Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31310 del 04/12/2018

Cassazione civile sez. II, 04/12/2018, (ud. 10/07/2018, dep. 04/12/2018), n.31310

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28704-2015 proposto da:

G.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO

BERTOLONI 44, presso lo studio dell’avvocato MARIA LAURA TRIPODI,

rappresentato e difeso dall’avvocato COSTANTINO SIMONE MANZOTTI;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE CARRO COSTRUZIONI SRL, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

G. PUCCINI 10, presso lo studio dell’avvocato MARIO FERRI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3847/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 08/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/07/2018 dal Consigliere VINCENZO CORRENTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE ALESSANDRO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MORRA Valeria, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato Costantino MANZOTTI, difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Giancarlo FERRI con delega depositata in udienza

dell’Avvocato Mario FERRI difensore del resistente che ha chiesto il

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

G.E. propone ricorso per cassazione contro Immobiliare Carro Costruzioni srl, che resiste con controricorso con richiesta preliminare di inammissibilità, avverso la sentenza della Corte di appello di Milano dell’8.10.2015, che ha rigettato l’appello alla sentenza del Tribunale di Monza che aveva, a sua volta, respinto la sua domanda di esecuzione specifica ex art. 2932 c.c., disponendo la cancellazione della trascrizione della citazione e condannandolo al risarcimento dei danni per lite temeraria ed alle spese.

La Corte territoriale, riferito della doglianza secondo la quale non si era tenuto conto che tra le parti era intervenuto ed era stato concluso un contratto di compravendita immobiliare e, comunque, in via subordinata, non si era riconosciuto il danno da responsabilità contrattuale, ha statuito che non erano in discussione le lunghe trattative precontrattuali tra le parti assistite dai rispettivi legali e che fosse “auspicabile” la sottoscrizione del preliminare (email 23.10.2012 avv. Luca Berti), ma che tale sottoscrizione non era avvenuta e ciò comportava l’inaccoglibilità della domanda ex art. 2932 c.c. in mancanza di accordo scritto ad substantiam, cui non era possibile sopperire attraverso prove testimoniali o un giuramento decisorio.

Nè era configurabile una responsabilità precontrattuale in assenza di prova di uno stato oltremodo avanzato delle trattative o di una ingiustificata interruzione delle stesse.

Le parti hanno presentato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorrente denunzia 1) violazione dell’art. 210 c.p.c. e art. 2697 c.c. per aver egli dedotto la conclusione di un preliminare di cui non era in possesso e per avere la controparte fatto pervenire una scrittura risolutiva di detto preliminare, illeggibile, donde la necessità di un ordine di esibizione, con relativo quesito di diritto; 2) violazione degli artt. 2932 e 2697 c.c. perchè la presenza di una scrittura risolutiva fa presumere la precedente conclusione di un contratto, con relativo quesito; 3) violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, artt. 115,233 e 345 c.p.c., artt. 2736 e 2697 c.c.avendo il giuramento natura di prova legale, con esclusione di qualsiasi discrezionalità del giudice per la sua ammissione, con relativo quesito; 4) violazione degli artt. 1176,1375 e 1337 c.c. per il rigetto della domanda subordinata di responsabilità precontrattuale, con relativo quesito; 5) violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5 e art. 115 c.p.c.avendo l’attore affermato l’esistenza di un preliminare e di una scrittura risolutiva, circostanze non contestate dal convenuto.

Ciò premesso si osserva:

Va preliminarmente rilevato che i quesiti di diritto non sono più necessari ratione temporis e, comunque, nella specie sono generici e non risolutivi.

Le odierne censure, pur ammissibili dovendosi rigettare la generica eccezione di inammissibilità, non colgono la ratio decidendi sopra riportata e tendono ad una rilettura degli atti non consentita in questa sede.

Il primo motivo, pur nel riferimento indicato, non modifica il quadro probatorio delineato in sentenza, peraltro rispettoso dell’interpretazione dei presupposti della domanda, soggetta al relativo onere probatorio ex art. 2697 c.c..

La giurisprudenza prevalente, che il Collegio condivide, considera non sindacabile in sede di legittimità, il diniego dell’ordine di esibizione (Cass. n. 24188/2013, Cass. n. 23120/2010) mentre altra giurisprudenza ritiene sia sindacabile per vizi di motivazione (Cass. nn. 1484/2014, 6439/2010, 11603/2001), ora nei limiti del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Anche a voler aderire a tale secondo orientamento, peraltro, nella specie non risultano dedotti vizi di motivazione.

Infondato è anche il secondo motivo essendo richiesta la forma scritta ad substantiam ai sensi dell’art. 1350 c.c. per i contratti relativi al trasferimento di beni immobili.

In ordine al terzo non si supera la motivazione circa la necessità di un atto scritto ad substantiam mentre in ordine al quarto non si supera la motivazione circa l’assenza di prova di trattative oltremodo avanzate ed ingiustificatamente interrotte.

Il quinto motivo, nel riferimento all’esistenza di un preliminare e di una successiva risoluzione, sembra definitivamente escludere la possibilità di accoglimento della domanda, essendo necessario l’atto scritto cui non si può supplire con la non contestazione, della quale, peraltro, non è fornita alcuna allegazione, donde il difetto di specificità della censura.

Quanto al dedotto vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5 ovvero ex art. 115 c.p.c., le doglianze si risolvono nella censura circa la ricostruzione del fatto e la valutazione delle risultanze compiute dalla Corte di appello.

Ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, come riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83,, art. 54 conv. in L. n. 134 del 2012, è inammissibile il motivo di ricorso per l’omesso esame di elementi istruttori ove il fatto storico sia stato comunque preso in considerazione.

Il nuovo testo dell’art. 360, n. 5 deve essere interpretato, alla luce dei canoni di cui all’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione con riferimento alla mancanza assoluta dei motivi, alla motivazione apparente, al contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, alla motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di motivazione (Cass. 14324/15, S.U.8053/14).

Donde il rigetto del ricorso e la condanna alle spese, dando atto dell’esistenza dei presupposti ex D.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 3700 di cui 200 per esborsi oltre accessori e spese forfettarie nel 15%, dando atto dell’esistenza dei presupposti ex D.P.R. n. 115 del 2002 per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2018

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