Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31367 del 02/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 02/12/2019, (ud. 27/06/2019, dep. 02/12/2019), n.31367

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6964-2018 proposto da:

COMUNE DI CORTEOLONA E GENZONE (PAVIA), in persona del Sindaco in

carica pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA

5, presso lo studio dell’avvocato GUIDO FRANCESCO ROMANI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAURIZIO FOGAGNOLO;

– ricorrente –

DHL SUPPLY CHAIN (ITALY) SPA, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA SALLUSTIO 9,

presso lo studio dell’avvocato LORENZO SPALLINA, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato SERGIO SOTTOCASA BIANI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 5084/19/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO, depositata il 05/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 27/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

La società DHL Supply Chain s.p.a. impugnava innanzi alla CTP di Pavia l’avviso di accertamento con il quale il Comune di Corteolona e Genzone aveva ripreso a tassazione il tributo TARSU per l’anno 2013 in riferimento al compendio immobiliare costituito da tre magazzini, estesi mq. 21.169, insistenti in una più amia superficie di mq. 122.031, deducendo che le aree non erano assoggettabili a tributo in quanto destinate in via esclusiva alla produzione di rifiuti speciali non assimilabili, con conseguente esenzione da TARSU ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62.

La CTP rigettava il ricorso con sentenza riformata in appello dalla CTR Lombardia. La CTR, con la sentenza indicata in epigrafe, premesso che la società contribuente non aveva ampliato il tema del decidere in fase di gravame, essendosi limitata ad indicare una circostanza di fatto ed allegando ritualmente nuovi documenti in appello, riteneva infondata l’eccezione relativa al difetto di motivazione dell’atto proposta dalla DHL, avendo il comune indicato gli elementi di fatto e di diritto utili a consentire l’individuazione della pretesa e le ragioni della stessa indicate.

Nel merito, il giudice di appello rilevava che ai fini della decisione assumeva rilievo la produzione di imballaggi terziari – non assoggettati all’assimilazione con i rifiuti solidi urbani da parte della società contribuente, comprovata dal fatto, pacifico, che la stessa operasse nel campo del trasporto merci su scala industriale, avendo come controparti non consumatori finali ma operatori industriali. Da ciò, secondo la CTR, doveva ritenersi che la suddetta società utilizzava forme di imballaggio e stoccaggio nei propri centri logistici. Aggiungeva che erano stati prodotti elementi documentali sul tipo di attività svolta e che la società aveva dato incarico ad un perito di redigere una perizia giurata avente ad oggetto l’identificazione della tipologia di rifiuti prodotti nel sito di Corteolona in aree diverse da quelle pacificamente soggette a TARSU, avendo peraltro essa dimostrato di provvedere allo smaltimento in proprio dei rifiuti speciali prodotti nelle aree destinate all’attività industriale.

Aggiungeva, ancora, la CTR che era ininfluente la distinzione, operata dal comune, fra aree destinate al carico-scarico e aree dei magazzini di stoccaggio, in quanto tutte le aree utilizzate dalla DHL riguardavano attività “in definitiva dirette e funzionali al trasporto di merce”.

Il Comune di Corteolona ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, al quale ha resistito la DHL Supply Chain spa con controricorso e ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo. La contro ricorrente ha depositato memoria. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2 e art. 58, rilevando che la società contribuente aveva introdotto, per la prima volta in grado di appello, la questione relativa all’estensione del magazzino C) che sarebbe risultata dai sopralluoghi ed incontri intercorsi tra la Logistica Italia srl ed il comune, producendo documentazione peraltro irrilevante.

La censura è inammissibile, non avendo la ricorrente alcun interesse al suo esame, una volta che la CTR non ha fondato la decisione sull’eccezione espressa dalla società contribuente, avendo accolto l’appello in relazione alla ritenuta produzione in via esclusiva di imballaggi terziari.

Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3 e art. 70. Secondo il ricorrente la CTR, in violazione dei principi più volte espressi da questa Corte, avrebbe annullato la pretesa relativa alla TARSU dallo stesso richiesta senza considerare che dagli stessi elementi addotti dalla DHL era emerso che la stessa non produceva unicamente imballaggi terziari e che la stessa non aveva fornito la prova che nelle aree interessate fossero stati prodotti in via esclusiva imballaggi del tipo anzidetto.

Con il terzo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, La CTR avrebbe tralasciato di esaminare la circostanze documentali attestanti l’esistenza, all’interno dei magazzini della società contribuente, di aree destinate allo stoccaggio della merce e di aree libere.

Le due censure meritano un esame congiunto. Entrambe sono ammissibili in rito, individuando gli errori in diritto nei quali sarebbe incorso il giudice di appello e l’omesso esame dei fatti decisivi per il giudizio e sono entrambe fondate.

Giova ricordare che un’ormai consolidata elaborazione giurisprudenziale in tema di imballaggi, ai fini della tassabilità delle aree ove essi sono prodotti ai fini Tarsu, ha ormai messo in luce i seguenti principi:

a) gli imballaggi si distinguono in primari (quelli costituiti da “un’unità di vendita per l’utente finale o per il consumatore”), secondari o multipli (quelli costituiti dal “raggruppamento di un certo numero di unità di vendita”) e terziari (quelli concepiti “in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli”);

b) “I produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi generati dal consumo dei propri prodotti”: oltre ai vari obblighi in tema di raccolta, riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti di imballaggio, sono a carico dei produttori e degli utilizzatori i costi per la raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari, la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti di imballaggio, lo smaltimento dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari” (art. 38);

c) “dal 1 gennaio 1998 è vietato immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi terziari di qualsiasi natura. Dalla stessa data eventuali imballaggi secondari non restituiti all’utilizzatore dal commerciante al dettaglio possono essere conferiti al servizio pubblico solo in raccolta differenziata, ove la stessa sia stata attivata (art. 43, comma 2)” – Cass. n. 4793 del 2016-;

d) “I rifiuti da imballaggi terziari nonchè quelli da imballaggi secondari, ove non sia attivata la raccolta differenziata, non possono essere assimilati dai comuni ai rifiuti urbani, nell’esercizio del potere ad essi restituito dal decreto Ronchi, art. 21 e dalla successiva abrogazione della L. n. 146 del 1994, art. 39, sicchè i regolamenti che una tale assimilazione avessero previsto andrebbero perciò disapplicati in parte qua dal giudice tributario. Ciò non comporta, però, che tali categorie di rifiuti siano, di per sè, esenti dalla TARSU, ma che ad esse si applica la disciplina stabilita per i rifiuti speciali, che è quella dettata dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, il quale rapporta la tassa alle superfici dei locali occupati o detenuti, stabilendo, nell’ovvio presupposto che in un locale od area in cui si producano rifiuti speciali si formano, anche, di norma, rifiuti ordinari, l’esclusione dalla tassa della sola parte di superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano solo rifiuti speciali” (Cass. n. 5377 del 2012; Cass. n. 4793 del 2016);

e) “Incombe alla impresa contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza ed alla delimitazione delle aree che, per il detto motivo, non concorrano alla quantificazione della complessiva superficie imponibile; infatti, pur operando anche nella materia in esame, per quanto riguarda il presupposto della occupazione di aree nel territorio comunale, il principio secondo il quale l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria spetta all’amministrazione, per quanto attiene alla quantificazione della tassa è posto a carico dell’interessato (oltre all’obbligo della denuncia, D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 70) un onere di informazione, al fine di ottenere l’esclusione di alcune aree dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale” (Cass. n. 4766 del 2004; Cass. n. 17703 del 2004; Cass. n. 13086 del 2006; Cass. n. 17599 del 2009; Cass. n. 775 del 2011).” (Cass. n. 5377 del 2012).

f) “per i rifiuti prodotti dalla parte contribuente non assimilabili, nè assimilati a quelli urbani non è applicabile il D.P.R. n. 158 del 1999, art. 7, il quale prevede la riduzione dall’imposta nel caso in cui i rifiuti speciali assimilati a quelli urbani vengano avviati al recupero direttamente dal produttore, purchè il servizio sia istituito e sussista la possibilità di utilizzazione” – Cass. n. 15831/2018 -;

g) i rifiuti ricadenti nella categoria degli imballaggi c.d. terziari non sono, di per sè, esenti dalla TARSU, ad essi applicandosi la disciplina stabilita per i rifiuti speciali, che è quella dettata dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, il quale rapporta la tassa alle superfici dei locali occupati o detenuti, stabilendo, nell’ovvio presupposto che in un locale od area in cui si producono rifiuti speciali si formano anche, di norma, rifiuti ordinali (come certamente nella fattispecie, trattandosi di un centro commerciale comprendente locali di varia destinazione), l’esclusione dalla tassa della sola parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano esclusivamente i rifiuti speciali. Incombe, inoltre, all’impresa contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza ed alla delimitazione delle aree che, per il detto motivo, non concorrono alla quantificazione della complessiva superficie imponibile, atteso che pur operando anche nella materia in esame – per quanto riguarda il presupposto della occupazione di aree nel territorio comunale – il principio secondo il quale l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria spetta all’amministrazione, per quanto attiene alla quantificazione della tassa è posto a carico dell’interessato (oltre all’obbligo della denuncia, D.Lgs. n. 507 del 1993, ex art. 70) un onere di informazione, al fine di ottenere l’esclusione di alcune aree dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (cfr. Cass. n. 8909/2018, Cass. n. 4766/2004, n. 17703/2004, n. 13086/2006, n. 17599/2009, n. 775/2011).

Orbene, la sentenza impugnata è giunta alla conclusione che la società contribuente producesse unicamente imballaggi terziari sulla base del materiale probatorio indicato in motivazione, sicchè la censura esposta dal comune tende, in definitiva, ad ottenere una nuova valutazione del materiale probatorio anzidetto che non è, invece, consentita a questa Corte.

Inoltre, il ricorrente deduce che la società contribuente avrebbe omesso di presentare la denunzia di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 70, che non era mai stata posta in discussione nel corso del giudizio di merito, per quanto risulta dal ricorso per cassazione e dalla sentenza impugnata e che, d’altro canto, non trova conferma nella stessa ricostruzione fattuale operata dal comune ricorrente, ove si fa riferimento alla individuazione delle aree che, secondo la società contribuente, non sarebbero state soggette al tributo Tarsu.

La sentenza impugnata è per converso carente, nella parte in cui essa ha totalmente obliterato il tema della riconducibilità in via esclusiva delle aree oggetto di accertamento (coincidenti con i tre magazzini) alla produzione di imballaggi terziari.

In altri termini, il giudice di appello avrebbe dovuto verificare se la società contribuente, oltre a dimostrare la produzione di imballaggi terziari, avesse anche assolto l’onere di comprovare che l’intera superficie dei magazzini era destinata, in tutto o in parte, alla produzione esclusiva di imballaggi terziari o di imballaggi secondari, per i quali ultimi non poteva valere / l’esenzione totale, essendo incontroverso che il Comune di Corteolona abbia assimilato ai rifiuti urbani quelli da imballaggi secondari, attivando la raccolta differenziata ed in tal modo elidendo l’esenzione, invece operativa per gli imballaggi terziari.

Accertamento e valutazione che, per converso, è totalmente mancata da parte della CTR anche alla luce della stessa documentazione richiamata dal comune a pagg. 29 e 30 del ricorso che non risulta essere stata esaminata dalla CTR e che avrebbe avuto, per converso, valenza decisiva al fine di verificare l’esistenza e produzione di imballaggi anche secondari, in quanto dalla stessa si assume risulterebbe che una parte delle aree non sarebbe destinata all’imballaggio ma al solo stoccaggio della merce e che la stessa, secondo la società contribuente, non sarebbe produttiva di rifiuti in quanto libera e pulita. Circostanze, queste ultime che, ove effettivamente riscontrate, potrebbero indurre ad escludere l’esenzione delle superfici eventualmente interessate dal pagamento della TARSU e che, d’altra parte, avrebbero imposto alla società contribuente uno specifico onere di prova contraria che la CTR non ha in alcun modo considerato.

Tanto consente di superare le ulteriori prospettazioni difensive esposte dalla società controricorrente in memoria.

Anzi, proprio nella prospettiva ora esposta si coglie, altresì, l’errore nel quale è incorsa la CTR nell’assimilare le aree adibite al carico e scarico della merce con quelle destinate allo stoccaggio, ritenendole tutte funzionali al trasporto della merce, in tal modo giungendo ad un’estensione dell’esenzione che sembra giustificabile, non soltanto per l’impossibilità di applicare un regime agevolativo oltre i casi previsti dalla legge, ma ancor prima per avere ritenuto che la produzione del rifiuto coincidente con l’imballaggio terziario potesse estendersi ad aree diverse da quelle nelle quali il rifiuto stesso era stato prodotto, parimenti utilizzate dalla società contribuente per altre finalità.

In questa direzione, del resto, depone inequivocabilmente il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, a cui tenore “Nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti. Ai fini della determinazione della predetta superficie non tassabile il comune può individuare nel regolamento categorie di attività produttive di rifiuti speciali tossici o nocivi alle quali applicare una percentuale di riduzione rispetto alla intera superficie su cui l’attività viene svolta.”

Il quarto motivo, con il quale si deduce la violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 59, comma 4 e art. 62, è assorbito dall’accoglimento del secondo e del terzo motivo.

Passando all’unico motivo di ricorso incidentale condizionato proposto dalla società DHL, lo stesso prospetta la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e della L. n. 241 del 1990, art. 3. La CTR avrebbe giustificato la correttezza della motivazione dell’atto impugnato in relazione alle difese espresse dalla contribuente, con ciò violando i principi espressi da questa Corte – Cass. n. 21564/2013 -.

La censura è inammissibile, non riproducendo il contenuto dell’atto impugnato nè, d’altra parte, considerando la ratio della decisione impugnata, correlata alla ritenuta sussistenza degli elementi di fatto e di diritto idonei a sorreggere l’atto impugnato.

In conclusione, in accoglimento del secondo e del terzo motivo del ricorso principale, inammissibile il primo e assorbito il quarto, e ritenuto inammissibile il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Lombardia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis, se dovuto.

P.Q.M.

Accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso principale, inammissibile il primo e assorbito il quarto.

Dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis, se dovuto.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Lombardia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2019

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