Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31376 del 02/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 02/12/2019, (ud. 19/09/2019, dep. 02/12/2019), n.31376

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14099/2014 proposto da:

S.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GUIDO ALFANI

29, presso lo studio dell’avvocato GIANMARCO PANETTA, rappresentato

e difeso dall’avvocato ITALO STAJANO;

– ricorrente –

contro

REGIONE CAMPANIA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POLI 29 REG CAMPANIA, presso

lo studio dell’avvocato ANNA CARBONE, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4490/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 26/07/2014 R.G.N. 5838/2009.

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’Appello di Napoli con sentenza del 12 giugno – 26 luglio 2013 numero 4490 confermava, con diversa motivazione, la sentenza del Tribunale di Benevento, che aveva respinto la domanda proposta da S.P. (e da altri litisconsorti) – dipendente del ruolo ad esaurimento della Regione Campania, assunto ai sensi della L. 28 ottobre 1986, n. 730 e della L.R. 24 febbraio 1990, n. 8 – per l’accertamento del proprio diritto all’inquadramento nella settima qualifica funzionale (poi categoria D1) dalla data di immissione in ruolo.

La Corte territoriale esponeva che la domanda era stata proposta sulla base dei provvedimenti adottati dalla Giunta Regionale Campania per l’inquadramento dei dipendenti nel ruolo ad esaurimento e non in ragione dell’esercizio di mansioni superiori, come erroneamente ritenuto dal giudice del primo grado; era dunque fondato il primo motivo di appello.

La domanda non era comunque meritevole di accoglimento.

La Delib. Giunta Regionale Campania 28 dicembre 1998, n. 9123, sulla quale la parte fondava il proprio diritto, aveva individuato con portata generale i criteri di inquadramento per il personale proveniente dal Commissariato di governo e dalle altre strutture indicate nella L. 28 ottobre 1986. n. 730, art. 12.

Essa disponeva di re-inquadrare il personale, immesso nel ruolo ad esaurimento della giunta regionale Campania ai sensi della L.R. 24 febbraio 1990, n. 8, nella qualifica funzionale corrispondente alle mansioni già conferite con il precedente rapporto di convenzione ovvero attribuite con successivi formali provvedimenti del Commissario straordinario di governo (osservando le procedure di cui alla L.R. n. 4 del 1990).

La Delib., non determinava il diritto ad un inquadramento automatico ma rimetteva ad atti successivi la individuazione degli specifici criteri di inquadramento.

Le tre ulteriori delibere richiamate neppure erano utili, perchè riguardavano l’inquadramento di singoli dipendenti.

Non era fondato l’ulteriore motivo di appello, con il quale si invocavano i principi di correttezza, buona fede e parità di trattamento, in quanto l’obbligo di garantire ai dipendenti parità di trattamento, di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, comma 2, operava soltanto nell’ambito del sistema di inquadramento previsto dalla contrattazione collettiva.

Infine, non poteva essere accolto il motivo di gravame relativo al risarcimento del danno per perdita di chances, perchè gli atti amministrativi invocati non supportavano il diritto azionato e per mancanza di prova della probabilità concreta di assegnazione delle posizioni di cui all’art. 9 CCNL Regioni ed Enti Locali.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza S.P., articolato in cinque motivi, cui ha opposto difese con controricorso la REGIONE CAMPANIA.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo la parte ricorrente ha denunziato violazione dell’art. 360, n. 3, per macroscopica contraddittorietà tra la motivazione ed il dispositivo, in quanto la Corte territoriale, pur avendo riconosciuto la fondatezza del primo motivo di gravame (osservando che – diversamente da quanto affermato dal giudice di primo grado – la domanda non era basata sull’esercizio di mansioni superiori), aveva tuttavia confermato la sentenza appellata.

Il motivo è infondato.

Non sussiste, invero, il denunciato contrasto tra la motivazione ed il dispositivo della sentenza impugnata.

La Corte territoriale ha evidenziato l’errore di interpretazione della domanda commesso dal giudice del primo grado e, stante l’effetto devolutivo dell’appello, ha proceduto ad un nuovo esame della pretesa azionata, correttamente intesa, pervenendo al suo rigetto. Il che ha determinato la conferma della pronuncia del Tribunale, seppure con diversa motivazione.

La critica mossa dalla parte ricorrente non tiene conto della natura del giudizio di appello, che ha congiuntamente e cumulativamente ad oggetto non solo la impugnazione della sentenza gravata ma anche il merito della controversia, nella parte investita dai motivi di impugnazione.

Con il secondo motivo si assume – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione della Delib. Giunta Regionale Campania 28 dicembre 1998, n. 9123 e dei criteri di re-inquadramento con essa definiti.

Si censura la sentenza per avere affermato che la predetta Delib. non aveva portata generale.

Il ricorrente ha dedotto che la Delib. – che faceva seguito alla ordinanza del Ministero per il coordinamento della Protezione civile numero 839/1986 ed alle ordinanze 900/1987, 982/1987 e 1672/1989, integrative della prima esponeva che l’applicazione delle qualifiche funzionali previste per i dipendenti civili dello Stato (L. n. 312 del 1980) determinava una disparità di trattamento per il personale convenzionato immesso nei ruoli speciali ad esaurimento rispetto ai dipendenti in organico, a parità di funzioni svolte; stabiliva, pertanto, che la collocazione nei ruoli speciali avvenisse nelle qualifiche previste dal regolamento dell’ente che aveva istituito il ruolo speciale, sulla base: delle mansioni conferite con la convenzione; del titolo di studio posseduto alla data di scadenza del termine per produrre l’istanza di partecipazione al relativo concorso riservato.

Il suddetto metodo di inquadramento era applicabile a tutto il personale assunto ai sensi della L. n. 730 del 1986, come ritenuto sia dall’ufficio legale del Ministro per il coordinamento della Protezione civile che dal Ministero del Tesoro- Ragioneria generale dello Stato.

Le Delibere successive davano semplicemente atto, all’esito della istruttoria, del possesso dei requisiti alla data dell’ultimo giorno utile per la presentazione della domanda di partecipazione al concorso; egli era in possesso dei requisiti richiesti, come illustrato nelle difese, avendo pertanto diritto all’inquadramento nella settima qualifica funzionale con decorrenza giuridica dalla data di immissione nel ruolo speciale.

Il motivo è inammissibile.

Giova premettere che la L. 28 ottobre 1986, n. 730 (recante disposizioni in materia di calamità naturali) ha previsto, all’art. 12 comma 1, l’immissione in ruoli speciali ad esaurimento, nelle pubbliche amministrazioni beneficiarie di fondi speciali per fronteggiare le calamità naturali dalla stessa norma indicate, di “personale convenzionato” con le medesime pubbliche amministrazioni, previo concorso riservato.

Il successivo comma 6, ha delegato ad ordinanze del Ministro per il coordinamento della protezione civile la determinazione di criteri e modalità di applicazione della disposizione.

In esecuzione di tale previsione sono state emanate le ordinanze ministeriali indicate in ricorso (24 novembre 1986 n. 839/FPC e 22 marzo 1989 n. 1672/FPC).

Per la Regione CAMPANIA il ruolo ad esaurimento del personale destinatario delle disposizioni della L. n. 730 del 1986, art. 12, è stato istituito presso la Giunta regionale con L.R. 6 febbraio 1990, n. 4, il cui art. 2, comma 2, dispone che l’inquadramento del personale nel ruolo avvenga con successivi atti amministrativi.

La L.R. 24 febbraio 1990, n. 8, rilevante in causa, ha poi disposto che nel medesimo ruolo speciale ad esaurimento – e con le medesime modalità e procedure – fosse inquadrato anche il personale convenzionato sino alla data di cessazione dei poteri commissariali da parte del Presidente della Giunta Regionale, provvedendo alla conseguente integrazione della dotazione organica del ruolo speciale.

Tanto premesso, è decisivo il rilievo che la Delib. Giunta Regionale 28 dicembre 1998, n. 9123, sulla quale parte ricorrente fonda il proprio diritto, non ha carattere di norma di diritto ma costituisce un atto amministrativo generale.

Questa Corte a Sezioni Unite, quale giudice della giurisdizione (Cass. SU 20/10/2010, n. 21492), ha già qualificato come atto amministrativo a carattere generale di tipo organizzativo – ex D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2 – la Delib. con cui l’Amministrazione regionale della Campania stabiliva di correggere gli originari inquadramenti del personale di cui alla L. n. 730 del 1986 (nella fattispecie ivi esaminata si trattava della Delib. 18 marzo 1997, n. 1905, che rimuoveva il limite della settima qualifica come massimo livello di inquadramento e disponeva il re-inquadramento dei dipendenti tenendo conto delle mansioni espletate alla data dell’1 giugno 1990).

Dalla qualificazione della Delib. Giunta Regionale Campania n. 9123 del 1998, come atto amministrativo generale discende, infatti, la inammissibilità della censura in esame.

Dinanzi a questa Corte può essere dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – il vizio di violazione diretta soltanto rispetto a norme di diritto nonchè a contratti ed accordi collettivi nazionali di lavoro.

Rispetto ad atti amministrativi la denuncia dell’errore di interpretazione commesso dal giudice del merito deve essere veicolata in termini di violazione dei criteri legali di ermeneutica ovvero di vizio della motivazione.

Il ricorso non si presta ad essere riqualificato in tali termini.

La parte ricorrente avrebbe dovuto trascrivere il contenuto della Delib., ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, provvedere alla sua localizzazione o produzione in questa sede, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., n. 4, indicare i criteri ermeneutici violati ovvero il fatto decisivo non esaminato, oneri che non sono stati assolti.

Con il terzo motivo si assume: violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione ad un punto decisivo della controversia; violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 112 c.p.c.; violazione dell’art. 360. n. 5, in relazione alla L.R. n. 1 del 2007, art. 19.

Si denuncia l’omesso esame del motivo di appello concernente la violazione della L.R. n. 1 del 2007, art. 19.

Si espone che la revisione dell’inquadramento era stata chiesta anche ai sensi del predetto art. 19, comma 2, che (in applicazione del D.Lgs. 20 settembre 1999, n. 354, art. 3) disponeva il riconoscimento ai fini giuridici, per il personale assunto ai sensi della L.R. n. 4 del 1990, L.R. n. 8 del 1990 e L.R. n. 1 del 1991, del periodo di lavoro prestato antecedentemente all’immissione nei ruoli speciali regionali.

Il motivo è inammissibile.

Ed, invero, anche in caso di denunzia del vizio di omessa pronuncia il potere di questa Corte di accesso diretto agli atti ai fini della verifica del fatto processuale resta condizionato al previo assolvimento dell’onere della parte ricorrente di indicare in quali forme ed attraverso quali atti la domanda non esaminata sarebbe stata proposta in causa. Nemmeno in quest’ipotesi viene meno, in altri termini, l’onere per la parte di rispettare il requisito della specificità dei motivi d’impugnazione sicchè l’esame diretto degli atti che la Corte è chiamata a compiere è pur sempre circoscritto a quegli atti ed a quei documenti che la parte abbia specificamente indicato ed allegato (Cass. SU. 22/05/2012, n. 8077).

La parte ricorrente non ha adempiuto all’onere di specificare la domanda che sarebbe stata proposta in causa per il riconoscimento del servizio pre-ruolo ai fini giuridici giacchè si limita a riportare il testo normativo, aggiungendo di avere chiesto più volte il proprio re-inquadramento ai sensi della L.R. n. 1 del 2007, art. 19, “con atti stragiudiziali e con il tentativo di conciliazione”.

La denuncia del vizio di motivazione appare, invece, inconferente ai contenuti della censura.

Con il quarto motivo il ricorrente ha dedotto: violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al principio della correttezza, buona fede, imparzialità e parità di trattamento.

Ha assunto che la pretesa azionata trovava fondamento anche nel diritto del prestatore di lavoro ad essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro o corrispondenti alla qualifica superiore conseguita nonchè nell’obbligo della pubblica amministrazione di garantire ai propri dipendenti parità di trattamento, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, comma 2.

Il motivo è infondato.

Le norme di cui il ricorrente assume la violazione non possono determinare il suo diritto all’inquadramento nella qualifica superiore, stante il divieto nel pubblico impiego privatizzato di progressioni automatiche in base all’esercizio di mansioni superiori e la applicabilità del principio di parità di trattamento contrattuale soltanto al fine di impedire la applicazione ai dipendenti di trattamenti migliorativi ad personam (o peggiorativi) rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi.

Con il quinto motivo si deduce violazione dell’art. 360, n. 3, in relazione al rigetto della domanda di risarcimento del danno per perdita di chances, censurando la sentenza per avere escluso la esistenza di un danno in re ipsa.

Il motivo è inammissibile. Esso coglie soltanto una delle ragioni del rigetto della domanda risarcitoria, fondato, in primo luogo, sulla assenza del diritto all’inquadramento superiore.

Tale ratio, divenuta definitiva a seguito del rigetto delle precedenti ragioni di impugnazione, è ex se idonea a sorreggere la decisione, con conseguente difetto di interesse di parte ricorrente all’esame della censura.

Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.

Non vi è luogo a refusione delle spese poichè la Regione CAMPANIA non ha prodotto l’avviso di ricevimento attestante il perfezionamento della notifica del controricorso, avvenuta ai sensi dell’art. 149 c.p.c..

Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater) – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2019

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