Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31317 del 04/12/2018

Cassazione civile sez. II, 04/12/2018, (ud. 05/10/2018, dep. 04/12/2018), n.31317

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

(380-bis.1 c.p.c.)

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 4579/’16) proposto da:

S.O.R., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

in forza di procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv.ti

Andrea Scuderi e Rosario Calanni Fraccono e presso gli stessi

elettivamente domiciliato, in Roma, via Stoppani, n. 1;

– ricorrente –

contro

G.S., (C.F.: (OMISSIS)) e F.S. (C.F.: FRF

SST 54D56 C351U), rappresentati e difesi, in virtù di procura

speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avv. Alfredo

Cocchiaro ed elettivamente domiciliato presso lo studio del dr.

Alfredo Placidi, in Roma, via Cosseria, n. 2;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Corte di appello di Catania n. 300/2015,

depositata il 19 febbraio 2015 (non notificata).

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Con atto di citazione notificato il 6 ottobre 2005 i sigg. G.S. e F.S. convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Caltagirone – sez. dist. di Grammichele, i sigg. S.O. e C.A. chiedendo la rivendicazione del posto auto (ubicato nel Condominio (OMISSIS)) loro venduto con atto pubblico del 2 aprile 1996 dai sigg. M.M. e R.L. malgrado questi ultimi avessero già alienato ad essi attori, con precedente atto pubblico del 20 luglio 1995, un appartamento sito nello stesso Condominio di cui il predetto posto auto costituiva pertinenza.

Nella costituzione delle parti convenute, il Tribunale adito rigettava la domanda degli attori che condannava alla rifusione delle spese di lite.

Decidendo sull’appello interposto dai sigg. G.S. e F.S., a cui resistevano entrambi gli appellati, la Corte di appello di Catania, con sentenza n. 300/2015, accoglieva l’appello e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza di prime cure, riteneva fondata l’azione di rivendicazione degli appellanti-originari attori sul presupposto dell’accertata nullità della compravendita effettuata in favore degli appellati (ai sensi della legge n. 122/1999), che, perciò, venivano condannati al rilascio del controverso posto auto e al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Avverso la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione il solo S.O.R. al quale hanno resistito con controricorso gli intimati G.S. e F.S..

2. Con l’unico motivo dedotto il ricorrente ha denunciato – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – l’asserita violazione dell’art. 228 c.p.c. e degli artt. 1362, 2733 e 2934 c.c., sul presupposto che il posto auto avrebbe dovuto ritenersi escluso dalla vendita dell’immobile effettuata dai sigg. G.- F., poichè il giudice di appello non aveva considerato che questi ultimi, in sede di interrogatorio formale loro deferito, avevano dichiarato – rendendo, sul punto, una confessione giudiziale ai sensi del citato art. 2733 c.c. – di non aver interesse all’acquisto del box per cui era controversia, che poi era stato reclamato in rivendicazione a distanza di dieci anni dalla stipula del rogito notarile relativo all’acquisto dell’appartamento nel complesso condominiale (OMISSIS) con la relativa pertinenza costituita dal box auto.

3. La censura formulata dai ricorrenti è, ad avviso del collegio, inammissibile. Infatti, in chiara violazione del principio di necessaria specificità del contenuto del ricorso, da esso non risulta alcun elemento dal quale desumere che gli originari attori avessero reso una confessione giudiziale a seguito di deferimento di interrogatorio formale, e, al riguardo, il ricorrente – come sarebbe stato suo onere – non ha nemmeno specificato quando e su quali capitoli fosse stato dedotto tale interrogatorio e quale l’esito conseguente (cfr. Cass. n. 9558/1997; Cass. n. 5043/2009 e Cass. n. 17915/2010).

Va, perciò, ribadito il principio per cui il ricorrente per cassazione che denunci un vizio della decisione impugnata per (assunto) mancato esame di un mezzo di prova nel corso del giudizio di merito (come quello asserito, nella specie, di un interrogatorio formale) ha l’obbligo di richiamare in modo esaustivo, nell’atto di impugnazione, il contenuto delle circostanze di fatto che avevano formato oggetto del detto mezzo di prova, in conformità all’osservanza del principio di specificità del ricorso, che deve contenere in sè tutti gli elementi che offrano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della sussistenza della effettività dell’espletamento di tale mezzo di prova e della sua decisività, non essendo, peraltro, sufficiente al riguardo il mero richiamo agli atti difensivi o propositivi del pregresso giudizio di merito. Oltretutto, deve osservarsi che, nel caso di specie, le predette circostanze genericamente riferite in ricorso (concernenti il deferimento dell’asserito interrogatorio formale e la conseguente confessione giudiziale che sarebbe stata resa dagli odierni controricorrenti) non sono desumibili nè dallo stesso svolgimento del fatto processuale riportato nel ricorso, nè dalle ragioni di rigetto dell’originaria domanda da parte del primo giudice come riportate nella sentenza di secondo grado nè da alcun passaggio della motivazione di quest’ultima, laddove si pone riferimento soltanto alla dichiarazione di inammissibilità di una prova testimoniale richiesta dagli appellati (siccome non ribadita in sede di precisazione delle conclusioni dinanzi al giudice di primo grado).

4. In definitiva, per tali ragioni, il ricorso va dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese della presente fase di legittimità, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.

Va dato, infine, anche atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessive Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre iva, cap e contributo forfettario nella misura del 15% sulle voci come per legge.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 5 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2018

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