Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31369 del 02/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 02/12/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 02/12/2019), n.31369

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23452-2018 proposto da:

S.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

LUCIANO ASARO;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ GATTI SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 395/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 03/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 24/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIA

ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO

Che:

la Corte d’appello di Palermo, in riforma della sentenza del giudice di primo grado, rigettò la domanda proposta da S.P. nei confronti di Gatti s.r.l. per il pagamento di differenze retributive, lavoro straordinario e festivo e residuo t.f.r., ritenendo che la prova testimoniale resa non fosse idonea a dimostrare l’espletamento di lavoro in eccedenza rispetto a quanto risultante dalle buste paga;

avverso la sentenza propone ricorso per cassazione Santannera sulla base di due motivi;

Gatti s.r.l. è rimasta intimata;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 – 4 – 5, violazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 416,115,116 c.p.c., erronea interpretazione delle risultanze istruttorie e vizio di motivazione;

con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4, 5, per violazione dell’art. 92 c.p.c., anche alla luce della dichiarazione di illegittimità costituzionale e del D.M. 10 marzo 2014, art. 5, oltre a insufficienza e contraddittorietà della motivazione, osservando che vi erano quanto meno i presupposti per addivenire a una compensazione integrale delle spese;

il primo motivo è inammissibile poichè propone, sub specie violazione di legge, una lettura delle risultanze processuali alternativa rispetto a quella del giudice del merito, in tal modo prospettando una nuova valutazione del merito della controversia (Cass. n. 6519 del 06/03/2019 (Cass. n. 8758 del 04/04/2017), mentre, quanto al rilevato vizio motivazionale, la censura non è conforme, già nella formulazione, alla previsione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 novellato (Cass. n. 8053 del 07/04/2014), nè è ravvisabile il dedotto vizio di radicale mancanza di motivazione (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016), essendo l’iter motivazionale sufficientemente comprensibile;

secondo motivo infondato poichè le spese sono state regolate secondo soccombenza e non è sindacabile la scelta del giudice di non procedere a compensazione (cfr. Cass. n. 2730 del 23/02/2012: “In tema di spese processuali, solo la compensazione dev’essere sorretta da motivazione, e non già l’applicazione della regola della soccombenza cui il giudice si sia uniformato, atteso che il vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ove ipotizzato, sarebbe relativo a circostanze discrezionalmente valutabili e, perciò, non costituenti punti decisivi idonei a determinare una decisione diversa da quella assunta”);

in base alle svolte argomentazioni il ricorso va dichiarato inammissibile, senza provvedimento alcuno in ordine alle spese, in difetto di svolgimento di attività difensiva ad opera di parte convenuta.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2019

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