Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31281 del 29/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 29/11/2019, (ud. 08/10/2019, dep. 29/11/2019), n.31281

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3152/2014 proposto da:

S.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

SABOTINO 45, presso lo studio dell’avvocato CARLO MARZANO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CASSA ITALIANA DI PREVIDENZA E ASSISTENZA GEOMETRI LIBERI

PROFESSIONISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GREGORIO VII 108, presso lo

studio dell’avvocato BRUNO SCONOCCHIA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MAURIZIO CINELLI;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA GERIT S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 10654/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/02/2013 r.g.n. 4786/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/10/2019 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ Stefano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato DOMENICO ZIBELLINI per delega CARLO MARZANO;

udito l’Avvocato BRUNO SCONOCCHIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa città, rigettava l’opposizione proposta da S.A. avverso la cartella esattoriale notificatagli in data 11.9.2008 con la quale gli veniva richiesto il pagamento della somma di Euro 54.050,31 a titolo di contributi non versati alla Cassa di previdenza e assistenza dei geometri liberi professionisti per gli anni dal 1988 al 1994, oltre a relative somme aggiuntive ed interessi.

2. La Corte territoriale riteneva in primo luogo che l’attività di estimo assicurativo svolta dall’appellato nel periodo in contestazione rientrasse tra quelle soggette a contribuzione in favore della Cassa, in quanto espletata da soggetto iscritto all’Albo dei geometri e collegata all’attività tipica della professione, implicando l’impiego di cognizioni teoriche e di esperienze pratiche proprie di tale figura, dovendosi altresì rilevare come l’attività di stima dei danni è pure espressamente prevista dal R.D. n. 274 del 1929, art. 16 e dalla L. n. 144 del 1949.

3. Riteneva altresì infondata l’eccezione di prescrizione riproposta dall’appellato in sede di gravame: la prima procedura volta al recupero dei crediti poi azionati mediante la cartella opposta era stata iniziata dalla Cassa in data 3/5/1994 ed essa valeva a conservare il precedente regime di prescrizione decennale, ai sensi della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9. Nè l’appellato aveva svolto alcun rilievo avverso tale accertamento di fatto. La Cassa, inoltre, aveva nuovamente interrotto il termine di prescrizione con una lettera del 18/1/1999 e poi con richieste di pagamento del luglio 2001 e dell’aprile 2006; la comunicazione sui redditi professionali della L. n. 773 del 1982, ex art. 17, percepiti nel 1988 era stata eseguita il 31/5/1999, e quelle per gli anni successivi posteriormente a tale data. Non risultavano dunque decorsi nè il termine di prescrizione decennale nè quello quinquennale, il quale comunque non avrebbe potuto decorrere anteriormente al 1 gennaio 1996.

4. Per la cassazione della sentenza S.A. ha proposto ricorso, affidato a sette motivi, cui la Cassa italiana di previdenza e assistenza dei geometri liberi professionisti ha resistito con controricorso. Equitalia Gerit S.p.A. non ha svolto attività difensiva.

5. S.A. e la Cassa italiana di previdenza e assistenza dei geometri liberi professionisti hanno depositato anche memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. Come primo motivo il ricorrente deduce l’indebita estensione dell’effetto devolutivo dei motivi di appello ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4. Argomenta che la sentenza ha rigettato l’originaria opposizione avendo ritenuto l’attività svolta dal signor S. connessa alla sua preparazione professionale, mentre la Cassa con il motivo di appello aveva sostenuto che l’attività di stima anche finalizzata alla valutazione dei danni cagionati da vari eventi rientrasse a pieno titolo in quella di geometra ai sensi del R.D. n. 274 del 1929, art. 16, lett. e), f) e g).

7. Come secondo motivo il ricorrente deduce l’errata interpretazione e la violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10 e la violazione dei canoni di ermeneutica. Contesta l’idoneità a determinare la permanenza del regime di prescrizione decennale del documento risalente al 3 maggio 1994, che rappresenterebbe una semplice istanza di informazioni relative al reddito professionale rivolta dalla Cassa al Ministero delle Finanze, a carattere esplorativo e riguardante la generalità degli iscritti e persino dei pensionati.

8. Come terzo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2943 c.c., in relazione al capo della sentenza che ha reputato non maturata la prescrizione per la sussistenza di tre atti interruttivi. Sostiene che la lettera del 18 gennaio 1999 e le richieste del luglio 2001 e aprile 2006 valorizzate dalla Corte di merito non sarebbero idonee ad interrompere la prescrizione in quanto la prima non reca il nome del signor S., non risulta indirizzata a quest’ultimo e non è accompagnata da alcuna ricevuta o attestazione di spedizione, mentre le altre consistono in una mera richiesta indirizzata al Monte dei Paschi di Siena di acquisire copia dei MAV del 2001 e del 2006 con la documentazione attestante l’avvenuto invio e/o ricezione, il che significa che la Cassa non aveva tale documentazione e non poteva dimostrare l’avvenuta interruzione della prescrizione. Inoltre la difesa del S. aveva eccepito la tardività della produzione documentale del marzo del 2006.

9. Come quarto motivo deduce la violazione e falsa applicazione del R.D. 11 febbraio 1929, n. 274, artt. 16 e 17 e sostiene che le perizie svolte dal signor S. rientrerebbero non in quelle che hanno a che fare con la competenza e preparazione professionale del geometra, ma in quelle del perito assicurativo, riguardando non fabbricati rurali, civili e industriali, bensì altri beni. Aggiunge che la Corte d’appello è giunta alla decisione sul periodo 1988-1994 valutando 14 documenti che erano invece riferiti al periodo 1998-2012 ed inoltre che essi non consistevano nella valutazione dell’oggetto danneggiato, ma riguardavano piuttosto le condizioni di rischio, il tipo di polizze stipulate, i massimali applicati, la regolarità assicurativa e, dunque, attività proprie del perito assicurativo.

10. Come quinto motivo deduce l’ulteriore violazione del R.D. 11 febbraio 1929, n. 274, artt. 16 e 17 e la mancata applicazione del principio della prevalenza e comunque dello scorporo, per avere la sentenza d’appello rigettato l’opposizione in base al presupposto che tutta l’attività svolta dal signor S. negli anni di riferimento dovesse essere assoggettata alla relativa contribuzione, mentre avrebbe dovuto semmai estrapolare i casi in cui riteneva assoggettabile alla Cassa l’attività e lasciar fuori tutti gli altri per i quali comunque egli aveva versato i contributi all’Inps. Nega altresì la sussistenza del requisito della continuità, presupposto fondamentale per considerare obbligatoria l’iscrizione.

11. Come sesto motivo deduce la violazione dell’art. 2697 c.c. e lamenta che la Corte d’appello abbia valorizzato ai fini della decisione due documenti prodotti di in esito all’ordinanza del 26 gennaio 2012 dallo stesso S..

12. Come settimo motivo deduce la facoltatività dell’iscrizione alla cassa della L. 20 ottobre 1982, n. 773, ex art. 22,L. n. 236 del 1990, art. 1, commi 2 e 14 e la consequenziale violazione di legge per mancata considerazione del requisito della continuità. Sostiene che l’iscrizione all’Albo non costituisce un presupposto che costringa all’iscrizione anche alla Cassa ed inoltre che non sarebbe stato rispettato il principio della continuità richiesto per l’obbligatorietà dell’iscrizione.

13. Occorre esaminare preliminarmente il secondo e terzo motivo di ricorso, in virtù del principio processuale della “ragione più liquida”, desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., secondo il quale la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre (Cass. Sez. U. n. 9936 del 08/05/2014, Cass., n. 363 del 09/01/2019).

14. Il secondo motivo è fondato.

Va premesso che la giurisprudenza di questa Corte è nel senso dell’applicabilità della nuova disciplina della prescrizione quinquennale di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, alle contribuzioni dovute alle casse di previdenza privatizzate dei liberi professionisti (cfr. ex multis Cass., sez., lav., 16 agosto 2001, n. 11140; Cass., sez., lav., 6 novembre 2006, n. 23643; Cass. Sez. lav, n. 18130 del 4.8.2010).

15. La Corte territoriale ha ritenuto idoneo a mantenere il termine di prescrizione decennale l’inizio della procedura realizzato mediante la lettera inviata in data 3.5.1995 dalla Cassa al Ministero delle Finanze, Ufficio Centrale per la programmazione ed il coordinamento delle attività di informatica, avente ad oggetto “richiesta di informazioni”, con la quale si chiedeva di poter ottenere, per i geometri iscritti all’albo e per i pensionati a carico della Cassa, le informazioni relative al reddito professionale a fini Irpef e al volume d’affari IVA, dichiarando la disponibilità a fornire i nominativi dei soggetti per i quali sussisteva l’interesse informativo su supporto magnetico.

16. In proposito, questa Corte ha chiarito che la L. n. 335 del 1995, art. 3, che ha introdotto il nuovo termine quinquennale di prescrizione per le contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatorie, nel prevedere che continua ad applicarsi il termine (decennale) di prescrizione già in vigore prima di tale modifica normativa nel caso di atti interruttivi già compiuti o di procedure finalizzate al recupero dell’evasione contributiva iniziate durante la vigenza della precedente disciplina, per “procedure iniziate” ha inteso anche quelle che, pur non richiedendo l’instaurazione del contraddittorio con il debitore, si concretano comunque in una serie di atti finalizzati inequivocabilmente al conseguimento della pretesa creditoria. (cfr. Cass. n. 11529/2013, Cass. n. 46/2009, Cass. n. 1468/2004, Cass. n. 12822/2002). Deve però trattarsi di atti univocamente finalizzati al recupero dell’evasione contributiva, proprio in virtù dell’intento del legislatore di realizzare un “effetto annuncio” idoneo ad evitare la prescrizione dei vecchi crediti (valorizzato da Cass. 06/07/2015, n. 13831). Non è idonea dunque allo scopo, difettando degli indicati requisiti, una richiesta quale quella in esame, rivolta all’amministrazione finanziaria e finalizzata ad ottenere informazioni, riferita alla generalità degli iscritti e dei pensionati e con riserva di indicare i soggetti per i quali sussiste l’interesse informativo, che si risolve in un atto interno, meramente prodromico ad una futura ed eventuale procedura di recupero del credito (v. in fattispecie analoga Cass. n. 29664 del 18/12/2008).

17. Nè rileva la circostanza valorizzata dal giudice di merito secondo la quale l’appellato non aveva “sollevato alcun rilievo avverso tale accertamento in fatto”, considerato che nel caso si discute della sussunzione della fattispecie nell’ambito della previsione della L. n. 335 del 1995, art. 3 e dunque dell’applicazione della norma richiamata e non della ricostruzione fattuale.

18. Il terzo motivo di ricorso risulta inammissibile con riferimento alle richieste di pagamento del luglio 2001 e dell’aprile 2006, considerato che le stesse non sono riprodotte nel ricorso, nè ivi localizzate, in violazione del principio di specificità dei motivi di ricorso, che risulta tradotto nelle disposizioni contenute nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

19. Il motivo è, invece, fondato con riferimento alla lettera del gennaio 1999.

E difatti, per produrre l’effetto interruttivo della prescrizione, un atto deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, che – sebbene non richieda l’uso di formule solenni nè l’osservanza di particolari adempimenti – sia idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora (Cass. n. 15714 del 14/06/2018, Cass. 4/07/2017, n. 16465). Deve dunque trattarsi di qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, che espliciti la volontà di ottenere dal medesimo il soddisfacimento del proprio diritto (Cass. 12/02/2010, n. 3371).

20. Nel caso in esame, il documento prodotto dalla Cassa in sede di merito (e inserito in copia nel ricorso per cassazione) con data apposta a penna del 18/1/1999, avente ad oggetto “Verifica dei dati reddituali comunicati alla Cassa con mod. 17 dal 1988 al 1994”, non reca alcun elemento dal quale potere desumere che si riferisse al geom. S., difettando l’indicazione del suo nome e di qualunque elemento identificativo del destinatario. Inoltre, la sua produzione è stata neppure accompagnata da quella della ricevuta di spedizione o di altro elemento che ne documentasse l’avvenuta consegna. Non può quindi essere ritenuto idoneo ad interrompere la prescrizione della pretesa contributiva.

21. Il ricorso deve dunque essere accolto con riferimento al secondo e terzo motivo, nel senso sopra esplicitato, e la sentenza di merito deve essere cassata in relazione ad essi.

22. Tale statuizione è di per sè idonea a definire il giudizio, in quanto la pretesa creditoria della Cassa risulta estinta per prescrizione, sicchè questa Corte può decidere nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.

23. Invero, i contributi richiesti erano relativi agli anni dal 1988 al 1994 e il primo atto interruttivo della prescrizione risulta essere la richiesta di pagamento del luglio 2001, sicchè risulta decorsa per tutto il periodo la prescrizione quinquennale, risultando essere state effettuate le comunicazioni della L. n. 773 del 1982, ex art. 17 – secondo quanto accertato dal giudice di merito nelle ultime pagine della sentenza gravata e a pg. 10 della sentenza di primo grado – dalle quali, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel regime precedente la Delib. 25 novembre 1998, modificativa del Regolamento della Cassa, decorre la prescrizione dei contributi anche in caso di denuncia incompleta o infedele (Cass. 14/03/2008, n. 7000, 18/12/2008, n. 29664).

24. Restano assorbiti gli ulteriori motivi del ricorso per cassazione.

25. Le spese dell’intero processo vanno compensate tra il ricorrente e l’agente della riscossione, mentre quelle tra S. e la Cassa seguono la soccombenza e vengono liquidate per ciascun grado di giudizio nella misura indicata in dispositivo.

26. L’accoglimento del ricorso preclude il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228.

PQM

La Corte accoglie il secondo e terzo motivo di ricorso, nei limiti di cui in motivazione, assorbiti gli altri motivi. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, dichiara non dovuti da S.A. gli importi di cui alla cartella esattoriale opposta. Compensa le spese dell’intero processo tra S. ed Equitalia e condanna la Cassa di previdenza e assistenza dei geometri liberi professionisti al pagamento delle spese processuali in favore del ricorrente, che liquida per compensi professionali in Euro 6.500,00 per il primo grado di giudizio, Euro 7.500,00 per il giudizio d’appello ed Euro 5.000,00 per il presente giudizio di cassazione, oltre per ciascun grado ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2019

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