Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31373 del 02/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 02/12/2019, (ud. 11/09/2019, dep. 02/12/2019), n.31373

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21101/2017 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO, VINCENZO STUMPO;

– ricorrente –

contro

F.A., F.M., S.P.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 653/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 29/06/2017 r.g.n. 22/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/09/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ Stefano, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato ANTONIETTA CORFETTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 29 giugno 2017, la Corte d’Appello di L’Aquila, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Sulmona, accoglieva la domanda proposta da F.A. ed altri litisconsorti, quali eredi di F.L., nei confronti dell’INPS, e riteneva insussistente il diritto dell’INPS alla ripetizione dei ratei dell’assegno ordinario di invalidità erogati dal 1 ottobre 2003 al 31 luglio 2005, per avere nel medesimo periodo il dante causa percepito anche il trattamento di mobilità, senza effettuare l’opzione per l’uno o l’altro trattamento.

2. La Corte territoriale, ricondotta l’erogazione della doppia prestazione ad un errore imputabile all’Istituto – consistito nella mancata valutazione di dati ad esso noti o comunque disponibili, verificabili e controllabili attraverso programmi informatici – e ravvisata la buona fede del percettore delle due prestazioni, ha ritenuto applicabile la L. n. 88 del 1989, art. 52, secondo cui in caso di errore di qualsiasi natura in sede di attribuzione, erogazione o riliquidazione della prestazione, non si fa luogo al recupero delle somme corrisposte, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato.

3. Ricorre l’INPS, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, ulteriormente illustrato con memoria; gli intimati non hanno svolto alcuna difesa.

4. La sesta sezione della Corte, con ordinanza n. 497 del 2019, ha rimesso il ricorso alla sezione ordinaria sollecitando un intervento nomofilattico.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Con l’unico motivo, l’Istituto ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.L. n. 148 del 1993, art. 6, comma 7, conv. con modif. in L. n. 236 del 1993 e art. 2033 c.c., nonchè del combinato disposto della L. n. 88 del 1989, art. 52 e L. n. 412 del 1991, art. 13, lamenta la non conformità a diritto della pronunzia resa dalla Corte territoriale e assume che la norma applicata, la citata L. n. 88 del 1989, art. 52, si riferisca esclusivamente a prestazioni pensionistiche in tutto o in parte non dovute o a trattamenti di famiglia, imponendosi, pertanto, nella specie, vertente in tema di pagamenti effettuati senza titolo (indennità di mobilità indebitamente percepita) il riferimento alla ordinaria disciplina codicistica dell’indebito oggettivo.

6. Il ricorso è da accogliere.

7. Giova premettere che l’iniziativa dell’ente previdenziale volta al recupero della somma di Euro 21.700 ha avuto per oggetto, così meglio tratteggiando la fattispecie agli effetti della disciplina applicabile per la ripetibilità, i ratei dell’indennità di mobilità riscossi dal titolare dell’assegno ordinario di invalidità, nel periodo dal 1 ottobre 2003 al 31 luglio 2005, epoca in cui esercitò l’opzione in favore dell’assegno ordinario di invalidità.

8. E’ in riferimento al trattamento previdenziale di mobilità indebitamente goduto dall’assicurato che occorre, dunque, verificare la corretta o falsa applicazione del disposto della L. n. 88 del 1989, art. 52.

9. Il trattamento di mobilità è di certo trattamento previdenziale ma non pensionistico, con connotazione di tipica prestazione di sicurezza sociale volta al sostegno economico di chi si trova in stato di bisogno (v., fra le altre, Cass. n. 3824 del 2011; Cass. n. 27674 del 2011 e i precedenti ivi citati) e tanto basterebbe per escludere la fattispecie all’esame della Corte dall’alveo di applicabilità della L. n. 88 del 1989, citato art. 52, volto a disciplinare esclusivamente una indebita erogazione in relazione ad un rapporto pensionistico.

10. Peraltro, alla possibilità di adottare un’interpretazione analogica della citata disposizione introdotta dal legislatore del 1989 osta la consolidata giurisprudenza di legittimità nel senso del carattere eccezionale delle disposizioni sull’indebito, non suscettibili di interpretazione analogica ed applicazione a qualunque prestazione previdenziale (v., fra le altre, Cass. n. 28517 del 2008; Cass. n. 3824 del 2011).

11. Corroborano ulteriormente la non praticabilità di un’interpretazione analogica sia la necessità di evitare antinomie nel sistema sia la coerenza sistematica, non potendo trascurarsi la consolidata giurisprudenza che ha affermato l’inapplicabilità, per via analogica, della L. n. 88 del 1989, citato art. 52, alle prestazioni assistenziali indebite (v., fra le altre, Cass. nn. 15550 e 15719 del 2019, Cass. nn. 28771 e 5059 del 2018) e l’applicabilità della disciplina generale dell’art. 2033 c.c., proprio in forza della specialità dei principi vigenti nel distinto sottosistema della previdenza sociale (v, per tutte, Cass. n. 21510 del 2018).

12. Non si rinvengono, pertanto, argomenti pregnanti per rimettere in discussione il perimetro di applicabilità delle disposizioni speciali sull’indebito pensionistico.

13. Inoltre, la pretesa dell’Inps, di integrale ripetizione integrale delle somme indebitamente pagate, potrebbe, al più, incontrare solo i limiti fissati dall’art. 2033 c.c., nel caso di buona fede dell’accipiens, con decorrenza degli interessi dal giorno della domanda di ripetizione, e non da quello del pagamento (v., fra le altre, Cass. n. 3824 del 2011 cit., in tema di indebita percezione dell’indennità di mobilità).

14. La sentenza impugnata che non si è attenuta agli esposti principi va, pertanto, cassata e, per essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va rinviata alla Corte d’appello di Ancona che provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Ancona.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2019

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