Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31381 del 05/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 05/12/2018, (ud. 19/07/2018, dep. 05/12/2018), n.31381

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5957-2018 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliata in ROMA via delle MILIZIE 34,

presso lo studio dell’avvocato CARUSO LUCIANO, rappresentata e

difesa dall’avvocato PAPALE ORAZIO giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

R.A., R.N.;

– intimati-

avverso l’ordinanza n. 21568/2017 della CORTE DI CASSAZIONE

depositata il 18/9/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/07/2018 dal Consigliere Dott. CRISCUOLO MAURO.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

R.A. e R.N., all’esito della divisione svoltasi davanti al Tribunale di Caltagirone, e conclusasi con la sottoscrizione tra le parti del verbale di conciliazione n. 4/2010, si rivolgevano al giudice dell’esecuzione dello stesso Tribunale, al fine di dare attuazione agli obblighi di fare previsti nell’accordo, e assumevano la mancata spontanea esecuzione ad opera dei condividenti. Il giudice con ordinanza 9/4/2013 disponeva che l’esecuzione dovesse avvenire in conformità delle conclusioni del CTU.

Avverso tale ordinanza proponeva appello F.A. che veniva rigettato dalla Corte d’Appello di Catania, con sentenza n. 1385/2015.

F.A. proponeva ricorso per cassazione sulla base di tre motivi di ricorso, mentre R.A. e R.N. resistevano con controricorso, e proponevano ricorso incidentale col quale eccepivano la inammissibilità dell’appello – questione sollevata già in sede di appello e non considerata stante la sua proposizione tardiva. Il tenore di tale doglianza, che risultava fondata, travolgeva l’intero ricorso principale il quale risultava pertanto inammissibile, come conseguenza dell’inammissibilità dell’appello.

La Corte, con sentenza n. 21568/2017, cassava senza rinvio e condannava la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di appello e di cassazione in favore dei ricorrenti incidentali, liquidando per il giudizio di appello in complessivi Euro 3.777,00 per compensi, e per quello di cassazione in complessivi Euro 3.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% sui compensi e accessori come per legge.

F.A. adisce nuovamente questa Corte con ricorso per correzione di errore materiale ex art. 391 bis c.p.c., sostenendo che con l’impugnata sentenza questa Corte ha disposto la condanna della ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di appello, in complessivi Euro 3.700,00 e che tale condanna era già stata disposta in grado d’appello, nonchè già regolarmente pagata. Chiede perciò l’eliminazione dal dispositivo della condanna del procedimento d’appello.

Il ricorso è destituito di fondamento.

Come già ricordato p il giudizio dinnanzi a questa Corte si è concluso con l’accoglimento del ricorso incidentale e la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata, ragion per cui si applica la previsione di cui all’art. 385 c.p.c., comma 2, in base al quale in caso di cassazione senza rinvio la Corte provvede sulle spese di tutti i precedenti giudizi, liquidandole essa stessa o rimettendone la liquidazione al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata. Questo in ragione del fatto che la cassazione senza rinvio sulle statuizioni relative ai capi principali della sentenza comporta la caducazione anche di quelli accessori sulle spese di lite – che dai primi dipendono – e che pertanto comportano la necessità di provvedere, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 2, in ordine alle spese processuali delle fasi precedenti (Cass. n. 15123/2014). In particolare il giudizio di secondo grado non poteva essere celebrato in ragione dell’inammissibilità dell’appello e ciò ha reso conseguentemente inammissibile anche il ricorso per cassazione, implicando che le spese di giudizio di appello e di legittimità seguissero il principio della soccombenza e dovessero essere quindi liquidate. L’eventuale pagamento già sostenuto delle spese processuali del grado di appello, peraltro situazione ignota in sede di ricorso, non può incidere sulla statuizione in tema di spese che si adotta ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 2, ma semmai avrà rilevanza in sede di esecuzione, nel senso che il debitore, qualora gli venga richiesto il pagamento di una somma superiore rispetto a quanto ancora dovuto, potrà eccepire il pagamento già avvenuto.

Il ricorso deve essere dunque respinto.

Nulla a disporre quanto alle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Si dà atto che essendo il procedimento esente dal versamento del contributo unificato, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 19 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2018

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