Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31350 del 04/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 04/12/2018, (ud. 25/10/2018, dep. 04/12/2018), n.31350

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16572-2017 proposto da:

B.G., M.R., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA APPIA NUOVA 439, presso lo studio dell’avvocato ACHILLE

RAINONE, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GABRIELE FORCELLA;

– ricorrenti –

contro

ENTE STRUMENTALE ALLA CROCE ROSSA ITALIANA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 410/2016 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 07/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/10/2018 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA

GHINOY.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Brescia, giudicando in sede di rinvio da questa Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 25680 del 2016, aveva affermato la sussistenza del diritto al compenso incentivante anche per i dipendenti della Croce Rossa Italiana a tempo determinato, che era stata esclusa dal giudice a quo, determinava quanto a tale titolo dovuto a B.G. e M.R., per il periodo indicato da ciascuno in ricorso e nei limiti della prescrizione quinquennale, in una somma pari al compenso riconosciuto dalla stessa Croce Rossa Italiana ai lavoratori a tempo determinato nell’anno 2011, con riferimento all’inquadramento posseduto e ad un orario di lavoro a tempo pieno, oltre interessi legali dal dovuto al saldo.

2. Per la cassazione della sentenza B.G. e M.R. hanno proposto ricorso, affidato ad un unico motivo.

3. L’Ente Strumentale alla Croce Rossa Italiana non ha spiegato attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. in via preliminare deve darsi atto che il ricorso per cassazione è stato inizialmente redatto in formato analogico e notificato a mezzo posta ex L. n. 53 del 1994 all’ Ente Strumentale alla Croce Rossa Italiana presso I’ Avvocatura distrettuale dello Stato di Brescia, difensore in grado d’appello. Questa Corte, rilevata la nullità della notifica, in applicazione del principio affermato da Cass. n. 608 del 15/01/2015 ne ha disposto d’ufficio la rinnovazione all’Avvocatura generale dello Stato ex art. 291 c.p.c..

2. Il ricorso è stato dunque nuovamente notificato in data 3.5.2018 per via telematica all’Avvocatura generale dello Stato, ma la prova fornita non è completa, perchè la parte ha depositato la ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna nella casella di destinazione previste dal D.P.R. n. 68 del 2005, art. 6, comma 2, senza l’attestazione della loro conformità ai documenti informatici da cui sono tratti.

Tale omissione è stata segnalata con la proposta del relatore, notificata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ma il ricorrente non vi ha posto rimedio.

3. Come chiarito da Cass. n. 16496 del 22/06/2018, la fattispecie è disciplinata dalla L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 9,comma 1 ter, introdotto con il D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, a tenore del quale: “In tutti i casi in cui l’avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, procede ai sensi del comma 1-bis”. A sua volta il comma 1 bis (introdotto con L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 19, n. 2) recita: “Qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell’atto notificato a norma dell’art. 3-bis, l’avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 23, comma 1”. Da ultimo, il richiamato D.Lgs n. 82 del 2005, art. 23, comma 1, ha previsto che: “Le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”. Nel caso, è lo stesso avvocato ad avere al riguardo la qualità di pubblico ufficiale, per quanto previsto dalla richiamata L. 53 del 1994, art. 6, (nel testo aggiornato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 19, n. 2), a tenore del quale l’avvocato o il procuratore legale quando compila le attestazioni di cui all’art. 9 è considerato pubblico ufficiale ad ogni effetto.

4. All’esito dell’excursus normativo sopra sintetizzato, può dunque affermarsi che la L. n. 53 del 1994, art. 9, comma 1 ter, prevede che la prova documentale della notifica telematica comprenda l’attestazione, effettuata dal difensore, della conformità della copia cartacea prodotta all’atto originale; con la conseguenza che ove tale attestazione di conformità manchi, non è raggiunta la prova dell’avvenuta notifica telematica. Del resto, nella notifica “tradizionale” la Corte ha più volte stabilito che non è idonea a fornire prova del compimento del procedimento notificatorio la produzione di documenti privi delle caratteristiche formali prescritte (Cass., n. 25285 del 28/11/2014; Cass. n. 19387 del 08/11/2012; Cass. n. 4242 del 07/04/1992).

5. Inoltre, nella fattispecie di causa, in cui la parte destinataria della notifica è rimasta intimata, neppure viene in rilievo ai fini della prova della notifica la previsione del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 23, comma 2, a tenore del quale: “Le copie e gli estratti su supporto analogico del documento informatico, conformi alle vigenti regole tecniche, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale se la loro conformità non è espressamente disconosciuta…”

6. Deve dunque dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per mancanza di prova della sua notifica, in coerenza con i principi affermati in plurimi arresti da questa Corte (Cass. n. 18758 del 28/07/2017, n. 16496 del 22/06/2018, n. 19078 del 18/07/2018).

7. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva della parte intimata.

8. Sussistono invece i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, considerato che l’insorgenza di detto obbligo non è collegata alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. da ultimo ex multis Cass. ord. 16/02/2017 n. 4159).

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2018

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