Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3128 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3128 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: DI IASI CAMILLA

SENTENZA

sul ricorso 23650-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

2013
3331

SVAN SRL;
– intimato

avverso

la

sentenza

n.

136/2008

della

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di CALTANISSETTA, depositata
il 23/09/2008;

Data pubblicazione: 12/02/2014

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/11/2013 dal Consigliere Dott. CAMILLA
DI IASI;
udito per il ricorrente l’Avvocato ZERMAN che ha
chiesto l’accoglimento;

P.M.

in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.

udito il

SENTENZA
Ragioni della decisione

1. Con sentenza n. 136/28/08 la C.T.R. Sicilia sez. n. 28 confermava la decisione di primo grado
che aveva accolto il ricorso introduttivo proposto dalla suddetta società avverso avviso di diniego di
agevolazione fiscale ex art. 8 1. n. 388 del 2000, col quale si comunicava che la domanda di

esplicitato dall’Agenzia nel corso del giudizio, la domanda non conteneva l’indicazione di un
credito di importo equivalente a quello indicato nella domanda originaria a suo tempo non accolta
per esaurimento di fondi.
In particolare, i giudici d’appello, rispondendo ai motivi di impugnazione proposti dall’Agenzia,
rilevavano: che l’art. 18 comma 2 d.lgs. n. 546 del 1992 dispone che il ricorso deve contenere
l’indicazione dell’atto impugnato e dell’oggetto della domanda ma non pone uno specifico obbligo
di deposito dell’atto medesimo; che nel processo tributario l’Ufficio ha veste di attore sostanziale
onde verte su di esso l’onere di provare quanto sostenuto nei provvedimenti emessi; che l’art. 62
comma 1 lett. d) 1. n. 189 del 2002 prevede che, nell’ipotesi di rinnovo della domanda non accolta
per esaurimento delle risorse, l’istante indichi un importo relativo all’investimento non superiore a
quello indicato nella domanda non accolta ma nulla dispone in relazione all’importo del credito
richiesto.
Avverso questa sentenza l’Agenzia delle Entrate propone, nei confronti della società Svan s.r.1., che
non ha resistito.
2. Col primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 22 d.lgs. 546/1992,
l’Agenzia rileva che è onere di chi impugna un provvedimento dinanzi alle commissioni tributarie
depositare l’atto impugnato unitamente agli atti e documenti previsti dalla norma citata, ovvero in
ogni caso produrli in un momento successivo del processo su richiesta del giudice.
La censura è inammissibile.

attribuzione del credito di imposta era stata scartata perché, come meglio successivamente

Dalla sentenza impugnata non risulta che i primi giudici abbiano richiesto alla società la produzione
del documento impugnato, che la società non abbia ottemperato alla suddetta richiesta e che
cionondimeno i primi giudici abbiano ritenuto che nessun onere incombesse sulla società in
relazione a tale produzione. Tali circostanze, riportate (peraltro in difetto di autosufficienza) solo
nel corso del motivo in esame non trovano in ogni caso riscontro neppure nel quesito proposto a
conclusione del motivo medesimo, posto che in tale quesito, riportato il testo dell’art. 22 citato, ci si

ritenuto che il contribuente non ha l’obbligo di depositare il provvedimento impugnato”.
In tali termini il quesito è inammissibile perché non autosufficiente ed inadeguato alla sua funzione,
posto che una risposta al medesimo siccome proposto non consentirebbe di decidere la questione
sub iudice, non essendo in esso riportati elementi essenziali ai fini della decisione, ossia la asserita
esistenza di un provvedimento del giudice nel quale si faceva carico alla parte di produrre il
suddetto documento.
In mancanza di tale specificazione, peraltro, la risposta al quesito siccome proposto non potrebbe
che essere negativa, posto che l’art. 22 citato non collega alcuna sanzione processuale al mancato
deposito del documento impugnato.
Col secondo motivo, deducendo violazione dell’art. 2697 c.c., la ricorrente censura la sentenza
impugnata per non avere i giudici d’appello considerato che in materia di agevolazioni e benefici
fiscali spetta al contribuente dimostrare, in seguito alla contestazione dell’Ufficio, i fatti costitutivi
della sua pretesa.
La censura è inammissibile per carenza di interesse. Nell’economia della sentenza impugnata
l’affermazione censurata risulta infatti configurabile come un mero obiter dictum, assolutamente
privo di incidenza sulla decisione assunta, posto che la controversia non è stata decisa facendo
applicazione della regola di giudizio desumibile dall’individuazione del soggetto gravato nella
specie dell’onere probatorio (in ipotesi malamente individuato) bensì in ragione di una
interpretazione dell’art. 62 comma 1 lettere c) e d) 1. n. 289 del 2002 difforme da quella posta
dall’agenzia a fondamento del diniego dell’agevolazione.

limita a chiedere se “è errata la sentenza della C.T.R. che, in violazione della citata norma, ha

Il terzo motivo, col quale si deduce vizio di motivazione, è inammissibile perchè carente in
relazione alla seconda parte dell’art. 366 bis c.p.c., a norma del quale è richiesta una illustrazione
che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del
fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, laddove
nella specie non solo manca una sintetica e chiara illustrazione del vizio denunciato, ma non risulta
neppure adeguatamente circostanziato il “fatto” (da intendersi in senso storico e normativo, e non

viziata.
Col quarto motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 62 comma 1 lettere c) e d) 1.
n. 289 del 2002, la ricorrente censura la sentenza impugnata rilevando che i giudici d’appello
avrebbero errato nel ritenere non necessario in sede di rinnovo della domanda indicare un credito di
importo corrispondente a quello indicato nella domanda originaria.
La censura è infondata.
L’art. 62 comma 1 lettera d) I. n. 289 del 2002 dispone che i soggetti che, presentata l’istanza ai
sensi delle disposizioni di cui alla lettera 1), non ne hanno ottenuto l’accoglimento per esaurimento
delle risorse finanziarie disponibili per l’anno 2002, e che comunque intendono conseguire il
contributo di cui alla lettera c), a decorrere dalla data prevista nella medesima lettera, rinnovano
l’istanza, esponendo un importo relativo all’investimento non superiore a quello indicato
nell’istanza non accolta, nonché gli altri dati di cui alla medesima istanza, integrati con gli ulteriori
elementi stabiliti con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate previsto dalla lettera
a).
La norma pertanto espressamente prevede che nella nuova istanza siano riportate tutte le indicazioni
di cui all’istanza precedente, ma, soltanto per l’investimento, prevede altresì che non possa essere
indicato un importo superiore a quello indicato nell’istanza non accolta, senza nulla prevedere
invece in relazione all’importo del credito richiesto. Tanto premesso, e considerata la limpidezza
della struttura della norma, la precisa previsione di identità di importo in relazione esclusivamente
all’investimento e non ad altro, l’importanza delle indicazioni afferenti il quantum del credito

più come “punto” o questione) controverso e decisivo in ordine al quale la motivazione si assume

richiesto nonché, infine, la particolare gravità delle conseguenze derivabili dal mancato rispetto
delle modalità di riproposizione della domanda, è evidente, per un verso, che, se effettivamente il
legislatore avesse ritenuto la necessità che anche altri elementi della domanda (oltre l’investimento)
fossero riproposti nel medesimo importo lo avrebbe esplicitato chiaramente come accaduto in
relazione all’investimento, e, per altro verso, che, ove il legislatore avesse obiettivamente ritenuto
necessario che anche altri elementi della domanda fossero riproposti nella medesimo importo,

al mancato rispetto di una previsione assolutamente non esplicitata nell’ambito di una norma per
altri versi esplicita ed analitica.
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere rigettato. In difetto di attività difensiva nessuna
decisione va assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM
La Corte
rigetta il ricorso.
Roma 27.11.2013

avrebbe dovuto chiaramente esporlo, non potendo altrimenti collegarsi la perdita dell’agevolazione

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