Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31335 del 04/12/2018

Cassazione civile sez. lav., 04/12/2018, (ud. 03/10/2018, dep. 04/12/2018), n.31335

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10644-2016 proposto da:

K.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE MILIZIE 76,

presso lo studio dell’avvocato RITA FERA, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIANLUIGI BARONE, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI RAGIONIERI E

PERITI COMMERCIALI, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI n.

44/46, presso lo studio degli avvocati MATTIA PERSIANI, GIOVANNI

BERETTA, che la rappresentano e difendono, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 304/2015 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 26/10/2015 R.G.N. 117/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/10/2018 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato GIANNICOLA PERRONE per delega verbale Avvocato

GIANLUIGI BARONE;

udito l’Avvocato GIOVANNI BERETTA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con la sentenza n. 304/2015 la Corte d’Appello di Trieste accoglieva l’appello proposto dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali (CNRP) contro la sentenza che aveva accolto la domanda del rag. K.B. intesa ad ottenere la liquidazione della propria pensione di anzianità, di cui era titolare dall’1 maggio 2010, tenuto conto del principio del pro-rata, secondo i criteri previgenti alle Delib. 22 giugno 2002, Delib. 7 giugno 2003, Delib. 20 dicembre 2003 che avevano introdotto condizioni peggiorative nella liquidazione dei trattamenti; con condanna della Cassa al pagamento delle differenze sulle mensilità percepite.

A fondamento della pronuncia, la Corte richiamava la giurisprudenza di legittimità in materia e sosteneva che dopo l’entrata in vigore della riforma pensionistica del 1995 e fino al 1 gennaio 2007 il parametro di validità delle delibere della CNRP era costituito dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 12; in seguito, invece, la L. n. 296 del 2006, art. 1,comma 763 come interpretato dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488 nel sostituire il concetto del pro rata di cui all’originario art. 3, comma 12 con un concetto similare, ma meno rigido, aveva introdotto una disposizione innovativa; la nuova formulazione dell’art. 3, comma 12 prevedeva che le Casse privatizzate come la CNRP nell’esercizio del loro potere regolamentare fossero tenute non più al rispetto del principio del pro rata, secondo la vecchia formulazione, ma a tenere presente il principio del pro rata, nonchè i criteri di gradualità e di equità fra generazioni secondo la nuova formulazione; pertanto, il legislatore del 2006 aveva inteso rendere flessibile il criterio del pro rata ponendolo in bilanciamento con i criteri di gradualità ed equità.

Alla stregua di tali principi, poichè nel caso in esame l’assicurato aveva maturato il diritto a pensione a decorrere dal 1 maggio 2010, andava ritenuto del tutto legittimo, secondo la Corte di merito, il regime pensionistico applicato dalla CNRP.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione K.B. articolato su tre motivi; ai quali ha resistito la CNRP con controricorso. Le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo il ricorrente deduce l’illegittimità costituzionale della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763 e della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488 ove interpretati nel senso di avere legificato ogni qualsivoglia regolamento emanato, sino al 31/12/2006, da ogni ente di cui al D.Lgs. n. 509 del 1994 e di cui al D.Lgs. n. 103 del 1996 e sulla conseguente erronea applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12 da parte dell’impugnata pronuncia.

2.- Con il secondo motivo il ricorso denuncia il contrasto della normativa regolamentare richiamata in ricorso (artt. 50 e 53 del regolamento di esecuzione, siccome introdotti dalla deliberazione del 20 dicembre 2003 del Comitato dei Delegati) con la L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12 come modificato dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763 nonchè il mancato rispetto dei criteri di gradualità, del pro rata e della necessità in dipendenza delle risultanze di un bilancio tecnico redatto secondo criteri determinati con decreto del Ministro del lavoro della previdenza sociale di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le associazioni e le fondazioni interessate, sulla base delle indicazioni elaborate dal Consiglio nazionale degli attuari nonchè dalla commissione di vigilanza sui fondi pensione.

3.- Con il terzo motivo si deduce l’illegittimità delle norme regolamentari controverse per contrasto con la L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12 nel testo vigente prima dell’entrata in vigore della L. n. 296 del 2006 che, con l’art. 1, comma 763 ha innovato ma solo per il futuro i criteri di esercizio dell’autonomia regolamentare da parte degli enti previdenziali privatizzati.

4.- I tre motivi di ricorso possono esaminarsi congiuntamente per connessione, in quanto pongono questioni di interpretazione delle leggi che delineano l’intero quadro normativo che disciplina la materia dei trattamenti pensionistici erogati dalla CNRP.

A fondamento della decisione debbono richiamarsi i seguenti principi, consolidati all’interno della giurisprudenza di questa Corte ed enunciati dalle Sezioni unite con le sentenze n. 18136/2015 e n. 17742/2015 a composizione di un contrasto giurisprudenziale insorto nell’ambito della Sezione ordinaria.

A. Nel regime dettato dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 1, comma 12 (di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), prima delle modifiche apportare dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), art. 1, comma 763, alla disposizione della Legge di riforma, art. 3, comma 12 e quindi con riferimento alle prestazioni pensionistiche maturate prima del 10 gennaio 2007, la garanzia costituita dal principio c.d. del pro rata – il cui rispetto è prescritto per gli enti previdenziali privatizzati ex D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, quale è la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali, nei provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico, in termini peggiorativi per gli assicurati, in modo che siano salvaguardate le anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti – ha carattere generale e trova applicazione anche in riferimento alle modifiche in peius dei criteri di calcolo della quota retributiva della pensione e non già unicamente con riguardo alla salvaguardia, ratione temporis, del criterio retributivo rispetto al criterio contributivo introdotto dalla normativa regolamentare degli enti suddetti. Pertanto con riferimento alle modifiche regolamentari adottate dalla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali (Delib. 22 giugno 2002, Delib. 7 giugno 2003 e Delib. 20 dicembre 2003), che, nel complesso, hanno introdotto il criterio contributivo distinguendo, per gli assicurati al momento della modifica regolamentare, la quota A di pensione, calcolata con il criterio retributivo, e la quota B, calcolata con il criterio contributivo, opera – per il calcolo della quota A dei trattamenti pensionistici liquidati fino al 31 dicembre 2006 – il principio del pro rata e quindi trova applicazione il previgente più favorevole criterio di calcolo della pensione.

B. Invece per i trattamenti pensionistici maturati a partire dal 10 gennaio 2007 trova applicazione la L. n. 335 del 1995, medesimo art. 3, comma 12, ma nella formulazione introdotta dalla citata L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, che prevede che gli enti previdenziali suddetti emettano i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell’equilibrio finanziario di lungo termine, “avendo presente” – e non più rispettando in modo assoluto – il principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti e comunque tenendo conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni, con espressa salvezza degli atti e delle deliberazioni in materia previdenziale già adottati dagli enti medesimi ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della L. n. 296 del 2006. Tali atti e deliberazioni, in ragione della disposizione qualificata di interpretazione autentica recata dalla L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 488 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2014), si intendono legittimi ed efficaci a condizione che siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine. Consegue che è legittima la liquidazione dei trattamenti pensionistici fatta dalla Cassa con decorrenza del 10 gennaio 2007 nel rispetto della citata normativa regolamentare interna (Delib. 22 giugno 2002, Delib. 7 giugno 2003 e Delib. 20 novembre 2003)”.

C. L’applicazione di tali principi non dà luogo alla violazione di regole costituzionali nè di quelle enunciate dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo. Al riguardo può farsi rinvio alla motivazione della sentenza delle Sezioni Unite dell’8.09.15 n. 17742 che esclude la violazione di detti parametri.

5.- Tenuto conto di tali principi, deve rilevarsi che nella fattispecie in esame l’assicurato ha maturato il diritto a pensione in data successiva al 1 gennaio 2007, e che, quindi, risultano rilevanti tanto la modifica apportata alla L. n. 335, art. 3, comma 12, dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, quanto l’interpretazione data dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488.

6.- Il ricorso è, dunque, infondato e deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza come in dispositivo. Deve darsi atto che sussistono le condizioni richieste dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 4200,00, di cui Euro 4000,00 per compensi professionali, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2018

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