Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31327 del 29/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 29/11/2019, (ud. 13/06/2019, dep. 29/11/2019), n.31327

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16107/2018 R.G. proposto da:

A.A., rappresentato e difeso, per procura speciale a margine

del ricorso, dall’avv. Alessandro RICCIONI, ed elettivamente

domiciliato in Roma alla via Properzio, n. 5, presso lo studio

legale Cicala Riccioni & Partners;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6791/03/2017 della Commissione tributaria

regionale del LAZIO, depositata il 22/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/09/2019 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

Fatto

RILEVATO

che:

– che, in controversia relativa ad impugnazione di sei avvisi di accertamento ai fini IVA per il periodo d’imposta dal 1989 al 1994, emessi a seguito di verifica delle movimentazioni bancarie dei conti correnti intestati e comunque riconducibili al contribuente A.A., confluiti in un processo verbale di constatazione della G.d.F. che aveva rilevato l’esercizio da parte del predetto contribuente dell’attività di fisioterapista e di intermediatore immobiliare, senza apertura di partiva IVA e tenuta di scritture contabili obbligatorie, la CTR laziale, pronunciando a seguito di rinvio operato da questa Corte con sentenza n. 24784 del 2015, con la sentenza impugnata, per quanto ancora qui di interesse, dopo aver premesso che gravava sul contribuente, “in materia di imposte dei redditi e soprattutto in materia di movimenti bancari fornire la prova della loro natura, delle finalità, del loro svolgimento”, ha affermato che “nel caso di specie il contribuente non ha fornito la prova argomentata idonea a giustificare gli importi che gli sono stati imputati”, di “condividere”, quindi, “le argomentazioni motivate dell’Ufficio e ritenere imputabili al contribuente gli importi contestati per i quali manca la prova cautelare” e “di escludere perchè documentato il prestito della Banca d’America, ma non le atre somme, ribadendo il mancato onere di giustificazione da parte del contribuente”;

– che avverso la predetta statuizione il ricorrente propone ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo, cui replica l’intimata con controricorso;

– che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio, all’esito del quale il ricorrente ha depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il motivo di ricorso, con cui il ricorrente deduce un error in procedendo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, censurando la sentenza impugnata per nullità assoluta della motivazione, sub specie di motivazione apparente, è fondato e va accolto.

2. La giurisprudenza di questo giudice di legittimità ha affermato che “ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (Cass. n. 1756 del 2006, n. 16736 del 2007, n. 9105 del 2017); ipotesi, queste, che ricorrono nel caso in esame, in quanto la Commissione d’appello si è limitata ad affermare che il contribuente non aveva fornito “la prova argomentata idonea a giustificare gli importi che gli sono stati imputati” nonostante abbia condiviso l’assunto dell’Ufficio circa la “possibilità di escludere perchè documentato il prestito della Banca d’America”, di cui neppure indica l’entità. In buona sostanza, la CTR è incorsa nel medesimo errore rilevato da questa Corte nella sentenza n. 24784 del 2015, perchè nell’esaminare i fatti di causa, peraltro omettendo di uniformarsi a quanto statuito da questa Corte nella citata sentenza, in violazione del disposto di cui all’art. 384 c.p.c., comma 2, si è limitata ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione delle risultanze processuali, che costituisce il solo contenuto assertivo della complessa dichiarazione motivazionale, senza impegnarsi nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione d’iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto dimostrativo della dichiarazione stessa (cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 1236 del 23/01/2006, Rv. 590221).

2.1. Peraltro, già questa Corte aveva rilevato, nella sentenza di rinvio (n. 24784 del 2015) che “le difese di merito, con puntuale trascrizione nell’odierno ricorso in riferimento a documenti prodotti, mirano tra l’altro a limitare significativamente l’ammontare degli assegni rimasti privi di giustificazione. Dall’esame degli autosufficienti rilievi del ricorrente emerge che, a fronte di un imponibile di oltre 436 milioni di vecchie lire, l’importo non giustificato da A.A. sarebbe di poco più di 26 milioni di vecchie lire per l’intero periodo delle annualità verificate. Il che pare trovare riscontro, anche se puramente indiziario (Sez. 5, Sentenza n. 5720 del 12/03/2007, Rv. 596606), nella circostanza storica che il G.i.p., nella sentenza penale di proscioglimento, afferma che il contribuente “…ha ricostruito l’origine di quasi tutti i versamenti effettuati nel corso degli anni dal 1989 in poi, fornendo anche, nei casi più rilevanti, la prova documentale circa la provenienza dei versamenti in questione””.

2.2. Difese di merito che sono state analiticamente riproposte nel ricorso in esame e che avrebbe dovuto indurre i giudici di appello “alla rigorosa verifica dell’efficacia dimostrativa delle prove fornite a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, dandone adeguata contezza in motivazione, rifuggendo da qualsiasi valutazione di irragionevolezza ed inverosimiglianza dei risultati restituiti dal riscontro delle movimentazioni bancarie, in quanto il giudizio di ragionevolezza dell’inferenza dal fatto certo a quello incerto è già stato stabilito dallo stesso legislatore con la previsione, in tale specifica materia, della presunzione legale (Cass. 21800 del 2017).

3. Conclusivamente, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente CTR che pronuncerà nuovamente nel merito, esaminando analiticamente le risultanze di causa e fornendo adeguata e congrua motivazione in ossequio ai principi giurisprudenziali sopra enunciati.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2019

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