Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31307 del 04/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 04/12/2018, (ud. 08/11/2018, dep. 04/12/2018), n.31307

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. CHINDEMI Domenico – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3488-2013 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliato in ROMA V.LE MAZZINI 6,

presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO DIONISIO, che lo rappresenta

e difende unitamente agli avvocati GUIDO MUSSI, ROBERTO PAGLIUCA;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MASSA, elettivamente domiciliato in ROMA C.SO VITTORIO

EMANUELE 2 18, presso lo studio dell’avvocato ASSOCIATI STUDIO GREZ

E, rappresentato e difeso dagli avvocati MANUELA PELLEGRINI,

FRANCESCA PANESI;

– controricorrente –

e contro

MASSA SERVIZI SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 148/2011 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 21/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/11/2018 dal Consigliere Dott. DOMENICO CHINDEMI.

Fatto

RITENUTO

Che:

La Commissione tributaria regionale della Toscana, con sentenza depositata in data 21.12.2011, rigettava l’appello proposto dalla società Campeggio Partaccia Uno s.r.l. contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Massa Carrara che aveva respinto il ricorso della società avverso l’avviso di accertamento notificatole il 19.12.05 per l’omessa denuncia delle aree soggette alla tassa di smaltimento dei rifiuti solidi urbani negli anni 2001/2003. Avverso tale sentenza propone ricorso la società, affidato a tre motivi; il Comune di Massa deposita controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

La ricorrente deduce i seguenti motivi: a) violazione dell’art. 112 c.p.c., non essendosi la CTP pronunciata sull’eccezione inerente l’illegittimità della condotta del Comune (che aveva dapprima annullato in autotutela gli avvisi di accertamento n. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) del 2001 notificati a G.M., precedente gestore del campeggio, per poi emettere l’avviso impugnato) e non potendo tale vizio ritenersi sanato dalla motivazione con la quale la CTR ha dapprima ritenuto che il primo giudice avesse implicitamente respinto l’eccezione ed ha poi indicato le ragioni per le quali essa andava rigettata; b) violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 63, comma 1, art. 70, art. 71, comma 1 e art. 76, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, avendo errato la CTR nel ritenere che l’avviso fosse stato emesso per l’omesso deposito della denuncia ai fini TARSU, anzichè per denuncia infedele, e respinto per tale ragione l’eccezione di decadenza del Comune dall’esercizio della pretesa; c) violazione del D.Lgs n. 507 del 1993, art. 62, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n.3, nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la CTR ritenuto legittimi gli atti impositivi con i quali il Comune di Massa ha sottoposto a tassazione aree pertinenziali e comunque non operative, non assoggettabili a tributo.

2. Il primo motivo è inammissibile, atteso che, ai sensi dell’art. 161 c.p.c., comma 1, i motivi di nullità della sentenza di primo grado si convertono in motivi di gravame e che la sentenza d’appello (anche se confermativa) ha sempre natura sostitutiva di quella impugnata. Ne consegue, per un verso, che non può essere denunciato in cassazione un vizio di nullità della prima sentenza che il giudice d’appello ha ritenuto insussistente; per l’altro, che qualora il vizio sia invece ritenuto sussistente, il giudice d’appello non può limitarsi a dichiarare la nullità della pronuncia impugnata, ma deve esaminare e decidere nel merito la relativa questione (ciò che nella specie, come la stessa ricorrente riconosce, è puntualmente avvenuto).

3. Il secondo motivo è, del pari, inammissibile.

Esso si limita infatti a ribadire, in via meramente assertiva, che l’avviso sanzionava l’infedele denuncia e non l’omessa denuncia ed a riproporre, conseguentemente, la questione dell’intervenuta decadenza del Comune dal potere accertativo, ma non investe specificamente la motivazione in base alla quale la CTR ha respinto il corrispondente motivo d’appello, accertando che “la denuncia è stata presentata soltanto nel 2004 ed è stata omessa per gli anni precedenti, oggetto di accertamento” e rilevando altresì che “l’erronea scelta della sanzione, pari a quella prevista per l’infedele denuncia, non vale a trasformare una denuncia omessa, e dunque, inesistente, in una denuncia infedele, e dunque esistente”.

La censura si fonda, inoltre, su documenti (l’avviso in contestazione, la denuncia di cessazione presentata da G.M.) che non sono stati allegati al ricorso e dei quali non è indicata l’esatta collocazione processuale all’interno dei fascicoli di parte o di quello d’ufficio; difetta, pertanto, anche del requisito richiesto, sempre a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (Cass. n. 22726 del 2011; Cass. n. 14784 del 2015; Cass. n. 21686 del 2010; Cass. n. 303 del 2010).

4. L’ultimo motivo è infondato.

Il D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 68, nel dettare i criteri ai quali i Comuni devono attenersi per l’applicazione della Tarsu e la determinazione delle tariffe, e nell’indicare le categorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti, considera i campeggi (di cui al comma 2, lett. b)) quale categoria unitaria di utilizzazione di aree, non autorizzandone (nè, a fortiori, imponendone) l’ulteriore (sub) articolazione ai fini dell’applicazione di diversi criteri di tassazione in sede di regolamenti comunali.

Il regime di tassazione delle aree scoperte, diverse da quelle pertinenziali od accessorie di civili abitazioni, è quello risultante dal dettato del D.L. 29 settembre 1997, n. 328, art. 6, convertito nella L. 29 novembre 1997, n. 410 e del D.L. 26 gennaio 1999, n. 8, art. 1, comma 3, convertito nella L. 25 marzo 1999, n. 75, in base al quale le superfici scoperte operative sono tassate per intero, mentre quelle pertinenziali od accessorie a locali tassabili sono escluse dal tributo. (cfr. Cass. Sent. n. 9141 del 23 aprile 2014; Cass. n. 4754 del 26 febbraio 2010)

Tuttavia, poichè ai sensi del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, comma 1, – che costituisce previsione di carattere generale – la Tarsu è dovuta per il mero fatto che si occupino o si detengano locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti (ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie ad abitazioni), sia le deroghe alla tassazione indicate nel medesimo art. 62, comma 2, sia le riduzioni delle superfici tariffarie stabilite dal successivo art. 66 non operano in via automatica, in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo, invece, i relativi presupposti essere di volta in volta dedotti nella denuncia originaria o in quella di variazione, con l’ulteriore precisazione che le riduzioni di cui al cit. art. 66, hanno effetto soltanto dall’anno successivo, come prescritto dalla norma medesima, comma 5.(Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15867 del 13/08/2004).

Nella specie non risulta che la società contribuente abbia provato, attraverso elementi obiettivamente rilevabili o idonea documentazione, il suo diritto ad ottenere una riduzione della tassazione oltre la misura percentuale del 50% già riconosciuta dal Comune, con riguardo alla superficie tassabile, in considerazione della difficoltà di procedere a un’esatta misurazione delle aree praticabili, produttive di rifiuti destinati a verde, aventi funzione ornamentale, o di isolamento delle piazzole.

Va, conseguentemente, rigettato il ricorso con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore del Comune di Massa, che liquida in Euro.7.300,00 per compensi professionali, oltre spese forfettarie e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 5 sezione civile, il 8 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2018

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