Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31391 del 02/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 02/12/2019, (ud. 03/10/2019, dep. 02/12/2019), n.31391

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Guido – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14575/2018 proposto da:

R.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE TRASTEVERE 173

SCALA E, presso lo studio dell’avvocato MARIA PIA IONATA,

rappresentato e difeso dall’avvocato PASQUALE MANTELLO;

– ricorrente –

contro

TIGROS S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CHIUSI 31, presso lo studio

dell’avvocato PIO CORTI, rappresentata e difesa dagli avvocati CARLO

ZONDA, SIMONE RIVA e CHIARA ZONDA;

CENTRO DISTRIBUZIONE ALIMENTARE S.R.L., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA SALLUSTIO 9, presso lo studio dell’avvocato LORENZO SPALLINA,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCO GALIANO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2102/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 01/02/2018, R.G.N. 140/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/10/2019 dal Consigliere Dott. GUIDO RAIMONDI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato PASQUALE MANTELLO;

udito l’Avvocato FRANCO GALIANO;

udito l’Avvocato CHIARA ZONDA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 116/2015 il Tribunale di Varese, in funzione del giudice del lavoro, respingeva le domande formulate da R.M. che, licenziato in data 8 maggio 2008 dalla società Tigros Cash s.p.a. nel quadro di una procedura di licenziamento collettivo, chiedeva di accertare la sussistenza, all’atto dell’apertura della procedura ai sensi della L. n. 223 del 1991, di un rapporto di lavoro subordinato con la società Tigros s.p.a. nonchè l’intervenuto, in tesi, trasferimento di azienda da quest’ultima alla società Centro Distribuzione Alimentare – CDA s.r.l., quindi l’illegittimità del licenziamento intimatogli e la condanna di entrambe le società alle conseguenze risarcitorie e reintegratorie di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18, nel testo applicabile ratione temporis.

2. Contro la predetta sentenza il lavoratore proponeva appello dinanzi alla Corte di appello di Milano. Le due società appellate resistevano all’appello di R.M. e formulavano appello incidentale riproponendo diverse eccezioni preliminari che erano state disattese dal Tribunale. La società CDA a r.l. proponeva appello incidentale anche sul regolamento delle spese operato dal giudice di prime cure.

3. La Corte di appello di Milano, con sentenza pubblicata il 1.2.2018, respingeva l’appello principale e quelli incidentali, compensando le spese del grado in ragione della reciproca soccombenza delle parti.

4. Sulla questione oggetto dell’appello principale, per quanto qui interessa, la Corte di appello osservava, quanto alla società Tigros s.p.a., che non era accoglibile la tesi del lavoratore secondo la quale quest’ultima impresa costituirebbe, insieme alla Tigros Cash Alimentari s.r.l., un unico centro di imputazione per cui in tesi il rapporto di lavoro, formalmente intestato alla Tigros Cash Alimentari s.r.l., in realtà si sarebbe dovuto ricondurre alla congiunta titolarità delle due società. Quanto alla società CDA a r.l. la Corte di appello osservava che, una volta esclusa la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra R.M. e Tigros s.p.a., era irrilevante l’accertamento di un eventuale trasferimento di azienda da Tigros s.p.a. a CDA s.r.l. perchè tale accertamento non avrebbe comunque spiegato effetti sulla posizione del lavoratore.

5. Contro la sentenza della Corte milanese R.M. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Le società Tigros s.p.a. e CDA a r.l. resistono con separati controricorsi. La CDA s.r.l. ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

2. Con il primo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa pronuncia sulla domanda di reintegrazione nel posto di lavoro formulata nei confronti del dissimulato cessionario CDA s.r.l. cui era stato trasferito il magazzino commerciale nel quale il lavoratore prestava la propria opera.

3. Con il secondo motivo si lamenta, sotto il profilo dell’errar in iudicando, della violazione e della falsa applicazione degli artt. 2112,1344 e 1345 c.c., nonchè della L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 5, L. n. 300 del 1970, art. 18 e dell’art. 116 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto non sussistere un unitario centro di imputazione giuridica sul fronte datoriale tra Tigros s.p.a. e Tigros Cash Alimentari s.r.l. e non sussistere il trasferimento dell’azienda alla CDA, Centro di Distribuzione Alimentare.

4. Con il terzo motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dell’omesso esame da parte della Corte di appello di diversi fatti, in tesi oggetto di discussione tra le parti e decisivi, e cioè le deduzioni e le censure del lavoratore sul fatto di essere “formalmente dipendente Tigros”, in ordine alla lamentata fraudolenta simulazione della cessione di azienda da Tigros a Tigros Cash, e al “dissimulato trasferimento dell’azienda medesima al Centro Distribuzione Alimentare.

5. A proposito del primo motivo, il ricorrente sostiene che la soluzione della sentenza impugnata, secondo cui, essendo le domande di reintegrazione del lavoratore presso la CDA srl conseguenti al preventivo accertamento del suo rapporto di lavoro con Tigros spa, esse cadevano in seguito al mancato accoglimento della domanda relativa a quest’ultimo accertamento, sarebbe riscontrabile un vizio di omessa pronuncia della sentenza impugnata perchè le sue conclusioni nei gradi di merito sarebbero state mal interpretate. Ad avviso del ricorrente dal complesso delle argomentazioni nei gradi di merito si sarebbe dovuto desumere la sostanziale presa di conclusioni nel senso della prosecuzione del suo rapporto di lavoro con la società CDA a r.l. Il ricorrente deduce che egli era divenuto ad ogni effetto dipendente della Tigros s.p.a. per effetto della fusione per incorporazione del suo originario datore di lavoro, il Nuovo Centro Lombardo Alimentare (NCLA), alla stessa Tigros s.p.a., mentre doveva considerarsi simulata la successiva cessione del ramo di azienda da Tigros s.p.a. a Tigros Cash s.r.l., che figurava essere il datore di lavoro al momento del licenziamento, prima in affitto (in realtà, osserva CDA, il ramo di azienda in questione era stato dato in affitto da NCLA a Tigros Cash prima della fusione per incorporazione della prima società in Tigros s.p.a.) e poi ceduta in proprietà (in realtà si trattava di aumento di capitale deliberato da Tigros Cash e versato da Tigros spa sotto forma del conferimento di ramo di azienda – per la somma in tesi chiaramente inadeguata di 10.000 Euro.

6. Le società controricorrenti eccepiscono la formazione di un giudicato interno, perchè già il primo giudice aveva interpretato le domande svolte dal ricorrente come conseguenti al preventivo accertamento del rapporto di lavoro del ricorrente con Tigros spa e le aveva respinte per effetto del mancato accoglimento della domanda di accertamento di tale rapporto. Non avendo il lavoratore censurato questa statuizione del Tribunale di Varese nel suo ricorso in appello, sul punto si sarebbe formato il giudicato.

7. L’eccezione di giudicato interno non ha fondamento. L’appello involgeva l’effetto (la pretesa reintegrazione presso CDA), per cui riapriva anche le questioni di interpretazione della domanda. La nozione di “parte della sentenza”, alla quale fa riferimento l’art. 329 c.p.c., comma 2, dettato in tema di acquiescenza implicita e cui si ricollega la formazione del giudicato interno, identifica soltanto le “statuizioni minime”, costituite dalla sequenza fatto, norma ed effetto, suscettibili di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia. Ne consegue che l’appello, motivato con riguardo ad uno soltanto degli elementi della suddetta statuizione minima suscettibile di giudicato, apre il riesame sull’intera questione che essa identifica, ed espande nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene coessenziali alla statuizione impugnata, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravarne (Cass. n. 16583 del 2012).

8. Il motivo è però infondato. Il ricorrente è nel giusto quando invoca il principio secondo il quale “la domanda giudiziale deve essere interpretata tenendo conto non solo della sua letterale formulazione, ma anche del contenuto sostanziale delle sottese pretese con riguardo alle finalità perseguite dalla parte, secondo la natura delle situazioni dedotte in giudizio”. E’ anche vero però, come condivisibilmente osserva CDA, che il giudice incontra comunque i limiti “connessi all’esigenza del rispetto del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e al divieto di sostituire officiosamente domande non esperite e formalmente proposte” (ex multis, Cass. n. 18783 del 2009).

9. Dagli stralci del ricorso di primo grado e di quello in appello del ricorrente riportati nel ricorso in cassazione emerge in realtà l’insistenza del lavoratore sulla tesi della simulazione del trasferimento di azienda da Tigros spa a CDA s.r.l., ma non una domanda volta all’accertamento della simulazione o comunque dell’inefficacia di un trasferimento da Tigros Cash, che non era neanche in causa, a CDA.

10. Come nota CDA, le conclusioni del ricorrente in appello, riportate nella sentenza impugnata, contenevano in effetti una modifica rispetto a quelle rassegnate in primo grado, perchè’ veniva richiesto di accertare e dichiarare che il R. era da ritenere ad ogni effetto di legge dipendente di Tigros spa “stante la contestata nullità ed inefficacia dei simulati e fraudolenti atti di cessione e fitto dell’azienda da Tigros s.p.a. a Tigros Cash”. Anche questo, però, conferma l’insistenza del ricorrente sulla tesi basata sull’essere egli dipendente Tigros s.p.a. come premessa delle domande contro CDA s.r.l., ed è per questo, non per aver erroneamente ritenuto che il ricorrente non avesse chiesto di essere reintegrato presso CDA, che la Corte di appello ha considerato irrilevante l’accertamento dell’eventuale inefficacia del trasferimento di azienda da Tigros s.p.a. a CDA, una volta escluso che il R. potesse considerarsi dipendente di Tigros s.p.a..

11. Non sussiste dunque il denunciato vizio di omessa pronuncia.

12. Relativamente al secondo motivo, a fronte dell’accertamento della Corte territoriale, che ha ritenuto non sussistere un unitario centro di imputazione giuridica sul fronte datoriale tra Tigros s.p.a. e Tigros Cash Alimentari s.r.l. e non sussistere il trasferimento dell’azienda alla CDA, Centro di Distribuzione Alimentare, il ricorrente non individua le affermazioni in diritto della sentenza impugnata che si porrebbero in contrasto con le diverse disposizioni di legge che vengono invocate, ma insiste inammissibilmente in questa sede sulla ricostruzione fattuale secondo la quale dopo l’incorporazione del Nuovo Centro Lombardo Alimentare in Tigros s.p.a. sarebbero stati simulati sia il contratto di affitto di ramo di azienda a Tigros Cash sia la successiva cessione alla stessa società dello stesso ramo, cioè il magazzino nel quale il ricorrente prestava la propria opera, in proprietà mediante aumento di capitale.

13. Il motivo è quindi inammissibile.

14. Venendo all’esame del terzo motivo, relativo al denunciato omesso esame di fatti in tesi decisivi, esso è pure inammissibile. La ricostruzione fattuale della vicenda litigiosa è comune ai due giudici di merito, che entrambi hanno ritenuto che il ricorrente non fosse dipendente di Tigros s.p.a. Si verte dunque in un caso di “doppia conforme” di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. a), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione tempons. In questi casi il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse, onere che non viene assolto nel ricorso (ex multis, Cass. n. 20335 del 2017).

15. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso è quindi complessivamente da rigettare.

16. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

17. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in favore di ciascuna società controricorrente in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2019

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