Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31299 del 04/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 04/12/2018, (ud. 07/11/2018, dep. 04/12/2018), n.31299

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liliana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8597-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

LEASINT SPA, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA SS. APOSTOLI,

66, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO LEO, rappresentato e

difeso dall’avvocato ALESSANDRO TARDIOLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 121/2012 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 30/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/11/2018 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha

chiesto l’accoglimento del 1 motivo di ricorso, assorbiti i

restanti.

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle entrate propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 121/8/12 del 19.09.2012, con la quale la commissione tributaria regionale della Lombardia, nel confermare la prima decisione, respingeva l’appello affermando “che le argomentazioni dell’agenzia non sono idonee a scalfire la sentenza di primo grado e si fonda sull’orientamento espresso dalla direzione generale con Circolare 12/E/2007 che in materia di locazione di aree attrezzate con sovrastante impianto nonchè di costruzioni leggere accatastate nella cat. D7”

La società concessionaria si è costituita con controricorso.

Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del primo motivo, assorbiti gli altri.

Diritto

CONSIDERATO

che:

2 Con il primo motivo di ricorso si lamenta l’illegittimità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4, per vizio di motivazione apparente, per avere il decidente motivato per relationem la sentenza d’appello e per aver riportato parte della circolare senza concludere l’argomentazione che l’avrebbe convinta a respingere il gravame.

Deduce l’amministrazione finanziaria che detto vizio non risulta sanato neppure dal richiamo all’eventuale annullamento in autotutela di altri uffici disposti in occasione di accertamenti (di cui ignota è la natura), in quanto non riesce a spiegare il percorso logico-giuridico della motivazione.

3. Con la seconda censura, si lamenta la violazione del D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 10 ter, art. 1 tariffa allegata al D.Lgs n. 347 del 1990, nonchè D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, n. 8 ter e ex art. 360 c.p.c., n. 3, deducendo che – se la motivazione sulla base della quale l’appello è stato respinto si fonda sulla circolare citata nella parte in cui esclude l’applicabilità del succitato art. 35 agli immobili accatastati nella categoria F – gli immobili de quibus appartengono alla categoria di quelli strumentali ai fini dell’applicazione del D.P.R. cit., art. 10, n. 8.

4.Preliminarmente, questa Corte non ravvisa l’inammissibilità della prima censura indicata dalla società Leasint spa, per avere dato ingresso alla censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, anzichè del n. 5, nella formulazione anteriore alla novella di cui al D.L. n. 89 del 2012.

Occorre premettere che, dopo la modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 del conv. In L. n. 134 del 2012 – applicabile alla sentenza impugnata in quanto pubblicata successivamente alla data dell’11.9.2012 di entrata in vigore della norma modificativa -, non trova più accesso al sindacato di legittimità della Corte il vizio di mera insufficienza od incompletezza logica dell’impianto motivazionale per inesatta valutazione delle risultanze probatorie, qualora dalla sentenza sia evincibile una “regula juris” che non risulti totalmente avulsa dalla relazione logica tra “premessa(in fatto)-conseguenza(in diritto)” che deve giustificare il “decisum”.

Il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia.

Dunque correttamente, l’amministrazione finanziaria ha censurato la decisione impugnata sotto il profilo del vizio di motivazione apparente ex art. 360 c.p.c., n. 4.

5.La censura è fondata.

La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. In L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

Nella riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5), scompare, difatti, ogni riferimento letterale alla “motivazione” della sentenza impugnata e, accanto al vizio di omissione (che pur cambia in buona misura d’ambito e di spessore), non sono più menzionati i vizi di insufficienza e contraddittorietà. Il vizio si converte in violazione di legge nei soli casi di omissione di motivazione, motivazione apparente, manifesta e irriducibile contraddittorietà, motivazione perplessa o incomprensibile, sempre che il vizio sia testuale; tale “mancanza” si configura quando la motivazione “manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero… essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum” (Cass. N. 23940/2017; Sezioni Unite: N. 8053 del 2014; Cass. 21257 del 2014).

6.Venendo ora all’esame specifico del motivo del presente ricorso va rilevato che, con esso, la parte ricorrente denuncia l’omessa motivazione, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4) sia per aver il giudice di appello motivato per relationem, in modo acritico, alla sentenza di primo grado, sia per aver indicato quale fonte del proprio convincimento la circolare dell’Agenzia, troncando la proposizione, così rendendo incomprensibile il percorso logico- giuridico posto a fondamento del proprio ragionamento.

Ebbene, la sentenza di appello che si rifaccia alla motivazione della statuizione impugnata non è nulla, qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, atteso che il giudice del gravame può aderire a quella motivazione senza necessità, ove la condivida, di ripeterne tutti gli argomenti o di rinvenirne altri (Cass. Nn. 10937 e 17640 del 2016).

Nella sentenza impugnata, invece, il riferimento alla statuizione di primo grado, senza indicazione delle tesi in essa sostenute dal Giudice di prime cure e neppure delle ragioni di condivisione” non sembra realizzare un idoneo rinvio per relationem’ (Cass. n. 1461/2018).

La sentenza è, altresì, nulla perchè la sua motivazione è solo “apparente”, in quanto articolata attraverso “brevi proposizioni non completate, assolutamente inidonee al raggiungimento dello scopo di evidenziare una motivazione percepibile come tale, cioè come ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendo” (S.U. n. 2232/2016; Sezioni Unite n. 8053 del 2014; Cass. n.4488/2014).

Nel caso in esame, la sentenza ha fatto un generico riferimento alla decisione di primo grado e ha indicato la circolare dell’agenzia senza specificare quale clausola dell’atto interno è stato utilizzato quale argomento a sostegno della decisione e, quindi, come motivazione, e senza neppure riprodurre integralmente il contenuto dell’articolo nemmeno citato; l’assenza dell’indicazione delle ragioni di diritto o fattuale che ne hanno giustificato il rigetto del gravame rendono la sentenza obbiettivamente inidonea a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture 7402 del 23/03/2017 20648 del 2015; Cass. n. 22562 del 2016; Cass. n., 22242 del 2015).

Del resto, il richiamo ad altre fattispecie, in cui l’Agenzia ha agito in autotutela, non ritenendo applicabile l’art. 10 cit., n. 8, privo della loro descrizione e della relativa motivazione lo rende del tutto neutro rispetto alla soluzione adottata, tanto da non risultare integrare neppure una ratio decidendi della pronuncia.

La sentenza dunque non rende percepibile il fondamento della decisione, perchè recante parziali argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture.

Nella descritta situazione si è in presenza di una c.d. motivazione apparente, che giustifica la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Lombardia, in altra composizione.

P.Q.M.

– Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Lombardia in altra composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 7 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2018

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