Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31312 del 29/11/2019

Cassazione civile sez. II, 29/11/2019, (ud. 25/06/2019, dep. 29/11/2019), n.31312

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19117/2015 R.G. proposto da:

V.P., rappresentato e difeso dall’avv. Marco Pastacaldi e

dall’avv. Sergio Benvenuti, con domicilio eletto in Roma alla Via

Cicerone n. 49.

– ricorrente –

contro

MEDIOCEPPA S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 317/2015,

depositata in data 17.2.2015.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 25.6.2019 dal

Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte distrettuale di Firenze ha accolto l’appello proposto dalla Medioceppa s.r.l. e, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto l’opposizione a decreto ingiuntivo n. 11/2006, ottenuto dalla V. Architetti ed associati s.s. per il pagamento di competenze professionali relative allo svolgimento di una perizia valutativa di taluni immobili destinati alla vendita.

La Medioceppa s.r.l., proponendo opposizione, aveva sostenuto che le perizie erano funzionali al frazionamento del mutuo gravante sull’edificio e che i relativi costi erano a carico dei futuri acquirenti delle singole unità immobiliari.

Nella pendenza dei termini per proporre impugnazione, la V. architetti era stata cancellata dal registro delle imprese e la Medioceppa aveva impugnato la sentenza di primo grado, notificando l’appello presso il procuratore della società.

La Corte distrettuale di Firenze, rilevato che il V. si era costituito in proprio e nella qualità di socio, ha ritenuto ammissibile l’impugnazione e, nel merito, ha stabilito che la documentazione acquisita (e segnatamente le missive del 6.4.2006 e del 17.7.2006 sottoscritte da C.G., Direttore generale della Cassa di Risparmio di Livorno) e le deposizioni testimoniali assunte nel corso dell’istruttoria comprovavano che la Banca mutuante, pur avendo agito nell’interesse della Medioceppa s.r.l. e dei singoli acquirenti degli immobili, aveva direttamente conferito l’incarico ai professionisti, riservandosi di agire in rivalsa verso gli effettivi obbligati, essendo però personalmente tenuta al pagamento del compenso professionale.

La cassazione di questa sentenza è chiesta da V.P. sulla base di tre motivi di ricorso.

La Medioceppa s.r.l. è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 2495 e 2312 c.c., artt. 75,163,164 e 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, assumendo che l’appello era inammissibile poichè notificato alla società allorquando quest’ultima era già stata cancellata dal registro delle imprese, occorrendo quindi evocare in giudizio i singoli soci.

Il motivo è infondato.

E’ lo stesso ricorrente a dar atto che l’appello è stato notificato al difensore della società professionale presso il difensore costituito in primo grado (cfr. ricorso, pag. 1) ed è parimenti pacifico che l’evento interruttivo non era stato dichiarato in giudizio, essendo intervenuto in data 21.8.2013, dopo il deposito della sentenza di primo grado (21.5.2013).

Vale ribadire che, qualora alla cancellazione dal registro delle imprese non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) le obbligazioni si trasferiscono ai soci, che ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione (o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali); b) si trasferiscono del pari ai soci, in regime di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta (Cass. s.u. 6070/2013; Cass. 13183/2017).

Sul piano strettamente processuale, la cancellazione sostanzia un evento integralmente disciplinato dagli artt. 299 c.p.c. e segg. (Cass. s.u. 6070/2013).

Quindi, ove non sia dichiarata l’interruzione, la causa prosegue tra le parti originarie e, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, il procuratore continua a rappresentare la parte estinta come se l’evento interruttivo non si fosse verificato, potendo validamente ricevere anche la notifica dell’impugnazione della sentenza (Cass. 33357/2018; Cass. 23563/2017; Cass. 19580/2017; Cass. 23574/2014).

2. Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, sostenendo che l’appello della Medioceppa era carente della specifica indicazione delle parti della sentenza che si intendevano impugnare, delle modifiche richieste alla ricostruzione in fatto e dell’indicazione delle circostanze da cui derivava la violazione di legge.

Il motivo è infondato.

L’appello è stato proposto nel 2014, trovando applicazione l’art. 342 c.p.c., nel testo introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. 0a), convertito con L. n. 134 del 2012, secondo cui la motivazione dell’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle parti del provvedimento che si intendono impugnare, con le modifiche alla ricostruzione in fatto operata dal giudice di primo grado, nonchè l’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione di legge e della loro rilevanza ai fini della decisione.

Le sezioni unite di questa Corte hanno però chiarito che la norma va interpretata nel senso che l’impugnazione deve individuare, a pena di inammissibilità, le questioni e i punti contestati della sentenza impugnata con l’esposizione delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass. s.u. 27199/2017).

Nello specifico, il nucleo essenziale della controversia verteva sull’individuazione della parte obbligata al pagamento del corrispettivo e il Tribunale aveva stabilito che era stata la resistente a conferire alla V. Architetti il compito di valutare gli immobili in previsione del frazionamento del mutuo.

La Medioceppa s.r.l., dolendosi della violazione del criterio di riparto dell’onere della prova e del modo cui erano state valutate le prove (cfr. sentenza pag. 4), aveva inteso porre in discussione tale punto decisivo della pronuncia, sollecitandone la riforma integrale per i motivi specificamente esaminati dalla Corte distrettuale.

I motivi di appello soddisfacevano, pertanto, i requisiti di imposti dall’art. 342 c.p.c., consentendo di individuare il tema controverso e le ragioni di dissenso manifestate dall’appellante, in relazione alle argomentazioni della sentenza del tribunale che avevano condotto all’accoglimento della domanda.

2. Il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli

artt. 1387, 1388, 1705 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza ritenuto che gli aspetti economici dell’affare dovevano tenersi distinti da quelli giuridici e che quindi fosse implausibile che la banca avesse assunto il costo delle perizie, dovendo per contro ritenersi che l’istituto mutuante avesse agito in nome della Medioceppa s.r.l. sulla base di un mandato con rappresentanza, per cui quest’ultima, quale parte sostanziale del rapporto professionale, era tenuta al pagamento del compenso.

Il motivo non può essere accolto.

La censura solleva inammissibilmente questioni di merito quanto al perfezionamento – tra la resistente e l’istituto di credito – di un mandato con rappresentanza per il conferimento dell’incarico professionale, profilo quest’ultimo su cui la sentenza, valutando gli elementi acquisiti al processo, si è espressa in senso negativo, stabilendo che, pur essendo chiaro alle parti che i costi delle perizie dovevano gravare sugli acquirenti degli immobili o, in mancanza, sulla resistente, tuttavia era stata la banca a conferire l’incarico e ad assumere le relative obbligazioni contrattuali, riservandosi l’azione di rivalsa verso gli effettivi beneficiari dell’attività professionale (cfr. sentenza pag. 8).

Non solo la mancata spendita, in concreto, dei poteri di rappresentanza diretta costituisce questione rimessa all’accertamento del giudice di merito, insindacabile in cassazione, se non che sul piano della motivazione, ma inoltre la ravvisata sussistenza di un diritto di rivalsa in capo alla Banca escludeva che il contratto professionale fosse stato concluso in nome e per conto della Medioceppa s.r.l. e che – quindi – quest’ultima fosse obbligata a versare il corrispettivo direttamente in favore della V. Associati.

Il ricorso è quindi respinto.

Nulla sulle spese, non avendo l’intimata svolto difese.

Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2019

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