Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31384 del 02/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 02/12/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 02/12/2019), n.31384

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28604/2015 proposto da:

B.L., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO

VITTORIO EMANUELE II N. 18, presso lo studio dell’avvocato MAURO

MONTINI, rappresentata e difesa dall’avvocato MARCO LOVO;

– ricorrente –

contro

FINANZA & FUTURO BANCA S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ANTONIO GRAMSCI 14, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO

HERNANDEZ, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MASSIMO GOFFREDO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 391/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 11/06/2015 r.g.n. 394/2014.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte di appello di Firenze, in accoglimento del ricorso proposto da Finanza & Futuro Banca s.p.a., in riforma della sentenza del Tribunale di Livorno, ha integralmente rigettato la domanda con la quale B.L. – promotore finanziario – aveva chiesto la condanna della Banca al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti ad atti e comportamenti tenuti dalla società e da suoi preposti in violazione degli artt. 1218 e 1749 c.c., ed al pagamento della somma di Euro 16.006,95 a titolo di contributo straordinario dovutole ai sensi del punto 1 del contratto del 9.5.2003.

2. Il giudice di secondo grado ha escluso che fosse addebitabile alla Banca o a suoi dipendenti una condotta pregiudizievole in danno della B.. Questa, collaboratrice autonoma, era tenuta ad attenersi alle direttive generali impartitele dalla preponente la quale aveva, nei confronti dei suoi agenti e dei promotori finanziari, un potere di coordinamento e di iniziativa sia con riguardo al loro aggiornamento professionale sia con riferimento alla promozione di nuovi prodotti. Ha quindi verificato che le sollecitazioni svolte e le pressioni effettuate nei confronti della B. rientravano in tale quadro di interazione e non erano mai trasmodate in condotte lesive, denigratorie o offensive. Ha ritenuto poi che le condotte tenute dai colleghi, tipiche di un ambiente lavorativo caratterizzato da un’ elevata competitività, si erano mantenute in un ambito di correttezza e risultavano assistite da buona fede. Per l’effetto ha escluso che fossero ravvisabili quei profili di illiceità che sono necessariamente presupposti all’accertamento dell’esistenza di un danno patrimoniale e/o non patrimoniale. Quanto alla domanda di condanna al pagamento del contributo straordinario annuale la Corte l’ha ritenuta infondata avendo accertato che nella specie non ne ricorrevano i presupposti previsti dal contratto (una raccolta netta superiore ad un milione di Euro).

3. Per la cassazione della sentenza propone ricorso B.L. affidato a cinque motivi ai quali resiste con controricorso la Finanza & Futuro Banca s.p.a..

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Con il primo motivo di ricorso è denunciata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1749 c.c. e degli artt. 112,113,115 e 116 c.p.c. e la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma, n. 4, in relazione alla motivazione meramente apparente e perplessa della sentenza.

Sostiene la ricorrente che era stato accertato in giudizio che la Banca si era impegnata a fornire le dotazioni strumentali necessarie per l’esercizio dell’attività presso la stessa sede già del Credit Suisse. Sottolinea che non era stata mai denunciata dalla banca in appello la violazione dell’art. 2722 c.c. e l’inammissibilità delle prove testimoniali escusse in primo grado con riguardo all’esistenza di patti contrari rispetto a quanto risultante dal contratto e che, pertanto, le emergenze istruttorie dovevano essere prese in esame dal giudice. Evidenzia al riguardo che la Corte di merito aveva trascurato di valorizzare le dichiarazioni dalle quali emergeva l’esistenza del patto ricordato dalla ricorrente salvo poi, illogicamente, ritenere confermata l’esistenza di un accordo in tal senso proprio sulla base delle medesime dichiarazioni.

5. Con il secondo motivo di ricorso, poi, la B. deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Ad avviso della ricorrente la Corte territoriale avrebbe trascurato di valutare l’incidenza dei ritardi nella fornitura degli strumenti di lavoro e nel mettere a disposizione i locali sull’espletamento dell’attività promozionale.

6. Le censure, che possono essere esaminate congiuntamente in quanto investono sotto vari profili la statuizione della Corte di merito che ha escluso l’esistenza di un obbligo per la Banca di apprestare i locali e di fornire dotazioni strumentali e della sua incidenza sull’attività della B., sono in parte inammissibili ed in parte infondate.

6.1. Osserva infatti il Collegio che il giudice di appello, in esito ad una ricostruzione delle emergenze istruttorie acquisite al giudizio, si è limitato a verificare da un canto che non era risultato provato che il preponente si fosse assunto l’obbligo di fornire all’agente locali attrezzature e dotazioni strumentali. Al contrario la Corte ha accertato che il contratto di agenzia sottoscritto tra le parti poneva a carico dell’agente le spese di apertura, organizzazione e conduzione della nuova agenzia. Correttamente, di conseguenza, ha ritenuto che l’acquiescenza prestata alle richieste, di cui è stata anche dimostrata una sollecita realizzazione, non poteva essere intesa come riconoscimento dell’esistenza dell’obbligo ma piuttosto come spontanea adesione ad una necessità prospettata, dalla quale però non poteva derivare alcuna responsabilità in relazione ai modi ed ai tempi di realizzazione.

6.2. Nella sostanza la Corte territoriale, senza incorrere nelle violazioni di legge denunciate, ha proceduto ad una ricostruzione dei fatti compatibile con le emergenze istruttorie e coerente con gli obblighi che la legge assegna alle parti nel rapporto di agenzia. Al preponente, infatti, l’art. 1749 c.c., impone di agire con lealtà e buona fede e di mettere a disposizione dell’agente la documentazione necessaria relativa ai beni e servizi trattati fornendo le informazioni necessarie per l’esecuzione del contratto, mentre è dell’agente, salvo diverso accordo che nella specie è stato ritenuto insussistente, l’organizzazione imprenditoriale della sua attività (cfr. Cass. 23/04/2009 n. 9696 con riguardo alla distinzione tra agenzia e lavoro subordinato).

7. Con il terzo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1742,1749,2049,1218 e 1228 c.c., in quanto erroneamente la Corte territoriale avrebbe fondato la sua decisione sull’errato presupposto della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra le parti laddove invece la ricorrente aveva fatto sempre riferimento con chiarezza proprio al contratto di agenzia ed insiste nel rammentare che dalla violazione dell’art. 1742 c.c. e segg., ben può derivare sia un danno patrimoniale che uno extrapatrimoniale.

8. La censura è infondata. Non coglie il senso della decisione la doglianza che attribuisce al giudice di appello una ricostruzione dei fatti che non corrisponde a quella prospettata. Va infatti rilevato che il ragionamento sulla base del quale il giudice di secondo grado fonda il rigetto della domanda della B. muove dal presupposto che anche nell’ambito del contratto di agenzia esistono in capo al preponente dei poteri di coordinamento e controllo dell’attività dell’agente che si possono concretizzare anche nella previsione di attività di aggiornamento e formazione. Inoltre la Corte territoriale, lungi dal ritenere che nell’ambito di un contratto di agenzia non si possano realizzare condotte dannose, ha in concreto accertato che i comportamenti addebitati al preponente a suoi collaboratori potessero essere considerati generatori dei danni lamentati. Si tratta, all’evidenza di una ricostruzione dei fatti e di una valutazione delle condotte che appartiene al giudice del merito e non può essere qui rivista.

9. Il quarto motivo di ricorso – con il quale la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e l’omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio, con violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, per avere la Corte trascurato di prendere in esame gli accertamenti peritali disposti dal giudice di primo grado dai quali era risultato confermato un quadro psicopatologico la cui insorgenza risaliva al periodo in contestazione ed aveva omesso di prendere in esame i fatti ulteriori che avevano aggravato il pregiudizio lamentato – è infondato atteso che, una volta esclusa l’esistenza di una condotta potenzialmente lesiva in capo alla società preponente restava assorbita ogni ulteriore indagine sui danni lamentati.

10. Il quinto e ultimo motivo di ricorso con il quale è denunciata la violazione degli artt. 112,113,115,116 c.p.c. e dell’art. 1362 c.c., oltre che l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, è inammissibile.

10.1. La ricorrente si duole del fatto che, con riguardo alla richiesta di condanna all’erogazione del contributo straordinario annuo, la Corte di merito non avrebbe tenuto conto del fatto che la banca aveva inizialmente ammesso la computabilità dei depositi presso Deutsche Bank s.p.a. e tardivamente, solo in appello (tardività puntualmente eccepita nella memoria di costituzione in appello) ne aveva contestato il calcolo. Deduce inoltre di avere altresì allegato che, computando il periodo di sei mesi, si sarebbe raggiunto il minimo richiesto per l’erogazione del compenso.

10.2. Tuttavia la censura non riproduce, come avrebbe dovuto per poterne verificare in concreto la decisività, il contenuto degli atti di cui assume essere stato trascurato l’esame ed in particolare delle difese e delle eccezioni formulate in primo grado ed in appello.Come è noto nel ricorso per cassazione è essenziale il requisito, prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 3, dell’esposizione sommaria dei fatti sostanziali e processuali della vicenda, da effettuarsi necessariamente in modo sintetico, con la conseguenza che la relativa mancanza determina l’inammissibilità del ricorso, essendo la suddetta esposizione funzionale alla comprensione dei motivi nonchè alla verifica dell’ammissibilità, pertinenza e fondatezza delle censure proposte (Cass. 24/04/2018 n. 10072). I requisiti di contenuto-forma previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, devono essere assolti con il ricorso ed il ricorrente deve specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, e trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza.(cfr. Cass. 13/11/2018 n. 29093).

11. In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 4000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2019

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