Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31397 del 05/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 05/12/2018, (ud. 15/02/2018, dep. 05/12/2018), n.31397

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21494-2012 proposto da:

N.H., elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIOVANNI

PIERLUIGI DA PALESTRINA 47, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO

D’ANGELANTONIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CARLO RUSCONI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI COMO in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA RISCOSSIONE DI MILANO EQUITALIA NORD SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 37/2012 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 05/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/02/2018 dal Consigliere Dott. FEDERICI FRANCESCO.

Fatto

RILEVATO

che:

N.H. con un unico motivo ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 37/22/12, depositata il 5.03.2012 dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia;

per quanto comprensibile dal ricorso ha riferito di aver impugnato (tardivamente) l’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2006, nonchè la cartella di pagamento ad esso conseguente, chiedendo la rimessione in termini per l’impugnazione tempestiva. La Commissione Tributaria Provinciale di Como con sentenza n. 196/02/10 rigettava il ricorso per definitività dell’atto d’accertamento. Appellata la sentenza dal contribuente, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con la sentenza ora impugnata, confermava la decisione del giudice di primo grado.

Avverso la sentenza la ricorrente si duole dell’omessa o insufficiente motivazione su un fatto controverso o decisivo relativamente ai motivi posti a fondamento della rimessione in termini per l’impugnazione dell’avviso di accertamento.

L’Agenzia si è costituita, contestando le avverse ragioni e chiedendo il rigetto del ricorso.

E’ stata depositata dal ricorrente memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

deve preliminarmente valutarsi l’ammissibilità del ricorso sotto il profilo della autosufficienza. Esso appare redatto con la tecnica dell’assemblaggio. In ordine all’utilizzo di tale tecnica di redazione dell’atto impugnativo, ritenuta generalmente motivo di inammissibilità del ricorso per mancato rispetto del contenuto prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, la giurisprudenza ha opportunamente puntualizzato che l’integrale riproduzione di una serie di documenti si traduce in un mascheramento dei dati effettivamente rilevanti, così risolvendosi in un difetto di autosufficienza sanzionabile con l’inammissibilità. Ciò rende infatti incomprensibile il mezzo processuale, perchè privo di una corretta ed essenziale narrazione dei fatti processuali (ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), della sintetica esposizione della soluzione accolta dal giudice di merito, nonchè dell’illustrazione dell’errore da quest’ultimo commesso e delle ragioni che lo facciano considerare tale, addossando in tal modo al giudice di legittimità il compito, ad esso non spettante, di sceverare da una pluralità di elementi quelli rilevanti ai fini del decidere (cfr. Cass., Sez. 6-1, ord. n. 22185/2015; Sez. 6-3, sent. n. 3385/2016). Perchè il difetto di autosufficienza possa ritenersi superato è necessario che il coacervo dei documenti integralmente riprodotti, se facilmente individuabile ed isolabile, possa essere separato ed espunto dall’atto processuale, la cui autosufficienza pertanto, una volta resi conformi al principio di sinteticità il contenuto e le dimensioni globali, dovrà essere valutata in base agli ordinari criteri ed in relazione ai singoli motivi (Cass., Sez. 5, sent. n. 18363 del 2015; ord. n. 12641 del 2017).

Nel caso che ci occupa il ricorso, dopo l’intestazione, l’indicazione delle parti e le premesse della vicenda nella prima pagina, da pagina 2 a pag. 84 riporta integralmente sentenze, ricorsi del contribuente, la sentenza impugnata; tutti questi documenti sono raccordati solo con frasi che preannunciano il successivo documento riportato, per poi formulare il motivo di ricorso nelle pag. 85 e 86, riprodurre un altro documento nelle pagg. da 88 a 90, ed infine concludere a pag. 91. Le parti di raccordo tra un documento e l’altro non consentono in alcun modo di estrapolare quanto necessario per evidenziare i fatti di causa, nel rispetto dei requisiti prescritti dall’art. 366 c.p.c., n. 3).

L’inosservanza non potrebbe essere superata neppure con la lettura del motivo, affinchè da esso sia percepibile il fatto sostanziale e processuale.

Sul punto infatti è stato opportunamente e condivisibilimente affermato che prima dell’esame dei motivi la Corte di cassazione deve essere messa in grado, attraverso una riassuntiva esposizione, di percepire sia l’origine sostanziale della vicenda, sia il suo dipanarsi nello svolgimento dei gradi di merito; ciò è infatti indispensabile perchè nello scrutinio dei motivi il giudice di legittimità sia in possesso dei dati indispensabili per valutare se rispetto alla vicenda ed al suo svolgimento processuale essi siano deducibili e pertinenti, valutazione per la quale si manifesta come indispensabile la conoscenza sostanziale e processuale della vicenda stessa in modo complessivo (Cass., sent. n. 3385 cit.);

in conclusione il ricorso è inammissibile.

Considerato che:

Il ricorso va dichiarato inammissibile e all’esito segue la condanna del ricorrrente, nella misura indicata in dispositivo, alla rifusione delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna N.H. alla rifusione delle spese processuali in favore della Agenzia, che liquidano in Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2018

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