Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31413 del 05/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 05/12/2018, (ud. 07/11/2018, dep. 05/12/2018), n.31413

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22957-2013 proposto da:

C.E.G. n.q. di ex socio ed ultimo legale

rappresentante, C.M., C.L. n.q. di ex socie

della CIUNO DI C.E. & C., VAM GROUP SRL in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA

VIA PO, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO NAPOLITANO, che li

rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 51/2013 della COMM. TRIB. REG. di TRIESTE,

depositata il 12 aprile 2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07

novembre 2018 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERGIO DEL CORE che ha concluso per l’accoglimento parziale per

quanto di ragione del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato MUCCARI per delega dell’Avvocato

NAPOLITANO che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato GENTILI che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

FATTI RILEVANTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

p. 1. Vam Group srl, nonchè E.G., M. e C.L., in qualità di ex soci illimitatamente responsabili della Ciuno di C.E. & c. snc (estinta il 16 gennaio 2009), propongono otto motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 51/11/13 del 21 marzo 2013, con la quale la commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione per imposta proporzionale di registro ed ipocatastale loro notificato dall’agenzia delle entrate, previa riqualificazione in termini di cessione d’azienda – D.P.R. 131 del 1986, ex art. 20 – della seguente operazione:

21 dicembre 2007, costituzione da parte della Ciuno di C.E. snc (in veste di socio unico) della Ciuno srl, con contestuale conferimento a quest’ultima dell’azienda (mobilificio) dalla prima detenuta e gestita;

4 marzo 2008, cessione della partecipazione detenuta dalla Ciuno di C.E. snc nella neo-costituita Ciuno srl, alla Vam Group srl;

20 dicembre 2018, cessazione dell’attività da parte di Ciuno di C.E. snc; 16 gennaio 2009, cancellazione della stessa dal registro delle imprese.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che: – la controversia andasse inquadrata nell’ambito del c.d. “abuso del diritto” e della operatività nell’ordinamento di una clausola generale antielusiva; – nel caso di specie, fosse stata posta in essere una cessione aziendale “spezzatino” (diverse cessioni di parti d’azienda che hanno avuto per esito sostanziale la cessione dell’intera azienda);

– tale operazione avesse natura elusiva, visti i tempi ravvicinati dei vari atti e la mancanza di valida giustificazione economica diversa dal risparmio fiscale.

Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. – nullità della sentenza e del procedimento per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e degli artt. 132 e 156 c.p.c.. Per avere la commissione tributaria regionale deciso, come evincibile dalla parte motiva della sentenza impugnata, su una fattispecie diversa da quella dedotta in giudizio, ovvero su una cessione unitaria di azienda attuata mediante la cessione parcellizzata di singoli beni aziendali (c.d. ‘spezzatinò); al contrario, l’oggetto dell’avviso di liquidazione opposto era costituito dalla riqualificazione in termini di cessione di azienda della su descritta operazione di cessione di quote di società conferitaria. Ciò impedirebbe alla sentenza di raggiungere il suo scopo.

Con il secondo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1 n. 5, nella formulazione rinveniente dal n. 83 del 2012, conv. in L. n. 134 del 2012 – l'”omesso esamè circa un fatto decisivo per il giudizio, appunto costituito dalla circostanza che non si controverteva, nella specie, di diverse cessioni di parti di azienda, bensì di cessione unitaria di azienda per effetto di cessione di quote di società conferitaria (aspetto non esaminato).

p. 2.2 Questi due motivi di ricorso – suscettibili di trattazione unitaria per la stretta connessione delle questioni giuridiche dedotte – sono infondati.

Nella parte dedicata allo “svolgimento del processo” la commissione tributaria regionale afferma che l’ufficio “avrebbe in pratica rilevato l’adozione di quella tecnica di cessione d’azienda nota come “spezzatino” (…)”; analogamente, in parte motiva essa osserva che, nella specie, era stata posta in essere “quella tecnica di cessione d’azienda, pacificamente ormai nota come “spezzatino”, con il quale figurano effettuate diverse cessioni di parti d’azienda che hanno avuto per esito la cessione dell’intera azienda (…)”.

Questi richiami alla cessione di singoli beni in funzione della cessione unitaria di un complesso aziendale sono effettivamente non pertinenti al caso, dal momento che la riqualificazione operata, ex art.20 cit., dalla agenzia delle entrate non aveva avuto ad oggetto tale operatività, bensì quella derivante dal conferimento del ramo aziendale nella neo-costituita società, con successiva cessione delle quote della conferitaria. Si trattava pertanto di una fattispecie diversa da quella menzionata in tali occasioni dal giudice regionale.

E tuttavia, non si ritiene che l’uso, per quanto indubbiamente improprio, della nozione di vendita frazionata, ovvero di “spezzatino”, sia tale da giustificare – sotto questo profilo – la cassazione della sentenza impugnata.

Ciò perchè, nella valutazione complessiva e sostanziale della decisione, risulta che la commissione tributaria regionale abbia purtuttavia colto la diversa modalità di cessione aziendale così come dedotta in giudizio. E ciò non solo nel richiamo di principi interpretativi già affermati da questa corte di legittimità proprio con riguardo, tra le altre, alla fattispecie di conferimento societario e successiva cessione di quote, ma anche e soprattutto nella previa descrizione, pure presente in motivazione, dell’operatività effettivamente rilevata dall’amministrazione finanziaria in sede di riqualificazione dell’atto.

A pag. 2 della sentenza è infatti contenuta una descrizione sintetica, ma puntuale e completa, dell’intera operazione, appunto perpetrata attraverso le suddette – reali modalità negoziali di costituzione societaria/conferimento di ramo aziendale/cessione delle quote della conferitaria. Modalità che la commissione tributaria regionale ripercorre e ricostruisce anche nella loro cronologia, così da dimostrare di aver colto i connotati fondamentali e peculiari della pretesa impositiva e, dunque, di aver correttamente individuato, per tale via, non soltanto il petitum ma anche la causa petendi dedotta in giudizio. Tale descrizione culmina, del resto, con l’affermazione secondo cui l’ufficio aveva nella specie contestato una “cessione indiretta di azienda attraverso un fittizio conferimento d’azienda e la successiva cessione della partecipazione”; il che era appunto quanto risultante dall’attività di riqualificazione posta in essere dall’agenzia delle entrate.

Deve dunque escludersi che la commissione tributaria regionale, pur in presenza della improprietà terminologica di cui si è detto, abbia poi travisato i fatti di causa al punto da decidere una fattispecie altra rispetto a quella sottopostale dalle parti. Risultando, al contrario, che il giudice di merito abbia erroneamente denominato come “spezzatino” quella che era una cessione indiretta di azienda tramite conferimento societario, senza – però – che questo si sia causalmente risolto in un errore sostanziale di rilevanza decisoria, posto che i “fatti-negozi” che hanno costituito il fondamento materiale e storico della riqualificazione giuridica ex art. 20 cit. sono stati pienamente afferrati ed enunciati dalla commissione tributaria regionale, e da questa posti a fondamento della decisione.

p. 3.1 Con il terzo, il quarto ed il quinto motivo di ricorso si lamentano – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – plurime violazioni dell’art. 112 c.p.c. Per non avere la commissione tributaria regionale pronunciato sulle eccezioni (riproposte con specifici motivi di appello): a) di decadenza dell’amministrazione finanziaria dalla pretesa impositiva, per inutile decorso del termine triennale di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, atteso che l’avviso di liquidazione in oggetto era stato notificato il 3 marzo 2011, a fronte di atto di costituzione della società e contestuale conferimento aziendale risalente al 21 dicembre 2007; b) di nullità dell’avviso di liquidazione perchè notificato il 3 marzo 2011, prima del decorso di 60 giorni dalla chiusura del processo verbale di constatazione elevato il 25 gennaio 2011 alla Ciuno snc (L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7); c) di violazione dell’obbligo di instaurazione del contraddittorio preventivo, previsto a pena di nullità dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis.

p. 3.2 Questi tre motivi sono fondati.

Il giudice d’appello ha infatti omesso di pronunciare sulle predette eccezioni, (introdotte dai ricorrenti sin dal primo grado del giudizio e coltivate in appello) concernenti le modalità concretamente seguite dall’amministrazione finanziaria nella sua contestazione e potenzialmente assorbenti ogni altra questione, perchè incidenti sulla legalità formale dell’azione di recupero da parte dell’agenzia delle entrate.

p. 4.1 Con il sesto motivo di ricorso si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 2495 e 2312 c.c.., per non avere la commissione tributaria regionale rilevato che l’avviso di liquidazione in oggetto era stato inammissibilmente notificato alla Ciuno snc allorquando quest’ultima era già stata cancellata dal registro delle imprese, con conseguente preclusione a far valere la pretesa impositiva nei confronti della società. Ciò integrerebbe questione rilevabile d’ufficio anche nel giudizio di legittimità.

p. 4.2 Il motivo è infondato.

L’avviso di liquidazione in oggetto, ancorchè “intestato” a società di persone (Ciuno snc) ormai estinta per avvenuta cancellazione dal registro delle imprese, era stato validamente notificato anche alla persona dei soci illimitatamente responsabili. Vale a dire, nei confronti di soggetti passivamente legittimati nel rapporto tributario in veste di successori della società estinta (SS.UU. 6070/13); ed è appunto in tale qualità che essi impugnarono in proprio l’avviso di liquidazione medesimo.

p. 5.1 Con il settimo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 176, comma 3 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis (in relazione al D.P.R. n. 131 del 1986). Per avere la commissione tributaria regionale affermato la natura elusiva dell’operazione in questione, nonostante che il conferimento di azienda con la successiva cessione delle quote della società conferitaria (in regime di neutralità per continuità di valore) non rientrasse tra le ipotesi abusive di cui all’art. 37 bis cit., e fosse anzi espressamente previsto (e favorito, ai fini delle IIDD) dall’art. 176 cit.

Con l’ottavo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20. Per avere la commissione tributaria regionale omesso di considerare che vi era differenza di effetti sia economici sia giuridici tra la cessione di quote societarie e la cessione d’azienda (così quanto, tra il resto, a regime della concorrenza; a successione nei contratti; a responsabilità per i debiti aziendali). Inoltre, la riqualificazione ex art. 20 cit. muoveva dalla considerazione del singolo atto da registrare, essendo preclusa la disamina di atti esterni a quest’ultimo, ancorchè asseritamente collegati.

p. 5.2 Si tratta di doglianze che investono il merito della decisione e che risultano pertanto assorbite dall’accoglimento dei motivi terzo, quarto e quinto.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il primo, secondo e sesto motivo di ricorso; accoglie il terzo, quarto e quinto motivo; assorbiti il settimo e l’ottavo;

– cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della del Friuli Venezia Giulia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta Sezione Civile, il 7 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2018

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