Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31306 del 29/11/2019

Cassazione civile sez. II, 29/11/2019, (ud. 29/05/2019, dep. 29/11/2019), n.31306

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14647/2015 proposto da:

F.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARCHIMEDE 122,

presso lo studio dell’avvocato FABIO MICALI, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

MARK SRL in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2834/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 17/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/05/2019 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato in data 10.06.2003, F.S. proponeva opposizione avverso il Decreto Ingiuntivo n. 79 del 2003, emesso in suo danno su richiesta ed a favore di MARK s.r.l. già Vending Machines Verona s.r.l. assumendo di non aver mai ordinato nè ricevuto la merce di cui alle fatture azionate con il procedimento monitorio e che, comunque, l’importo ingiunto (Euro 30.126,92) era anche discordante dalla somma (Euro 27.165,51) degli importi delle fatture prodotte dall’istante. Sosteneva, anche, la F., di non fare commercio delle merci asseritamente fomite dalla Mark s.r.l. e che, quindi, il credito azionato doveva essere dichiarato estinto sui presupposti di cui all’art. 2955 c.c..

La Mark s.r.l. contestava l’eccezione di prescrizione assumendo che operava quella decennale, ed evidenziava che la differenza di importo era dovuta ad una semplice dimenticanza di produzione della fattura n. 905/1977 per cui il suo credito ammontava ad Euro 50.879,22 e detratti gli acconti ricevuti era pari ad Euro 30.126,92. Chiedeva, perciò, il rigetto dell’opposizione comunque, la condanna dell’opponente a pagare la somma come precisata.

Assunte le prove ammesse, il Tribunale di Verona con sentenza n. 157 del 2008, revocava il decreto ingiuntivo, dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale dell’opposta che condannava a rifondere le spese all’opponente.

Avverso tale sentenza proponeva appello Mark s.r.l.. La F. resistiva al gravame.

La Corte di Appello di Venezia con sentenza n. 2834 del 2014 accoglieva l’appello e in parziale riforma della sentenza impugnata, fermo, restando la revoca del decreto ingiuntivo, condannava F.S. al pagamento in favorire della società Mark della somma di Euro. 27.165,51 con gli interessi legali alla domanda al soddisfo. Condannava F.S. al pagamento delle spese del giudizio. Secondo la Corte distrettuale le prove acquisite in giudizio consentivano di ritenere dimostrato che effettivamente tra le parti era stato concluso il contratto di fornitura e che la venditrice aveva regolarmente assolto all’onere di consegnare la merce di cui alle bolle prodotte in giudizio, alla F.. Tale prova non poteva ritenersi raggiunta in relazione alle bolle n. (OMISSIS) e (OMISSIS) per le quali non risultava l’effettiva consegna. Sulla base delle fatture azionate e della parziale raggiunta prova della consegna considerato che F. negando di aver ricevuto la merce ha ammesso di non averla pagata ne deriverebbe un debito di Euro. 30.995,604 superiore a quello in giunto.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da F.S. con ricorso affidato ad un motivo. La società Mark in questa sede è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con l’unico motivo di ricorso F.S. lamenta omessa insufficiente contraddittoria motivazione nella ricerca di ulteriori elementi di prova, parziale estrapolazione, violazione del principio della preponderanza dell’evidenza, error in iudicando.

Secondo la ricorrente la sentenza impugnata sarebbe affetta da vizio di motivazione nella parte in cui avrebbe omesso completamente di considerare anche gli ulteriori elementi probatori a discarico dell’appellata e non avrebbe quindi fornito un giudizio complessivo sulle prove raccolte nella loro totalità e senza motivare perchè sono state escluse quelle favorevoli all’appellata.

1.1. – Il motivo è inammissibile.

Va qui evidenziato che il tenore delle censure, richiama, in vero, il testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nella versione anteriore alla riforma introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134. norma, nel caso, non più applicabile, trattandosi di sentenza depositata il 17 dicembre 2014, quindi, dopo l’entrata in vigore della precitata novella, la quale ha introdotto una disciplina più stringente, limitata la possibilità della denuncia dei vizi di motivazione che consentono l’intervento della Corte di Cassazione solo al caso di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. Il cambiamento operato dalla novella è netto, dal momento che dal previgente testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, viene eliminato non solo il riferimento alla “insufficienza” ed alla “contraddittorieta”, ma addirittura la stessa parola “motivazione”. Può, quindi,affermarsi che la nuova previsione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, legittima solo la censura per “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, non essendo più consentita la formulazione di censure per il vizio di “insufficiente” o “contraddittorietà” della motivazione. Nè a diverso opinamento può pervenirsi nella considerazione che la censura per “omessa, insufficiente o contraddittorietà della motivazione”, potrebbe trovare ingresso, dando prevalenza all’aspetto sostanziale più che a quello letterale e formale del mezzo e quindi prescindendo dalla inidoneità della, formulazione, ostandovi l’evidente prospettiva della novella, introdotta dal Legislatore al fine di ridurre l’area del sindacato di legittimità sui “fatti”, escludendo in radice la deducibilità di vizi della logica argomentazione (illogicità o contraddittorietà), che non si traducano nella totale incomprensibilità dell’argomentare. In buona sostanza, ciò che rileva, in base alla nuova previsione, è solo l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, cioè la pretermissione di quei dati materiali, acquisiti e dibattuti nel processo, aventi portata idonea a determinare direttamente un diverso esito del giudizio.

Nel caso in esame la ricorrente si limita a censurare sotto il profilo di un vizio di motivazione la omessa valutazione da parte della Corte distrettuale di “ulteriori elementi probatori” a discarico dell’appellata (odierna ricorrente) per ciò che si è appena detto, il motivo è inammissibile.

1.2. – A parte questa prima considerazione giova evidenziare, anche in questa sede, che il compito di valutare le prove e di controllarne l’attendibilità e la concludenza – nonchè di individuare le fonti del proprio convincimento scegliendo tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti – spetta in via esclusiva al giudice del merito; di conseguenza la deduzione con il ricorso per Cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata, per omessa, errata o insufficiente valutazione delle prove, non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, restando escluso che le censure concernenti il difetto di motivazione possano risolversi nella richiesta alla Corte di legittimità di una interpretazione delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito.

Nel caso in esame la Corte disttettuale ha ampiamente spiegato con argomentazioni, razionalmente condivisibili, che la società Mark aveva dato prova di aver consegnato la merce riportata nelle bolle depositate in giudizio e dunque di aver maturato nei confronti della sig.ra F., un credito di Euro 30.995,604 e correttamente ha avuto modo di evidenziare che la sig.ra F., avendo negato di aver ricevuto la merce, aveva ammesso di non averla pagata.

In verità, a fronte delle valutazioni della Corte distrettuale la ricorrente contrappone le proprie ma della maggiore o minore attendibilità di queste rispetto a quelle compiute dal giudice del merito non è certo consentito discutere in questa sede di legittimità, nè può il ricorrente pretendere il riesame del merito sol perchè la valutazione delle accertate circostanze di fatto, come operata dal giudice di secondo grado, non collima con le loro aspettative e confutazioni.

In definitiva, il ricorso va rigettato, Non occorre procedere alla liquidazione delle spese dato che la società Mark in questa sede è rimasta intimata. Ricorrono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile di questa Corte di Cassazione, il 29 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2019

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