Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31401 del 02/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 02/12/2019, (ud. 04/07/2019, dep. 02/12/2019), n.31401

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14952/2018 R.G. proposto da:

I.M., rappresentato e difeso dall’avv. Livia Zanetti, con

domicilio in Como, alla Via Giulini n. 10.

– ricorrente-

contro

C.A., rappresentato e difeso dall’avv. Boris Boffelli e

dall’avv. Daniele Cirulli, con domicilio eletto in Roma alla Via

Lucrezio Caro n. 50.

– controricorrente –

avverso la sentenza del Tribunale di Como n. 1534/2017, depositata in

data 7.11.2017.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del giorno

4.7.2019 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con citazione notificata in data 7.4.2014, I.M. ha convenuto in giudizio C.A. dinanzi al Giudice di pace di Como, chiedendo il pagamento di Euro 3500,00 a titolo di corrispettivo di talune lavorazioni eseguite nel periodo compreso tra il novembre 2011 ed il marzo 2012, su commissione del convenuto. Quest’ultimo ha eccepito di aver integralmente versato il dovuto.

Il Giudice di pace ha accolto la domanda, con sentenza integralmente riformata in appello.

Il tribunale, ritenuto che il compenso era stato concordato in un importo orario di Euro 20,00, ha ritenuto che il ricorrente non avesse dato prova del numero di ore effettivamente lavorate nel mese di marzo 2012 ed ha quindi respinto la domanda di pagamento.

La cassazione della sentenza è chiesta da I.M. sulla base di un unico motivo di ricorso.

C.A. ha proposto controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 113 c.p.c., comma 2 e dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver il tribunale ritenuto che erroneamente il giudice di pace avesse deciso la causa secondo equità, mentre la domanda era stata accolta sulla base degli elementi probatori acquisiti in istruttoria che, a parere del ricorrente, dimostravano la fondatezza della domanda di pagamento.

Il motivo non merita accoglimento.

Il giudice di secondo grado, pur avendo correttamente ritenuto che il giudice di pace non potesse definire la causa ai sensi dell’art. 113 c.c., poichè il valore della domanda (Euro 3500,00) superava il limite di Euro 1.100,00 contemplato dall’art. 113 c.p.c., ha però riformato la prima decisione sulla base di un diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie.

La sentenza ha difatti ritenuto che gli elementi documentali e le prove orali non consentissero di stabilire quante ore fossero state effettivamente lavorate nel mese di marzo 2012, e che quindi il ricorrente non avesse titolo a pretendere il maggior importo di Euro3500,00 per l’opera svolta.

La valutazione delle prove nei termini anzidetti è profilo che attiene al merito e che si sottrae alle censure sollevate in ricorso.

Il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito con L. n. 134 del 2012, qui applicabile in relazione alla data di deposito della sentenza impugnata.

La violazione dell’art. 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, può inoltre essere prospettata in cassazione ove si alleghi che il giudice, nell’esaminare una prova, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, o quando il giudice abbia disatteso il criterio di apprezzamento di una prova soggetta ad una specifica regola di valutazione, restando esclusa la possibilità di contestare direttamente – da tale prospettiva – le conclusioni che il giudice abbia tratto dagli elementi acquisiti al processo (Cass. 11892/2016; Cass. 13960/2014; Cass. 26965/2007).

Il ricorso è quindi respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza.

Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1500,00 per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.

Dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Cos’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2019

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