Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3139 del 12/02/2014
Civile Sent. Sez. 5 Num. 3139 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CRUCITTI ROBERTA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PATERNO MAURO,
elettivamente domiciliato in Roma, via
Tagliamento n.76 presso lo studio dell’Avv.Mario
Limone, rappresentato e difeso per procura in calce al
ricorso dagli Avv.ti Enzo Lumbau e Nunzio Mazzocchi.
-ricorrentecontro
(24°
AGENZIA DELLE ENTRATE,
in persona del Direttore
!T) generale pro tempore, rappresentata e difesa
dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui
Uffici in Roma, via dei Portoghesi n.12 è elettivamente
domiciliata.
-controricorrente-
Data pubblicazione: 12/02/2014
avverso la sentenza n.162/44/07 della Commissione
Tributaria Regionale della Campania, depositata il
4.10.2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
Crucitti;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott.Ennio Attilio Sepe, il quale ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Mauro Paterno ricorre, affidandosi a due motivi,
avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale
la Commissione Tributaria Regionale della Campania ha
integralmente riformato la sentenza di primo grado di
accoglimento del suo ricorso avverso l’avviso di
accertamento con il quale, a seguito di verifica delle
scritture contabili della Ottavini Immobiliare di cui
il ricorrente era socio ed, attesi i versamenti dallo
stesso effettuati in conto futuro aumento di capitale,
l’Ufficio, constatata la mancata dichiarazione
di
redditi, aveva accertato un reddito sintetico ai fini
IRPEF e relative addizionali locali per l’anno 1999.
Il Giudice di appello riteneva legittimo l’operato
dell’Ufficio finanziario con le argomentazioni che
udienza del giorno 11.12.2013 dal Consigliere Roberta
l’accertamento sintetico aveva la natura di presunzione
relativa e che il contribuente, sul quale gravava il
relativo onere, non aveva provato nè l’errore
dell’Ufficio a procedere alle riprese fiscali né le
fonti di reddito dalle quali erano scaturite gli
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso,
eccependo l’inammissibilità del ricorso e, nel merito,
contestandone la fondatezza.
Motivi della decisione.
1)In via preliminare va dichiarata la inammissibilità
del ricorso per non essere stato lo stesso notificato
alla controparte secondo le modalità previste e
disciplinate dall’art. 369 c.p.c. ma solo consegnato a
mano direttamente dal ricorrente stesso. Si legge,
infatti, in atto allegato al ricorso, che lo stesso è
stato consegnato in data 11/11/2008 all’Ufficio Entrate
di Piedimonte Matese.
Tanto rende il ricorso inammissibile in virtù de
principi enucleati dalla giurisprudenza costante di
questa Corte che ha affermato (Cass. n.12982/2007 e da
recente n.1384/2011) che “In tema di contenzioso
tributario, la possibilità, concessa al ricorrente ed
all’appellante dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546,
artt. 20, 22 e 53, di proporre il ricorso anche
effettuati investimenti.
mediante la consegna diretta o la spedizione a mezzo
posta, non si estende al ricorso per cassazione, la cui
notificazione deve pertanto essere effettuata
esclusivamente nelle forme previste dal codice di
procedura civile, a pena d’inammissibilità, rilevabile
ricorso per cassazione avverso sentenze delle
Commissioni Tributarie è disciplinato esclusivamente
dal codice di procedura civile, pertanto non trova
applicazione a tale ricorso la possibilità di
notificare gli atti mediante consegna diretta
all’impiegato addetto all’ufficio tributario” Come già
affermato, (Cass. n.12982/2007) “trova applicazione il
principio (v.Cassazione, sentenze n.21726/2006; n.
15847/2006; n.3569/2005; n.3089/2005; n.17955/2004;
cfr., altresì, Cass. 26 settembre 2003 n. 14295 per
l’ordinario ricorso per Cassazione e ribadito per
l’impugnazione di cui alla L. 27 dicembre 2002, n. 289,
art. 16, con la decisione n. 3569 depositata il 22
febbraio 2005) secondo
cui
dalla constatazione
dell’inesistenza, nella sedes materiae od altrove, di
qualsivoglia disposizione peculiare sulle modalità di
proposizione del ricorso per Cassazione avverso una
sentenza della commissione tributaria regionale
discende
che
alla proposizione del
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ricorso per
d’ufficio”. Ed ancora (Cass. n. 3566 del 2005) che ” Il
cassazione debbono ritenersi applicabili esclusivamente
le disposizioni dettate dal codice di procedura civile
per presentare ricorso giurisdizionale innanzi a questa
Corte. Queste ultime, come noto, con l’art. 369 c.p.c.,
comma l, impongono al ricorrente di depositare il
termine di giorni venti dall’ultima notificazione alle
parti contro le quali è proposto”, con espressa
comminatoria di improcedibilità dell’atto.
Il tenore letterale delle norme ma, soprattutto,
la drasticità della sanzione processuale
(improcedibilità) comminata per il caso di inosservanza
dei termini impongono (cfr., Cass., 1^, 15 luglio 1980
n. 4536) una interpretazione delle stesse conforme al
rigore dell’effetto, per cui deve ritenersi ed
affermarsi che la notificazione del ricorso per
Cassazione costituisca un elemento indefettibile di
questa impugnazione.
D’altra parte deve ricordarsi che la notificazione
di un determinato atto processuale rappresenta lo
strumento predisposto dal legislatore per trasferire
quell’atto dalla sfera giuridica di un soggetto a
quella di un altro: in particolare, per gli atti
n
destinati al processo civile formati dalla parte (ad
esempio la citazione di cui all’art. 163 c.p.c.), la
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proprio ricorso per cassazione nella cancelleria “nel
notificazione segna il momento nel quale l’atto
comincia a produrre effetti giuridici per il
destinatario; la notificazione di un atto, infatti, fa
sorgere a carico del destinatario una serie di poteri,
diritti, oneri ed obblighi (sostanziali e/o
introduttivo di un giudizio (di primo o di ulteriore
grado), sorge a carico del destinatario l’obbligo di
sottostare (pari) alla decisione del giudice adito.
L’attività di notificazione, per l’interesse pubblico
connesso alla garanzia di raggiungimento delle sue
finalità, poi, quando non altrimenti disposto, deve
essere, di norma (avendo la L. 21 gennaio 1994, n. 53,
consentito, in presenza di particolari condizioni, la
notificazione ad opera del difensore munito di delega),
svolta (art. 137 c.p.c.) da un organo pubblico
(l’ufficiale giudiziario o l’aiutante) il quale deve
dar conto, con apposita relazione, del modo in cui
egli, seguendo le regole dettate dal codice di rito
civile
(o
quelle attinenti contenute in leggi
speciali), ha operato la trasmissione al destinatario
di un ben individuato atto processuale. La complessiva
attività costitutiva della notificazione svolta
dall’ufficiale giudiziario su specifica richiesta della
parte interessata, infatti, come risaputo, ha duplice
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processuali): in particolare, con la notifica dell’atto
valenza perché impone all’ufficiale procedente a) di
certificare la conformità dell’atto consegnato al
notificando
all’originale
richiedente
e
(b)
restituito
di
descrivere,
alla
parte
nell’apposita
relazione (c.d. relata di notifica), tutte le attività
sfera indicata dal legislatore, da questo considerata
come
idonea
a
conseguire
la
(certezza
della)
“conoscenza legale” dell’atto da parte del notificando:
il
passaggio
dell’atto
dall’una
all’altra
sfera
soggettiva, per le conseguenze che la legge vi
riconnette, è retto da precise regole, ritenute idonee
a raggiungere la (prova della) conoscibilità se non
della conoscenza effettiva sia dell’esistenza che del
contenuto preciso dell’atto notificato.
Nell’architettura
processual
civilistica
vigente,
pertanto, la notificazione rappresenta un elemento
costitutivo indefettibile perché l’atto produca gli
effetti che la legge riconnette alla sua notificazione
alla controparte per cui rettamente si insegna
l’assoluta irrilevanza della prova della conoscenza
dell’atto che il destinatario abbia avuto aliunde: la
notificazione (si dice), in tali ipotesi, non ammette
equipollenti.
La possibilità, concessa a ricorrente ed all’appellante
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svolte per portare l’atto da notificare nella specifica
dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 20, 22 e 53,
di proporre ricorso davanti al giudice tributario oltre
che mediante notifica anche con la consegna diretta o
con la spedizione a mezzo posta dal ricorso,
costituisce, quindi, una caratteristica propria del
ricorso per Cassazione (così Cass.n. 1384/2011 cit. e
Cass.22 febbraio 2005 n. 3566)”.
Dalla evidenziata natura della notificazione discende
da una parte che la
una duplice conseguenza:
costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate
priva di qualsivoglia efficacia sanante; dall’altra
che, essendo il ricorso per cassazione fuori dallo
schema legale, tale quindi da non originare un
contraddittorio, non trova applicazione il disposto
dell’art. 384 c.p.c., comma 3.
In ossequio al principio di soccombenza il ricorrente
va condannato alla refusione in favore dell’Agenzia
delle Entrate delle spese processuali liquidate come in
dispositivo sulla base dei parametri di cui al D.M.
n.140/2012.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna il ricorrente alla refusione in favore
dell’Agenzia delle Entrate delle spese processuali che
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processo tributario di merito non è applicabile al
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si liquidano in complessivi euro 800,00 oltre spese
prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del
giorno 11.12.2013.