Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31411 del 05/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 05/12/2018, (ud. 07/11/2018, dep. 05/12/2018), n.31411

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Rel. Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23576-2012 proposto da:

BCG SRL in persona dell’Amministratore Unico pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso

lo studio dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIANFRANCO GAFFURI giusta delega in

calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI BRESCIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 27/2012 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 02 marzo 2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07

novembre 2018 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERGIO DEL CORE che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato PAFUNDI che si riporta agli atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato MADDALO che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La B.C.G. s.r.l. acquistava, da altra società, con atto registrato il 27 dicembre 2006, alcune porzioni immobiliari facenti parte di un complesso condominiale, sito nel Comune di Abbadia Lariana, al dichiarato prezzo di Euro 912.000,00, con applicazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), e delle imposte ipotecaria e catastale, in misura autoliquidata dal notaio rogante in ragione del prezzo pattuito, che non era oggetto di alcun rilievo ai fini IVA da parte dell’Ufficio; ciò non di meno quest’ultimo notificava alla contribuente un avviso di liquidazione con cui, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 1, rideterminava il valore venale dei cespiti, e richiedeva le maggiori imposte ipotecaria e catastale.

La società proponeva ricorso deducendo, tra l’altro, l’illegittimità della rettifica di valore dei beni ceduti in quanto, involgeva le sole imposte ipotecaria e catastale, e non l’IVA, e violava il principio di alternatività tra quest’ultimo tributo e gli altri tributi, e l’adita CTP di Lecco, in accoglimento parziale dell’impugnazione dell’atto impositivo, riduceva il valore dei beni, limitatamente alle unità immobiliari i cui lavori di costruzione non risultavano ancora ultimati al momento della compravendita.

La contribuente proponeva appello, e la CTR della Lombardia, con la sentenza indicata in epigrafe, respingeva le doglianze, e confermava la decisione di primo grado, osservando che non potevano essere introdotti nel giudizio di secondo grado elementi nuovi, mediante il richiamo al contenuto della sopravvenuta Circolare 12 marzo 2010, n. 12/E, dell’Agenzia delle Entrate, che il prezzo unitario dichiarato in atto per tutti gli immobili non operava alcuna distinzione tra i beni; che la liquidazione delle imposte era stata effettuata telematicamente dal notaio rogante, per cui la contribuente avrebbe dovuto rivolgere le proprie doglianze verso quest’ultimo, non essendo possibile chiedere all’Amministrazione finanziaria, ai sensi del D.Lgs. n. 463 del 1997, art. 3 ter, il rimborso delle somme versate in eccesso, che, infine, era corretta l’operata rideterminazione giudiziale del valore dei cespiti immobiliari, in quanto il primo giudice aveva fatto riferimento ai listini FIAIP (Federazione Italiana Agenti Immobiliari) di Lecco, oltre che ai valori OMI, non adeguatamente contrastati dalla contribuente.

Per la cassazione di tale sentenza la contribuente ricorre, con otto motivi, cui resiste con controricorso l’intimata Agenzia delle Entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, nonchè dei principi che regolano il diritto sopravvenuto, giacchè il riferimento della contribuente al contenuto della Circolare 12 marzo 2010, n. 12/E, dell’Agenzia delle Entrate era volto soltanto a rafforzare la tesi, esposta nel ricorso introduttivo del giudizio, della alternatività tra IVA ed imposta ipotecaria e catastale, erroneamente applicate dal notaio rogante, ed illegittimamente pretese dall’Ufficio in misura addirittura maggiore di quella autoliquidata.

Con il secondo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si censura la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., giacchè il giudice di appello si intrattiene su una questione, quella della necessità di rivolgere le doglianze della contribuente al notaio rogante, del tutto estranea alla materia del contendere.

Con il terzo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si censura la sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 347 del 1990, art. 13 e D.P.R. n. 131 del 1986, art. 77, cui il primo rinvia, in quanto il giudice di appello non chiarisce perchè il rimborso dell’imposta ipocatastale debba essere richiesto al notaio rogante, e non invece all’Ufficio che ha eseguito la registrazione dell’atto.

Le suesposte censure, scrutinabili congiuntamente, vanno disattese per le ragioni di seguito esposte.

La controversia trae origine dalla impugnazione dell’avviso di rettifica e liquidazione con cui l’Agenzia delle Entrate ha richiesto il pagamento della imposta ipotecaria e catastale nella misura proporzionale (del 3 e dell’i per cento), ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10 e della Tariffa allegata al D.P.R. n. 347 del 1990, art. 1 bis (Testo Unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale), in relazione all’atto di compravendita, pacificamente soggetto ad IVA, con il quale l’odierna ricorrente il 19 dicembre 2006 acquistava la proprietà delle porzioni immobiliari facenti parte del complesso edilizio sito nel Comune di Abbadia Lariana, alcune all’epoca non ultimate.

Ad avviso della contribuente, le imposte per cui è causa, erroneamente applicate dal notaio rogante in sede di autoliquidazione, considerato il principio di alternatività IVA/Registro, non possono essere liquidate su una base imponibile diversa da quella dell’IVA, costituita dal prezzo dichiarato, essendo inconciliabile la coesistenza di due valori fiscali differenti, ed i criteri valutativi dei cespiti applicati dall’Ufficio, sempre ad avviso della contribuente, in quanto puramente statistici e non basati su idonei elementi comparativi, non possono ritenersi corretti, in quanto non individuano il reale valore venale dei beni ceduti.

Le prime tre doglianze vanno dichiarate inammissibili, per carenza di interesse, in quanto i vizi dedotti non hanno influito sulla decisione, atteso che la questione controversa, come già detto, riguarda, incontestato l’assoggettamento ad IVA della cessione immobiliare, la debenza delle maggiori imposte ipotecarie e catastali liquidate dall’Ufficio, in misura proporzionale, su una base imponibile costituita non dal pattuito corrispettivo, ma dal valore venale dei beni ceduti, quest’ultimo determinato applicando le quotazioni riportate nei listini degli agenti immobiliari (FIAIP), e quelle desumibili dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI), di cui si tratterà appresso. E’, infatti, principio consolidato quello della inammissibilità, per difetto d’interesse, del motivo di impugnazione con cui si deduca una violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, priva di qualsivoglia influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte, e che sia diretta, quindi, all’emanazione di una pronuncia senza rilievo pratico (Cass. n. 20689/2016).

Nel processo tributario, inoltre, la preclusione della possibilità di sollevare eccezioni nuove in appello, posta dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, non comporta l’improponibilità dell’illustrazione, con nuovi argomenti, di eccezioni già formulate, laddove non venga violato il divieto di ampliamento del thema decidendum, al rispetto del quale è funzionale il limite imposto dalla legge, e neppure la nuova prospettazione di cosiddette eccezioni improprie, o mere difese, in quanto dirette a sollecitare il rilievo d’ufficio da parte del giudice, dell’inesistenza di fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio, della cui prova è onerata l’altra parte (Cass. n. 6391/2013, n. 15646/2004).

E, nel caso di specie, l’allora appellante società B.C.G. si è limitata a richiamare un documento di prassi (la Circolare n. 12/E del 12 marzo 2010) concernente la imponibilità degli “immobili strumentali non ultimati”, a conforto della fondatezza delle proprie deduzioni, senza che ciò implicasse accertamenti in fatto diversi da quelli compiuti dal giudice di merito, trattandosi di nuova difesa riconducibile all’originaria “causa petendi”, che non amplia l’indagine giudiziaria, nè si traduce in un motivo aggiunto e, dunque, in una nuova domanda, vietata ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 24e 57 (Cass. n. 13742/2015).

Rispetto alla ratio decidendi della sentenza di secondo grado, appaiono ininfluenti anche le deduzioni svolte in ricorso circa il rimborso delle imposte, dal momento che la contribuente, com’è pacifico, non ha presentato alcuna istanza in tal senso all’Amministrazione finanziaria, ma soltanto una istanza di accertamento con adesione, conclusasi negativamente, sicchè l’oggetto dell’originario ricorso risulta affatto diverso, riguardando, come già detto, la debenza delle imposte ipotecaria e catastale nella misura pretesa dall’Ufficio, stante l’assoggettamento all’IVA della cessione degli immobili, nonchè i criteri di determinazione della relativa base imponibile, essendo alcuni ancora in costruzione, altri locati a terzi, ruotando attorno a tali questioni il rigetto, nel merito, del gravame a suo tempo proposto dalla contribuente.

Con il quarto motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si censura la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., giacchè il giudice di appello omette di pronunciarsi su punti decisivi della controversia, quali appunto la presenza di immobili (ristorante e deposito) locati, e di errori di calcolo delle superfici, la vendita a corpo e non a misura dei beni, la presenza di immobili rientranti catastalmente nella categoria D, con conseguente infungibilità degli stessi per difficoltà di un utilizzo diverso senza radicali trasformazioni, il rilievo a fini valutativi del costo di costruzione, ed il principio di alternatività IVA/Registro.

Con il quinto motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si censura la sentenza, perchè non tiene conto delle diverse caratteristiche e qualità, e quindi dei diversi valori di ciascuna porzione immobiliare, per avere le parti pattuito un prezzo unitario, quando lo stesso avviso di liquidazione impugnato riporta una valutazione analitica e distinta per ogni singolo cespite.

Con il sesto motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si censura la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., giacchè omette di pronunciarsi sulla decisiva questione concernente la mancata rettifica della somma assoggettata ad IVA, circostanza che impedisce l’accertamento di un maggior valore venale, rispetto al corrispettivo dichiarato, limitatamente alla imposta ipocatastale.

Con il settimo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si censura la sentenza perchè, in ogni caso, viziata nella motivazione in ordine alla suindicata, decisiva questione della incompatibilità di due concorrenti differenti basi imponibili.

Le suesposte censure, scrutinabili congiuntamente in quanto connesse, vanno disattese in quanto sono in parte inammissibili, ed in parte infondate.

Questa Corte, anche di recente, ha ribadito che “In tema di imposta di registro, a seguito della sostituzione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, ad opera della L. n. 88 del 2009 , art. 24, comma 5, che, con effetto retroattivo, stante la finalità di adeguamento al diritto dell’Unione europea, ha eliminato la presunzione legale relativa (introdotta dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 3, conv., con modif., dalla L. n. 248 del 2006) di corrispondenza del corrispettivo della cessione di beni immobili al valore nominale degli stessi, è stato ripristinato il precedente quadro normativo, sicchè è rimesso alla valutazione del giudice l’accertamento, anche in base a presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti, in ordine all’eventuale maggior valore di detti beni.” (Cass. n. 11439/2018).

La sentenza della CTP di Lecco ha ridotto il valore accertato dall’Ufficio “con riguardo alle unità immobiliari i cui lavori di costruzione, all’atto della compravendita, non erano conclusi”, operando – su tale punto – un accertamento in fatto riservato al giudice di merito, che ha trovato conferma nella sentenza impugnata, e che non appare affatto scalfito dalle censure formulate dalla contribuente.

Va, del resto, escluso che la cessione di un fabbricato strumentale, effettuata da un soggetto passivo d’imposta anteriormente alla data di ultimazione del fabbricato medesimo, possa rientrare nell’ambito applicativo del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, trattandosi di bene ancora nel circuito produttivo, la cui cessione, quindi, deve essere soggetta ad IVA, e conseguente ad imposta ipotecaria e catastale in misura proporzionale, ai sensi dell’art. 1 bis della tariffa allegata al D.Lgs. n. 347 del 1990 (Cass. n. 23499/2016, n. 22757/2016, n. 22138/2017).

La sentenza del giudice di appello ha fatto buon governo di tali principi, avendo posto in evidenza come la cessione per cui è causa sia stata registrata telematicamente dal notaio rogante, “che ha assoggettato l’intero atto correttamente alle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale, con aliquota rispettivamente del 3 e dell’1 per cento”.

Va ricordato, per quanto possa occorrere, che nell’ambito della revisione del sistema di tassazione degli immobili strumentali è stato previsto, in correlazione con la riforma del regime IVA, una rideterminazione delle aliquote delle imposte ipotecaria e catastale di cui al D.Lgs. n. 347 del 1990, nella suindicata misura complessiva del 4 per cento, per effetto delle modifiche apportate dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 10-bis, inserito in sede di conversione ad opera della L. n. 248 del 2006.

In particolare, il D.Lgs. n. 347 del 1990, art. 1, assoggetta all’imposta ipotecaria le formalità (trascrizione, iscrizione, ecc) eseguite nei pubblici registri immobiliari, e il medesimo decreto, art. 10, assoggetta all’imposta catastale le volture, le imposte ipotecaria e catastale, tributi che sono dovuti nella misura prevista alla data in cui dette formalità e volture sono richieste, e, ai sensi del D.Lgs. n. 347 del 1990, art. 13, per l’accertamento e la liquidazione delle imposte ipotecaria e catastale, per la irrogazione delle relative sanzioni, per le modalità e i termini della riscossione e per la prescrizione, si applicano, in quanto non disposto nel decreto medesimo, le disposizioni relative all’imposta di registro e all’imposta sulle successioni e donazioni. Ne discende che non hanno pregio le doglianze della ricorrente basate sulla circostanza che l’Ufficio ha rideterminato il valore venale degli immobili ceduti, ai soli fini della liquidazione della maggiore imposta ipotecaria e catastale, trattandosi di tributi diversi dall’IVA, legata nella specie al corrispettivo dichiarato dalle parti contraenti, che seguono le regole dell’imposta di registro, anche per quanto concerne la determinazione della base imponibile, ed il cui presupposto è rappresentato dalle formalità di trascrizione e di voltura, miranti a rendere certo il passaggio di proprietà di un bene, a tutela della fede pubblica, per cui essi non sono destinati a colpire la ricchezza trasferita.

Con l’ottavo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si censura la sentenza perchè viziata nella motivazione in ordine alla valutazione degli immobili, basata su contestati elementi presuntivi, quali sono i dati (FIAIP ed OMI) statistici richiamati dai giudici di merito, stante anche la perizia giurata allegata all’atto di appello.

La censura è fondata e merita di essere accolta.

Questa Corte, con indirizzo costante, ritiene che le quotazioni OMI, risultanti dal sito web dell’Agenzia delle Entrate, ove sono gratuitamente e liberamente consultabili, non costituiscono fonte tipica di prova, ma strumento di ausilio ed indirizzo per l’esercizio della potestà di valutazione estimativa, sicchè quali nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, sono idonee solamente a “condurre ad indicazioni di valori di larga massima” (tra le tante, Cass. n. 25707/2015).

Pertanto, il riferimento alle stime effettuate dagli agenti immobiliari di Lecco di per sè non integra il dato puramente statistico, di cui condivide la natura e la valenza probatoria indiziaria, rappresentato dal valore di mercato desunto dalla banca dati (OMI) di cui si è avvalsa l’Ufficio, avuto riguardo alle peculiari caratteristiche degli immobili strumentali (categoria catastale D), legati ad una certa attività d’impresa, ed alle deduzioni difensive supportate dalla perizia giurata di parte privata prodotta nel giudizio di secondo grado, sicchè la determinazione del valore venale dei predetti beni, costituente base imponibile dei tributi per cui è causa, appare del tutto inadeguata sotto il profilo motivazionale.

La sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, va cassata, con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie l’ottavo motivo di ricorso, rigetta i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2018

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