Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31284 del 29/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 29/11/2019, (ud. 08/10/2019, dep. 29/11/2019), n.31284

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23022/2015 proposto da:

S.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI DUE

MACELLI, 60, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE BORDONI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati

CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 342/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 02/07/2015 R.G.N. 322/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/10/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ Stefano, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato ALESSIA PANNELLA per delega verbale Avvocato

GABRIELE BORDONI;

udito l’Avvocato MANUELA MASSA per delega verbale Avvocato EMANUELA

CAPANNOLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 2 luglio 2015, respingeva il gravame svolto da S.S. avverso la sentenza che, per quanto in questa sede rileva, aveva negato, agli effetti del beneficio contributivo previsto dalla L. n. 388 del 2000, art. 80 – due mesi di contribuzione figurativa per ogni anno di servizio, fino ad un massimo di cinque – la retrodatazione della condizione invalidante all’epoca dell’insorgenza della patologia invalidante (nel 1990) per la quale, con domanda del 2010, aveva richiesto, oltre agli arretrati sul trattamento riconosciutole, il diritto a fruire della contribuzione figurativa agli effetti dell’anticipazione dell’età pensionabile in riferimento all’attività dipendente, a tempo indeterminato, presso la pubblica amministrazione a far data dal 1989.

2. Per la Corte di merito, agli effetti del riconoscimento della contribuzione figurativa utile per il diritto alla pensione e all’anzianità contributiva, non poteva che aversi riguardo all’epoca successiva al formale accertamento della sussistenza della patologia compromissiva della capacità lavorativa dell’assistita.

3. Avverso tale sentenza ricorre S.S., con ricorso affidato ad un unico motivo, ulteriormente illustrato con memoria, cui resiste, con controricorso, l’INPS.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente deduce errata ed illogica interpretazione della L. n. 388 del 2000, art. 80; assume che nessuna disposizione positiva impedisce che il riconoscimento formale della percentuale invalidante superiore al 74 per cento, agli effetti dell’accredito contributivo, possa avvenire anche all’esito di un contenzioso giudiziario, con la retrodatazione degli effetti al fine di poter fruire, con lo sconto di due mesi in cinque anni di lavoro, della maturazione anticipata dell’età pensionistica; rileva che, con la retrodatazione al 1990 dell’accertata patologia nella misura legalmente sensibile, e in considerazione dell’attività di dipendente pubblica svolta fin dal 12 luglio 1989, avrebbe già maturato quattro anni e due mesi di anticipazione nel pensionamento.

5. Osserva questa Corte che la L. n. 388 del 2000, art. 80, comma 3, prevede che: “A decorrere dall’anno 2002, ai lavoratori sordomuti di cui alla L. 26 maggio 1970, n. 381, art. 1, nonchè agli invalidi per qualsiasi causa, ai quali è stata riconosciuta un’invalidità superiore al 74% o ascritta alle prime quattro categorie della tabella A allegata al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, come sostituita dalla tabella A allegata al D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834 e successive modificazioni, è riconosciuto, a loro richiesta, per ogni anno di servizio presso pubbliche amministrazioni o aziende private ovvero cooperative effettivamente svolto, il beneficio di due mesi di contribuzione figurativa utile ai soli fini del diritto alla pensione e dell’anzianità contributiva, il beneficio è riconosciuto fino al limite massimo di cinque anni di contribuzione figurativa”.

6. Appare evidente che trattasi di disposizioni applicabili ad un trattamento pensionistico, di vecchiaia o anzianità, al quale l’invalido non avrebbe altrimenti accesso in mancanza di contributi sufficienti.

7. Il beneficio – due mesi di contribuzione figurativa per ogni anno di servizio fino al limite massimo di cinque anni di contribuzione figurativa – è, invero, strettamente collegato al diritto ed alla misura di un trattamento pensionistico, di anzianità o di vecchiaia – “utile ai soli fini del diritto alla pensione e dell’anzianità contributiva” recita la disposizione – per cui può essere richiesto, e riconosciuto, solo ai predetti fini, e solo in sede di domanda di pensione (cfr., fra le altre, Cass. n. 19661 del 2017 che, in continuità con la consolidata giurisprudenza di legittimità, ha affermato che il mero riconoscimento della invalidità superiore al 74 per cento, da solo considerato, non comporta il riconoscimento di alcun diritto).

8. Assume inoltre rilievo, il predetto beneficio, allorchè il riconoscimento della contribuzione figurativa sia determinante per dare vita ad un trattamento pensionistico altrimenti non riconoscibile per difetto del requisito dell’anzianità contributiva.

9. Come già rilevato in altre decisioni di questa Corte (v., fra le tante, Cass. n. 9877 del 2019), va riaffermato il principio espresso dalle Sezioni Unite della Corte, con la sentenza n. 27187 del 2006, secondo cui “La tutela giurisdizionale è tutela di diritti (art. 24 Cost., art. 2907 c.c., artt. 99 e 278 c.p.c.). I fatti (…) possono essere accertati dal Giudice solo come fondamento del diritto fatto valere in giudizio (art. 2697 c.c.) e non di per sè, per gli effetti possibili e futuri. Solo in casi eccezionali predeterminati per legge possono essere accertati dei fatti separatamente dal diritto che l’interessato pretende di fondare su di essi (lo stato dei luoghi, per urgenti esigenze probatorie: art. 696 c.p.c.; la verità di un documento: art. 220 c.p.c., sulla verificazione di scrittura privata; art. 221 c.p.c., sulla querela di falso). Non sono perciò proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti pur giuridicamente rilevanti, ma che costituiscano elementi frazionistici della fattispecie costitutiva del diritto, la quale può costituire oggetto di accertamento giudiziario solo nella sua funzione genetica del diritto azionato, e cioè nella sua interezza (…)” (così Cass., Sez. U., n. 27187 del 2006 cit.).

10. In continuità con questo arresto va ricordato che questa Corte di legittimità si è pronunciata in fattispecie del tutto sovrapponibile alla presente affermando che in tema di benefici contributivi riconosciuti ai lavoratori con invalidità superiore al 74 per cento, ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 80, comma 3, in assenza di un’espressa domanda amministrativa all’INPS per il riconoscimento dei relativi contributi figurativi ai fini pensionistici, non è proponibile un’azione di mero accertamento del grado di invalidità richiesto, che costituisce solo un elemento frazionistico del diritto alla maggiorazione da accertarsi, invece, nella sua interezza (cfr. i precedenti richiamati da Cass. n. 9877 del 2019 e Cass. n. 28934 del 2018).

11. Alla stregua della richiamata disciplina, come interpretata dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, deve ritenersi necessario che l’interessato richieda, ossia presenti domanda amministrativa all’INPS (“è riconosciuto, a loro richiesta…”) mentre l’accertamento dell’esistenza di un grado di invalidità superiore al 74 per cento costituisce soltanto uno dei presupposti (di fatto) del diritto alla maggiorazione.

12. In definitiva, per essere il beneficio strettamente collegato al diritto ed alla misura di un trattamento pensionistico di anzianità o di vecchiaia, può essere richiesto e riconosciuto solo a questi fini e solo in sede di domanda di pensione, mentre il mero riconoscimento del gradiente invalidante, da solo considerato, non comporta il riconoscimento di alcun diritto.

13. Tanto premesso in ordine alla cornice in cui si inquadra il beneficio preteso, occorre rilevare che, pur a fronte di un denunciato vizio di violazione di legge, in realtà, con il ricorso all’esame, si lamenta essenzialmente una erronea valutazione delle circostanze fattuali che, se rettamente apprezzate, avrebbero dovuto condurre, ad avviso della ricorrente, al riconoscimento della condizione invalidante fin dall’inizio del rapporto di lavoro pubblico.

14. Il ricorso si risolve nella richiesta di un mero accertamento in fatto e dunque, in un riesame del merito della condizione invalidante, peraltro costituente, per quanto già esposto nei paragrafi che precedono, uno solo dei presupposti (di fatto) del diritto alla maggiorazione, e va, pertanto, dichiarato inammissibile giacchè mira a eludere i limiti entro i quali opera il sindacato di questa Corte.

15. In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione; il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (ex aliis: Cass. nn. 16698, 7394 del 2010).

16. Nella specie è evidente che la ricorrente lamenta la erronea applicazione della legge in ragione dell’asserita carente ricostruzione della fattispecie concreta, e dunque, in realtà, non denuncia un’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalla norma di legge (ossia un problema interpretativo, vizio riconducibile all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) bensì, al più, un vizio-motivo, eventualmente da valutare alla stregua del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 che – nella versione ratione temporis applicabile – lo circoscrive all’omesso esame di un fatto storico decisivo (cfr. sul punto Cass., Sez. U., n. 19881 del 2014), riducendo al minimo costituzionale il sindacato di legittimità sulla motivazione (Cass., Sez. U., n. 8053 del 2014), ma la natura della condizione invalidante, quale mero presupposto (di fatto) del diritto alla maggiorazione, neanche permette di collocare il ricorso all’esame nel paradigma del novellato vizio di motivazione.

17. In conclusione, il ricorso è inammissibile.

18. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

19. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2019

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