Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3138 del 11/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 11/02/2020, (ud. 12/09/2019, dep. 11/02/2020), n.3138

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA.

sul ricorso 9079-2018 proposto da:

D.M.A., F.P., F.S., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA GIUSEPPE AVEZZANA 6, presso lo studio

dell’avvocato LINA CAROLA TRINCIA, rappresentati e difesi

dall’avvocato LUIGI DE DONA;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI CERVINARA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 467/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 02/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ENZO

VINCENTI.

Fatto

RITENUTO

che, con ricorso affidato a due motivi, F.P., D.M.A. e F.S., hanno impugnato la sentenza della Corte di appello di Napoli, resa pubblica il 2 febbraio 2017, che ne respingeva il gravame principale e accoglieva quello incidentale del Comune di Cervinara avverso la sentenza del Tribunale di Napoli, condannando, così, gli appellanti principali al pagamento anche delle spese di lite del giudizio di primo grado e confermando per il resto la sentenza di primo grado, che aveva respinto la loro domanda di risarcimento danni a seguito dell’incidente occorso, il 16 agosto 2006, a F.S., allora minorenne, allorquando, salendo su un palco allestito dal predetto Comune per uno spettacolo pubblico, inciampava per effetto della sconnessione del piano di calpestio e cadeva al suolo provocandosi la frattura scomposta dell’avambraccio sinistro;

che la Corte di appello di Napoli, per quanto in questa sede rileva, segnatamente osservava: 1) la responsabilità del fatto era ascrivibile non al dinamismo intrinseco della cosa, ma al comportamento altamente imprudente del minore, tale da costituire fattore esclusivo causale idoneo ad interrompere la relazione eziologica tra l’evento dannoso e la res, 2) era da escludersi anche la responsabilità ex art. 2043 c.c. in capo all’Ente comunale per essere il fatto dannoso determinato “da cause estrinseche ed estemporanee create dallo stesso danneggiato, non conoscibili nè eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero da una situazione che imponesse di qualificare come fortuito il fattore di pericolo”;

che non ha svolto alcuna attività difensiva in questa sede l’intimato Comune di Cervinara;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale i ricorrenti hanno depositato memoria;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

a) con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 2051,2056,1227,2697 c.c., per aver erroneamente la Corte territoriale, travisando le risultanze istruttorie relative alle condizioni potenzialmente dannose in cui versava la struttura, ascritto la responsabilità del fatto dannoso anzichè al dinamismo intrinseco della res, all’esclusiva colpa del minore, avendo, lo stesso, tenuto una condotta altamente imprudente da interrompere il nesso eziologico tra l’evento dannoso e la cosa in custodia;

b) con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 2043,1227 e 2697 c.c., per aver erroneamente il giudice di gravame escluso la sussistenza di una responsabilità aquiliana nei confronti del Comune di Cervinara, nonostante il comportamento colposo di quest’ultima per non aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno al minore ed avendo, quest’ultimo, assolto l’onere probatorio dell’anomalia del bene;

a1.-b.1) i motivi, che possono essere congiuntamente scrutinati per la loro connessione, sono in parte manifestamente infondati e in parte inammissibili.

E’ principio consolidato in tema di responsabilità civile extracontrattuale, sia ai sensi dell’art. 2043 c.c., che ai sensi dell’art. 2051 c.c., che “quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere oggettivamente prevista e superata attraverso l’adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze (secondo uno standard di comportamento correlato, dunque, al caso concreto), tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del suo comportamento imprudente (in quanto oggettivamente deviato rispetto alla regola di condotta doverosa cui conformarsi) nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benchè astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo il criterio probabilistico di regolarità causale. L’accertamento delle anzidette circostanze materiali, rilevanti ai fini della verifica di sussistenza del nesso causale tra fatto ed evento dannoso, costituisce quaestio facti riservata esclusivamente all’apprezzamento del giudice di merito” (tra le altre, Cass. n. 2480/2018 per l’art. 2051 c.c.; Cass. n. 2483/2018 per l’art. 2043 c.c.).

Tale è stato l’accertamento del giudice del merito, il quale, indipendentemente della pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della res o della condotta dell’ente tenuto alla manutenzione della stessa cosa (palco), ha ritenuto che la condotta del minore (come tale idonea a costituire fatto colposo ai sensi dell’art. 1227 c.c. e, finanche, a recidere il nesso causale), qualificata altamente imprudente, è stata, da sola, idonea ad interrompere il nesso eziologico tra la res e l’evento dannoso o, comunque, ad integrare il caso fortuito anche ai sensi dell’art. 2043 c.c..

Posto, dunque, che sono manifestamente infondate le doglianze in iure (predicando, anzi, la violazione delle norme di diritto solo all’esito di una rivalutazione delle quaestiones facti), per il resto i ricorrenti incentrano le critiche proprio sulla quaestio facti, senza peraltro dedurre effettivamente un vizio di omesso esame di fatto, storico-naturalistico, decisivo ai sensi del vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (in base all’insegnamento di Cass., S.U., n. 8053/2014), nonchè insistendo sul travisamento delle prove (con relativa contraddittorietà della motivazione) e mancando di individuare specificamente i fatti che la Corte territoriale non avrebbe esaminato (peraltro, richiamando circostanze fatte oggetto di esame, come la situazione della res).

La memoria di parte ricorrente, là dove non inammissibile per non essere soltanto illustrativa della originarie ragioni di censura, non fornisce argomenti tali da scalfire i rilievi che precedono, insistendo, come in ricorso, su una asserita violazione delle norme di diritto (ma senza prendere specifica posizione sui precedenti già indicati nella proposta ex art. 380 bis c.p.c. e innanzi ribaditi) soltanto all’esito di una rivalutazione delle quaestiones facti.

Il ricorso va, dunque, rigettato, senza che occorra provvedere alla regolamentazione delle spese processuali, in assenza di attività difensiva della parte intimata.

PQM

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-3 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2020

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