Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3135 del 11/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 11/02/2020, (ud. 12/09/2019, dep. 11/02/2020), n.3135

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7578-2018 proposto da:

ALBA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO AMERINI;

– ricorrente –

contro

ALLEANZA ASSICURAZIONI SPA, in persona del Procuratore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SILLA 7, presso lo studio

dell’avvocato MANUELA OLIVIERI, rappresentata e difesa dall’avvocato

ALFERO AGAZZONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 370/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 04/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ENZO

VINCENTI.

Fatto

RITENUTO

che, con ricorso affidato a tre motivi, la Al.Ba. s.r.l. ha impugnato la sentenza della Corte d’appello di Firenze, resa pubblica il 4 agosto 2017, che ne rigettava il gravarne avverso la decisione del Tribunale di Grosseto, il quale, a sua volta, aveva condannato la convenuta Alleanza Assicurazioni S.p.A., conduttrice dell’immobile locato dall’anzidetta attrice, al pagamento della somma di Euro 29.768,48 a titolo risarcitorio per l’occupazione abusiva dal 6 novembre 2010 all’8 marzo 2012, nonchè al pagamento della prestazione accessoria pari ad Euro 1.5000, respingendo, altresì, la domanda risarcitoria per l’ulteriore periodo di occupazione dell’immobile fino all’aprile 2014, in ragione della validità dell’offerta di restituzione e dell’ingiustificato rifiuto della locatrice;

che la Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, osservava che: 1) in base alla lettera dell’8 marzo 2012 della conduttrice, sussistevano una seria, concreta ed effettiva offerta non formale ex art. 1220 c.c. di restituzione dell’immobile, essendo consentito alla controparte di redigere un verbale di consistenza, con precisazione di tutti gli eventuali rilievi, tale da assicurare tutela ai suoi diritti; 2) il rifiuto dell’offerta da parte della locatrice non era legittimo, in quanto era di entità modesta la prestazione accessoria (tinteggiatura degli infissi) cui si subordinava la liberazione, senza che fosse “mai stata delineata una possibilità di mera riconsegna delle chiavi, svincolata dall’esecuzione… dei lavori che ancora si ritenevano dovuti”;

che resiste con controricorso l’Alleanza Assicurazioni S.p.A.;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale parte ricorrente ha depositato memoria;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

a) con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per aver la Corte territoriale omesso di valutare, in relazione ai requisiti dell’offerta informale secondo gli usi e in mora del conduttore, la mancata consegna e/o offerta delle chiavi dell’immobile da parte del conduttore, avvenuta, tra l’altro, solo in data. 4 aprile 2014;

a.1.) il motivo (che difetta, peraltro, del rispetto di quanto prescrive l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in punto di localizzazione degli atti e documenti su cui esso si fonda) è manifestamente infondato, giacchè, contrariamente da quanto sostenuto dal ricorrente, il giudice di gravame non ha omesso di esaminare la mancata offerta delle chiavi dell’immobile, bensì, tenuto conto della corrispondenza intercorsa tra le parti contrattuale, ha considerato detta circostanza, ritenendo però che il rilascio dell’immobile non dipendesse, per volontà della locatrice, dalla mera riconsegna delle chiavi, ma dall’esecuzione ad opera della conduttrice dei lavori ancora dovuti.

b) Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione delle regole di diritto e dei principi che governano la cessazione degli effetti della mora del debitore nel caso previsto dall’art. 1591 c.c.Art. 1220 c.c., art. 1322 e art. 1372 c.c. ed art. 1362 c.c. in relazione alla interpretazione del significato letterale del testo dell’accordo affidato alla scrittura del 1 dicembre 2011”.

Il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui, rilevando che “non è mai stata delineata una possibilità di mera riconsegna delle chiavi” svincolata dall’esecuzione dei lavori ancora dovuti, sembrerebbe addebitare al creditore le conseguenze della mora nella riconsegna dell’immobile, subordinando la necessità della consegna delle chiavi ai fini dell’effettività dell’offerta non formale alla sollecitazione del creditore.

Ancora, rileva l’erroneità in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa per aver, sulla base della regola convenzionale stabilita nell’accordo del 1 dicembre 2011, ritenuto l’idoneità dell’offerta anche se il conduttore nulla proponeva e nulla pagava a fronte della protratta occupazione sine titolo, nè tanto meno offriva la riconsegna delle chiavi;

b.1.) Il motivo è in parte manifestamente infondato e in parte inammissibile.

In tema di riconsegna dell’immobile locato, mentre l’adozione della complessa procedura di cui all’art. 1216 c.c., e all’art. 1209 c.c., comma 2, rappresenta l’unico mezzo per la costituzione in mora del creditore e per provocarne i relativi effetti (art. 1207 c.c.), l’adozione da parte del conduttore di altre modalità aventi valore di offerta reale non formale (art. 1220 c.c.), purchè serie, concrete e tempestive e semprechè non sussista un legittimo motivo di rifiuto da parte del locatore, pur non essendo sufficiente a costituire in mora il locatore, è tuttavia idonea ad evitare la mora del conduttore nell’obbligo di adempiere la prestazione, anche ai fini dell’art. 1591 c.c.; la valutazione circa l’idoneità di tale offerta è rimessa al giudice di merito e non è sindacabile in questa sede in presenza di congrua ed adeguata motivazione (tra le altre, Cass. n. 18496/2007, Cass. n. 1337/2011, Cass. n. 21004/2012, Cass. n. 15433/2013, Cass. n. 8672/2017).

In coerenza con il ricordato principio la Corte territoriale, valutando la corrispondenza intercorsa tra le parti, ha osservato che: 1) con la “dichiarazione – accettazione” del 1/12/2011 le parti concordavano il rilascio dei locali a fronte dell’esecuzione dei lavori di ripristino, nonchè dietro il pagamento dei canoni residui fino all’effettivo rilascio dei locali stessi; 2) la locatrice non si era presentata all’incontro stabilito dalla conduttrice, mediante lettera del 24/02/2012, per la riconsegna dell’immobile; 3) con lettera del 8/03/2012 parte conduttrice dichiarava 12 propria disponibilità alla riconsegna dell’immobile con possibilità di redigere un verbale di consistenza con gli eventuali rilievi; 4) in data 26/03/2012 la proprietaria rifiutava la riconsegna mancando ancora l’esecuzione di alcuni lavori concordati, nonchè rifiutava il corrispettivo offerto dall’Alleanza Ass.ni in quanto limitato al mese di febbraio; 5) con missiva del 29/05/2012 la proprietaria invitava, ulteriormente, controparte a completare i lavori o a pagare una somma forfettizzata al fine di provvedere direttamente lei al ripristino, subordinando alla riconsegna delle chiavi la formalizzazione dei canoni dovuti per l’occupazione dell’immobile.

Il giudice di appello ha, quindi, ritenuto che mai la locatrice aveva subordinato la riconsegna del locale alla mera restituzione delle chiavi ma, come anche emergeva dalla “dichiarazione-accettazione” del 2011, al fine dell’accettazione della riconsegna dell’immobile era richiesta l’esecuzione di lavori di ripristino e, una volta completati, si sarebbe operato un conteggio dei canoni dovuti per l’occupazione dell’immobile.

Pertanto, la Corte territoriale, ravvisando nell’esecuzione dei lavori di ripristino e non in altro, la condizione a cui veniva subordinata l’accettazione del rilascio dell’immobile, ha reputato seria, concreta ed effettiva l’offerta proposta da parte conduttrice con la missiva del 8/03/2012, nella quale, oltre a rendersi disponibile per la fissazione di un ulteriore appuntamento ai fini del rilascio del locale – avendo la proprietaria disertato quello precedente -, proponeva la possibilità della redazione di un verbale di contestazione ove potevano essere inseriti tutti i rilievi che parte locatrice riteneva opportuno, risultando, così, tutelati i diritti di quest’ultima e reputando, illegittimo il suo rifiuto.

Ne consegue che le restanti critiche di parte ricorrente (che difettano, peraltro, del rispetto di quanto prescrive l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in punto di localizzazione degli atti e documenti su cui esse si fondano), impingendo sugli esiti dell’interpretazione del giudice di merito degli atti negozialmente rilevanti (Cass. n. 2465/2015) e sull’apprezzamento della quaestio facti riservato esclusivamente a detto giudice, si palesano inammissibili.

c) Con il terzo mezzo è prospettata congiuntamente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, nullità della sentenza e del procedimento per violazione del giudicato interno in relazione all’accertamento della doverosità della prestazione accessoria e alla rilevanza dell’inadempimento non sanato alla data del fatto, nonchè per aver omesso di valutare la rilevanza economica dell’inadempimento della obbligazione principale, non sanata alla data dell’offerta informale, focalizzandosi, invece, sulla sola prestazione accessoria;

c.1.) Il motivo è inammissibile, in quanto le veicolate censure (che difettano, peraltro, del rispetto di quanto prescrive l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in punto di localizzazione degli atti e documenti su cui esse si fondano) non colgono la rado decidendi della sentenza impugnata.

Quanto alla pretesa violazione del giudicato interno, la Corte territoriale non solo non ha posto in discussione il capo della decisione di primo grado che condannava l’Alleanza Ass.ni S.p.A. al pagamento della somma di Euro 1.500,00 per la tinteggiatura degli infissi, ma, soprattutto, neppure ha escluso che la prestazione accessoria fosse stata inadempiuta dalla conduttrice, ridondando nella valutazione ad esso giudice riservata l’apprezzamento di siffatto inadempimento ai fini della (il)legittimità del rifiuto dell’offerta informale di restituzione dell’immobile.

Quanto poi all’ulteriore doglianza concernente l’obbligazione principale, ossia il versamento della somma corrispondente ai canoni dovuti aggiornati alla data della riconsegna dell’immobile, il giudice di appello (come già rilevato nel motivo precedente), lungi dall’omettere l’esame della anzidetta circostanza fattuale, ha accertato che la locatrice aveva ancorato l’accettazione del rilascio dell’immobile all’esecuzione dei lavori concordati e solo al verificarsi di tale condizione avrebbe accettato la restituzione dell’immobile, con conseguente conteggio dei canoni maturati, là dove il mancato pagamento dei canoni non era mai stato opposto come inadempimento a giustificazione del rifiuto.

La memoria di parte ricorrente, là dove non inammissibile per non essere soltanto illustrativa della originarie ragioni di censura, non fornisce argomenti tali da scalfire i rilievi che precedono.

Il ricorso va, quindi, rigettato e la parte ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-3 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2020

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