichiarato l’evento interruttivo, essendo proseguito il giudizio di appello sino all’adozione della sentenza emessa in favore di entrambi i germani D..

A tal fine occorre ribadire l’applicazione alla fattispecie dei principi affermati dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 15295/2014, che nel riaffermare la regola dell’ultrattività del mandato difensivo, ha chiarito che l’incidenza sul processo degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c. (morte o perdita di capacità della parte) è disciplinata, in ipotesi di costituzione in giudizio a mezzo di difensore, dalla regola dell’ultrattività del mandato alla lite, in ragione della quale, nel caso in cui l’evento non sia dichiarato o notificato nei modi e nei tempi di cui all’art. 300 c.p.c., il difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento non si sia verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale e nelle successive fasi di quiescenza e riattivazione del rapporto a seguito della proposizione dell’impugnazione. Inoltre si è ribadito che tale posizione giuridica è suscettibile di modificazione nell’ipotesi in cui, nella successiva fase d’impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale della parte divenuta incapace, oppure se il procuratore di tale parte, originariamente munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza o notifichi alle altri parti l’evento verificatosi, o se, rimasta la medesima parte contumace, l’evento sia documentato dall’altra parte (come previsto dalla novella di cui alla L. n. 69 del 2009, art. 46), o notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ai sensi dell’art. 300 c.p.c., comma 4.

Pertanto: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, a norma dell’art. 285 c.p.c., è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale della parte divenuta incapace; b) detto procuratore, qualora gli sia originariamente conferita procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione (ad eccezione del ricorso per cassazione, per la proposizione del quale è richiesta la procura speciale) in rappresentanza della parte che, pur deceduta o divenuta incapace, va considerata nell’ambito del processo ancora in vita e capace; c) è ammissibile l’atto di impugnazione notificato, ai sensi dell’art. 330 c.p.c., comma 1, presso il procuratore, alla parte deceduta o divenuta incapace, pur se la parte notificante abbia avuto diversamente conoscenza dell’evento.

Considerato che nella vicenda in esame, attesa l’epoca di introduzione del giudizio non si applica la novella di cui alla L. n. 69 del 2009, alla luce della data di introduzione del giudizio, deve escludersi quindi che la produzione del certificato di morte da parte della difesa dei ricorrenti, consenta di far venir meno l’ultrattività del mandato e deve pertanto opinarsi nel senso che la notifica del ricorso andava effettuata al defunto presso il difensore.

In questo senso depongono anche i precedenti di questa Corte, successivi alle Sezioni Unite, che hanno affermato che (Cass. n. 4006/2018) la morte della parte costituita a mezzo di procuratore, ove si sia verificata prima della chiusura della discussione e non sia stata dichiarata o notificata nei modi e nei tempi di cui all’art. 300 c.p.c., comporta che la notificazione della sentenza deve avvenire, ai fini del decorso del termine breve di impugnazione, unicamente presso il difensore della parte deceduta, e non (anche) ai suoi eredi collettivamente e impersonalmente ex art. 286 c.p.c., giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, in ragione della quale il difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento stesso non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale e nelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione (in senso conforme Cass. n. 710/2016).

Nè nella fattispecie risulta invocabile il principio affermato da Cass. n. 24993/2014, secondo cui la notificazione dell’atto di appello presso il procuratore della parte deceduta nelle more del termine per proporre impugnazione è nulla se, prima della scadenza del predetto termine e anteriormente alla impugnazione medesima, gli eredi della parte defunta abbiano notificato alla controparte atto di precetto per l’esecuzione della sentenza oggetto di gravame, poichè con tale notifica deve ritenersi venuta meno la “fictio iuris” dell’ultrattività del mandato difensivo in capo al procuratore della parte defunta, in quanto non risulta che gli eredi della parte defunta abbiano notificato precetto che invece risulta notificato dall’altro attore rimasto in vita (come si ricava dal tenore della comparsa depositata dai successori di D’.Fa. nel giudizio di opposizione a precetto intentato dagli eredi del C. contro D.D., in quanto era l’unica delle parti vittoriose ad avere notificato il precetto per l’esecuzione della sentenza impugnata).

Ne consegue che una volta ravvisata la nullità della notifica del ricorso ne deve essere ordinata la rinnovazione.

Tuttavia tale rinnovazione deve essere effettuata direttamente nei confronti degli eredi della parte deceduta in grado di appello, atteso il decorso di oltre un anno dalla pubblicazione della sentenza impugnata.

Infatti, questa Corte ha avuto modo di ribadire che (Cass. n. 20255/2018) la rinnovazione della notifica dell’impugnazione che non avvenga nei confronti della parte personalmente, bensì presso il difensore costituito nel precedente grado di giudizio, nonostante sia già decorso, al momento dell’ordinanza che la dispone, l’anno dalla pubblicazione della sentenza impugnata, è nulla per violazione dell’art. 330 c.p.c., con conseguente inammissibilità dell’impugnazione, attesa la perentorietà del termine disposto dal giudice ex art. 291 c.p.c., per la rinnovazione della notifica (conf. Cass. n. 857/2015).

Nè tale conclusione può essere tacciata di irrazionalità o di dar vita ad un adempimento superfluo, per doversi procedere alla rinnovazione della notifica nei confronti degli stessi soggetti cui era stata inizialmente indirizzata la notifica del ricorso, in quanto una volta ribadito che la notifica originaria è affetta da nullità, a voler opinare per la superfluità della rinnovazione nei confronti degli eredi in proprio sulla base di una valutazione ex post si verrebbe nella pratica a legittimare la quasi totalità delle notifiche fatte alla parte personalmente anzichè, come imposto dalla legge, al loro difensore, in quanto in tutti i casi (che rappresentano la maggior parte) in cui il rilievo della nullità avviene quando l’anno dalla pubblicazione è già decorso, la nullità della notifica non potrebbe quasi mai essere più rilevata.

La causa deve pertanto essere rinviata a nuovo ruolo dando ordine ai ricorrenti di provvedere alla rinnovazione della notifica del ricorso.

P.Q.M.

Ordina la rinnovazione della notifica del ricorso nei confronti degli eredi di D’.Fa. nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione della presente ordinanza, e rinvia la causa a nuovo ruolo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2019

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