Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31405 del 02/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 02/12/2019, (ud. 04/07/2019, dep. 02/12/2019), n.31405

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25783-2018 proposto da:

V.M., V.A., elettivamente domiciliate in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentate e difese

dall’avvocato ENRICO CASTALDO;

– ricorrenti –

contro

D.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ERNESTO MAURI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 783/2018 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 01/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa BESSO

MARCHEIS CHIARA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. Con atto di citazione del 14/1/2000 Giuseppe D., quale titolare della ditta individuale Europa 2000, conveniva in giudizio V.A. e V.M., chiedendo la loro condanna al pagamento di lire 5.666.667, quale saldo per lavori edili; costituendosi in giudizio, le convenute proponevano a loro volta domanda riconvenzionale per la condanna dell’attore all’eliminazione dei vizi e dei difetti dell’opera eseguita nonchè al risarcimento dei danni subiti.

Il Tribunale di Nocera Inferiore, con sentenza n. 850/2012, accoglieva la domanda attorea e condannava le convenute al pagamento del saldo dei lavori, quantificato in Euro 2.926,59.

2. Avverso la sentenza proponevano appello V.A. e V.M..

La Corte d’appello di Salerno, con sentenza 1 giugno 2018, n. 783, rigettava l’appello e confermava la sentenza impugnata.

3. Contro la sentenza ricorrono per cassazione V.A. e V.M..

Resiste con controricorso D.G., già titolare della ditta individuale Europa 2000.

Le ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

I. Il ricorso è articolato in tre motivi, con cui si lamenta:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., per non avere la Corte di appello motivato le ragioni per cui ha deciso in maniera difforme ed in contraddizione con gli accertamenti svolti dal – secondo – consulente tecnico d’ufficio;

2) violazione e falsa applicazione degli artt. 132,115 e 116 c.p.c., per avere la Corte di appello errato nella percezione e nella ricognizione del contenuto oggettivo della relazione del – primo consulente tecnico d’ufficio;

3) violazione e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c. e art. 1667 c.c. e s.s., per “errata esclusione della responsabilità della ditta esecutrice dei lavori per i vizi e i difetti delle opere edili”, avendo la Corte d’appello sostenuto che i grafici di progetto erano stati rispettati, in difformità a quanto era stato accertato dai consulenti tecnici d’ufficio che avevano pure verificato l’incompletezza e i vizi delle opere.

Il primo e secondo motivo – che riprendono le contestazioni sollevate con il primo motivo di appello – sono inammissibili in quanto censurano profili affidati alla discrezionalità del giudice di merito, come viene d’altro canto sottolineato nella sentenza impugnata (cfr. pp. 2-3 del provvedimento).

Il terzo motivo è anch’esso inammissibile in quanto genericamente lamenta che il giudice d’appello si sia discostato dalle conclusioni dei consulenti tecnici d’ufficio senza però tali diverse conclusioni (che sono analiticamente richiamate dalla sentenza impugnata, v. pp. 45) riportare.

II. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

La liquidazione delle spese, effettuata nel dispositivo, segue la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in Euro 1.700, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta/2 sezione civile, il 4 luglio 2019.

Depositato in cancelleria il 2 dicembre 2019

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