Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31362 del 04/12/2018
Cassazione civile sez. VI, 04/12/2018, (ud. 20/11/2018, dep. 04/12/2018), n.31362
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 728-2018 proposto da:
M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIUSEPPE
MAZZINI 123, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MAIORANA che lo
rappresenta e difende;
(Ammesso P.S.S. Delib. 28 dicembre 2018 ord. Avv. Perugia).
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 353/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,
depositata il 18/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 20/11/2018 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA
NAZZICONE.
Fatto
RILEVATO
– che è proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia del 18 maggio 2017, che ha respinto l’impugnazione avverso l’ordinanza del Tribunale della stessa città, a sua volta del ricorso avverso il diniego di riconoscimento della protezione internazionale da parte della commissione territoriale competente;
– che non svolge difese il Ministero intimato;
– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c..
Diritto
CONSIDERATO
– che il primo motivo è inammissibile, in quanto esso rivolge critiche alla sentenza del giudice di primo grado, non impugnata in questa sede, e ripropone altresì un giudizio di fatto;
– che il secondo motivo – il quale lamenta la “mancata concessione della protezione sussidiaria cui il ricorrente aveva diritto ex lege in ragione delle attuali condizioni socio politiche del paese di origine” – è inammissibile, in quanto neppure indica la violazione di legge proposta alla verifica di questa Corte, mentre il corpo del motivo ripropone il giudizio sul fatto, concludendosi addirittura con l’affermazione secondo cui la “pronuncia di inammissibilità” del motivo di appello (di cui non è traccia nella sentenza impugnata) ne avrebbe comportato il mancato esame: a conferma della circostanza processuale secondo cui il ricorrente sta sottoponendo a critica un provvedimento diverso da quello della predetta sentenza d’appello, donde l’inammissibilità delle censure;
– che il terzo motivo il quale deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19, perchè la corte del merito ha negato l’esistenza dei presupposti per il permesso umanitario – è inammissibile, perchè (oltre al fatto che la rubrica è riferita alla mancata concessione del permesso umanitario, mentre il corpo del motivo è redatto con riferimento alla protezione sussidiaria), ripropone il giudizio sul fatto, dopo un generico richiamo a norme inconferenti;
– che il quarto motivo censura genericamente la “violazione del principio di non refoulement”, con riguardo sia alla protezione sussidiaria che umanitaria, per non avere la corte del merito esaminato la situazione personale del ricorrente, di origine senegalese e religione musulmana, fuggito dal suo paese dopo avere accompagnato ad abortire una ragazza minorenne cristiana, con conseguente timore di patire la sanzione di cento bastonate: ma, al riguardo, la sentenza impugnata ha ritenuto senz’altro non credibili le dichiarazioni del ricorrente, attese le profonde contraddizioni (per tutte, come afferma la corte territoriale, l’avere egli affermato la liceità dell’aborto ospedaliero nel suo paese, laddove esso è gravemente punito), ed ha escluso altresì l’esistenza di trattamenti o pene inumane, nonchè la condizione di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato interno o internazionale, rilevando come neppure sia stata dedotta alcuna situazione speciale di vulnerabilità;
– che il corpo del motivo richiama il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1, contenente il divieto di refoulement, affermando che il ricorrente in patria correrebbe “gravi pericoli”: ma anche tale parte del motivo è inammissibile perchè il ricorrente, lungi dal formulare specifiche censure in diritto nei confronti dell’ordinanza impugnata, pone la questione del divieto in discorso negli stessi termini in cui si porrebbe davanti a un giudice di merito, ossia presupponendo che vengano in questa sede svolti anche gli accertamenti dei fatti rilevanti;
– che, in definitiva, il motivo è affatto genericamente posto e contiene una pura critica di merito, onde si palesa inammissibile;
– che non occorre provvedere sulle spese.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 novembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2018