Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31406 del 02/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 02/12/2019, (ud. 04/07/2019, dep. 02/12/2019), n.31406

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26420-2018 proposto da:

V.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOSUE’

BORSI 4, presso lo studio dell’avvocato FEDERICA SCAFARELLI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMILIANO DEBIASI;

– ricorrente –

contro

P.A.T. PROVINCIA AUTONOMA TRENTO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 42/2018 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 16/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa BESSO

MARCHEIS CHIARA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. Come risulta dalla sentenza impugnata, con ricorso D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 6 e L. n. 689 del 1981, art. 22, V.F. ha impugnato l’ordinanza con cui la Provincia Autonoma di Trento gli aveva ingiunto il pagamento di Euro 113, a titolo di sanzione amministrativa per violazioni in materia ambientale, per avere utilizzato attrezzi di lunghezza superiore a un metro al fine di prelevare minerali e fossili in un’area vincolata a parco naturale.

Il Tribunale di Trento, con sentenza n. 256/2015, ha rigettato l’opposizione.

2. La sentenza è stata impugnata da V.F.. Con sentenza 16 marzo 2018, n. 42, la Corte d’appello di Trento ha rigettato l’impugnazione e ha confermato la sentenza impugnata.

3. Contro la sentenza ricorre per cassazione V.F.. L’intimata Provincia Autonoma di Trento non ha proposto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

I. Il ricorso, anzitutto carente sotto il profilo della esposizione dei fatti della causa, si articola in due motivi, entrambi inammissibili:

a) Il primo motivo genericamente lamenta violazione o falsa applicazione dell’artt. 115 c.p.c., artt. 2697,2727 e 2729 c.c.: dopo aver dichiarato che il giudice d’appello “ha mal interpretato le norme sopra richiamate alla luce di quanto invece si deduce dalla documentazione in atti”, il ricorrente si limita a sostenere che l’errore “principe” del giudice di primo grado come di quello d’appello sarebbe stata la mancata considerazione della credenza, da parte del ricorrente, di essere un collaboratore del Museo delle scienze naturali di Trento, profilo peraltro affrontato dal giudice d’appello (cfr. p. 5 della sentenza impugnata).

b) Il secondo motivo, che fa valere violazione o falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c. e art. 2909 c.c., contesta violazione del ne bis in idem e conflitto tra giudicati, in quanto il giudice d’appello avrebbe deciso in maniera difforme rispetto ad altre pronunzie passate in giudicato. Tali pronunzie, però, non vengono neppure individuate, limitandosi il ricorrente a fare riferimento (p. 12 del ricorso) ad una pronuncia di primo grado, a provvedimenti di archiviazione e ad “atti relativi all’impugnazione” di un’ordinanza-ingiunzione.

II. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese, non essendosi l’intimata Provincia Autonoma di Trento costituita in giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta/2 sezione civile, il 4 luglio 2019.

Depositato in cancelleria il 2 dicembre 2019

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