Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3128 del 11/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 11/02/2010, (ud. 16/12/2009, dep. 11/02/2010), n.3128

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. VIDIRI Guido – rel. Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21349-2006 proposto da:

DIREZIONE PROVINCIALE DEL LAVORO DI AVELLINO, in persona del

Direttore pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

N.G.;

– intimato –

sul ricorso 23594-2006 proposto da:

N.G. in nome proprio e nella qualità di legale

rappresentante della Nazzaro Immobiliare s.a.s., elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA EUDO GIULIOLI 47/B/18, presso lo studio

dell’avvocato MAZZITELLI GIUSEPPE, rappresentato e difeso

dall’avvocato CASALE FRANCESCO, giusta mandato a margine del

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

DIREZIONE PROVINCIALE DEL LAVORO DI AVELLINO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 746/2005 del TRIBUNALE di AVELLINO, depositata

il 30/05/2005 R.G.N. 1288/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/12/2009 dal Consigliere Dott. GUIDO VIDIRI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale, assorbito l’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 24 marzo 2003 la s.a.s. Nazzaro Immobiliare ed il legale rappresentante della stessa società N.G. hanno proposto tempestiva opposizione avverso le ordinanze ingiunzioni numero 262 e 263 del 2003 notificate il 4 marzo 2003 dalla Direzione provinciale del lavoro di Avellino con cui era stato ingiunto a ciascuno di loro di pagare la sanzione amministrativa di Euro 76,60 per avere omesso di effettuare le dovute registrazioni sul libretto di lavoro di C.R.. A fondamento dell’opposizione hanno dedotto che ricevuta la notificazione della contestazione dell’illecito amministrativo avevano inviato note difensive ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 18 e che le ordinanze ingiunzioni erano state adottate oltre il termine di 30 giorni dalla ricezione delle predette note difensive, in violazione cioè dalla L. n. 241 del 1990, art. 2 e senza per di più dare contezza dei motivi per i quali le eccezioni e le deduzioni contenute nelle note erano state disattese. Nel merito sostenevano che la società non aveva instaurato alcun rapporto di lavoro subordinato con la C., avendo la stessa operato sempre in piena autonomia e senza essere vincolata ad orari di lavoro o assoggettata alla disciplina aziendale.

Dopo la costituzione del contraddittorio, il Tribunale di Avellino, con sentenza del 30 maggio 2005, annullava le ordinanze ingiunzioni opposte e compensava tra le parti le spese del giudizio. Nel pervenire a tale conclusione il Tribunale osservava – per quanto interessa ancora in questa sede di legittimità – che le suddette ordinanze-ingiunzioni andavano annullate perchè la loro motivazione risultava del tutto generica e non aveva tenuto in alcun conto delle note difensive con le quali si censurava la legittimità della sanzione avente ad oggetto la contestata infrazione.

Avverso tale sentenza la Direzione Provinciale di Avellino propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo.

Resiste con controricorso, N.G. in proprio e nella qualità di legale rappresentante della s.a.s. Nazzaro Immobiliare, che spiega anche ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Ai sensi dell’art. 335 c.p.c. vanno riuniti il ricorso principale e quello incidentale perchè proposti ambedue contro la medesima decisione.

2. Con il ricorso principale la Direzione Provinciale del lavoro deduce violazione e falsa applicazione della L. 689 del 1981, art. 18 nonchè vizio della motivazione rilevando che l’obbligo della motivazione dell’ordinanza ingiunzione desumibile dalla L. n. 689 del 1991, art. 18, comma 2, – doveva reputarsi soddisfatto con la soia dichiarazione dell’autorità di avere preso in esame gli scritti difensivi, non essendo l’intimante tenuto ad esplicitare le ragioni per le quali le tesi difensive delle parti obbligate non vengono condivise.

2.1. Il ricorso principale per essere fondato va accolto.

L’art. 18, posto sub sezione 2^ (Applicazione) del capo 1^ (Le sanzioni amministrative) della L. 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), dopo avere previsto tra l’altro la possibilità da parte degli interessati di far pervenire all’autorità competente ad emettere l’ordinanza-ingiunzione scritti difensivi e documenti (comma 1) statuisce poi che: “L’autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene fondato l’accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all’autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente; altrimenti emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti comunicandola integralmente all’organo che ha redatto il rapporto” (comma 2).

2.2. La suddetta norma è stata oggetto di numerosi pronunziati dei giudici di legittimità, che hanno per quanto riguarda l’obbligo di motivazione e la portata dell’ordinanza ingiunzione seguito iter argomentativi non sempre coincidenti pervenendo talvolta a soluzioni contrastanti, anche in ragione della natura delle violazioni commesse e della specificità della sanzione da infliggere.

2.3. Così in alcune decisioni si è affermato che nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa pecuniaria essendo oggetto di tale opposizione non il provvedimento ma il rapporto sanzionatorio “nessun rilievo assumono gli eventuali vizi del provvedimento stesso relativi all’omessa valutazione, da parte dell’Autorità intimante, delle deduzioni difensive dell’incolpato, potendo queste essere fatte valere successivamente qualora la motivazione del giudice sul punto sia ritenuta inadeguata (cfr. in tale senso: Cass. 27 febbraio 2006 n. 4302 ed, in precedenza, in senso conforme, tra le altre: Cass. 22 novembre 2004 n. 21954 che ribadisce come nessun rilievo assumano gli eventuali vizi del provvedimento relativi all’omessa valutazione delle deduzioni difensive dell’incolpato da parte dell’autorità intimante potendo, successivamente, l’eventuale inadeguata valutazione da parte del giudice rilevare sotto il profilo dell’omesso esame di punti decisivi della controversia).

2.4. In altre pronunzie si è riconosciuta poi la ammissibilità e la validità di una motivazione per relationem, anche se non sempre si è pervenuti a identiche conclusioni con riguardo all’oggetto ed al contenuto di essa, essendosi talora reputato sufficiente un semplice richiamo agli atti del procedimento amministrativo ed in particolare al verbale di accertamento, già noto al trasgressore in virtù della obbligatoria preventiva contestazione (Cass. 22 luglio 2008 n. 20189, che ha però negato l’estensione dell’ obbligo di motivazione per quanto attiene alla concreta determinazione della sanzione per essere affidato al giudice dell’opposizione il potere di determinarla, applicando direttamente i criteri di legge), ed essendosi affermato in altri casi che il riferimento per relationem al verbale di accertamento per configurare una motivazione adeguata deve necessariamente riguardare addebiti del tutto coincidenti con quelli originariamente contestati con il verbale stesso, di modo che essi siano esattamente individuabili (Cass. 26 novembre 2008 n. 28238).

2.5. In una diversa direzione volta ad assegnare una diversa ed in certa misura maggiore portata contenutistica alla motivazione si è statuito che l’ordinanza ingiunzione irrogativa di una sanzione amministrativa deve essere dotata di una motivazione pure succinta, sempre che essa però, oltre a dare conto delle ragioni di fatto della decisione, evidenzi anche l’avvenuto esame degli eventuali rilievi difensivi formulati dal ricorrente (Cass. 13 aprile 2006 n. 8649, e negli stessi sensi successivamente : Cass. 23 gennaio 2007 n. 1393).

3. In questo contesto giurisprudenziale le Sezioni Unite della Corte di cassazione – esaminando il contrasto sorto tra l’indirizzo, ritenuto maggioritario, secondo il quale, per avere il procedimento d’opposizione a sanzione amministrativa ad oggetto il rapporto sanzionatorio risultano irrilevanti eventuali vizi per omessa valutazione delle deduzioni difensive prospettate dall’interessato e l’opposto indirizzo per il quale, invece, l’interessato può far valere il mancato esame degli scritti difensivi dell’incolpato – ha statuito che alla luce della L. n. 689 del 1981, art. 18 l’obbligo di motivazione del provvedimento amministrativo ha la sola funzione di giustificarne la parte dispositiva e che tale motivazione si atteggia in modo diverso a seconda che nel ricorso amministrativo vengano indicati, da parte dell’interessato, fatti nuovi e diversi ovvero fatti già presi in considerazione nel verbale di accertamento perchè nel primo caso, il giudice è tenuto a prendere in esame tale allegazione, esponendo le ragioni del mancato accoglimento, mentre nel secondo è sufficiente una motivazione “per relationem” (cfr. in tali sensi: Cass., Sez. Un., 28 dicembre 2007 n. 27180).

4. Quest’ultima statuizione costituisce doveroso riferimento – in ragione dei compiti di nomofilachia devoluti ai giudici di legittimità – per la decisione della presente fattispecie; ma nel caso in esame si rendono necessarie alcune precisazioni su circostanze che non assumevano rilevanza nell’iter argomentativo e decisionale percorso dal precedente giurisprudenziale ora citato.

5. Questa Corte di cassazione – in una fattispecie differente da quella in esame per riguardare una contravvenzione stradale ma enunciando principi che per la loro portata generale devono trovare applicazione anche con riferimento a sanzioni amministrative di diversa natura – ha statuito che nelle controversie di opposizione a dette sanzioni può essere fatta valere la carenza assoluta della motivazione sotto il profilo della violazione di legge del provvedimento impugnato in quanto espressiva del mancato esame da parte dell’amministrazione del caso controverso. Sul punto della motivazione i giudici di legittimità hanno più specificamente precisato che la ratio della motivazione è quella “di risolvere, per quanto possibile, dette controversie in sede amministrativa, deflazionando l’accesso alla giurisdizione, scopo che resterebbe frustato ove si negasse rilievo alla mancata motivazione sulle doglianze fatte valere in tale sede, in difformità dall’esplicito dettato normativo e, comunque, del principio generale secondo il quale la violazione delle norme procedimentali attinenti alla formazione degli atti amministrativi ne determina la illegittimità;

ed hanno altresì aggiunto che le doglianze svolte nel ricorso hanno anche il compito di rappresentare all’amministrazione difese che l’interessato potrà svolgere in sede giurisdizionale e valutarle, in sede amministrativa, per evitare liti lunghe e rischiose per gli stessi interessi pubblici” anche con riferimento alle spese per possibili soccombenze giudiziarie (cfr. in tali sensi in motivazione:

Cass. 13 gennaio 2005 n. 519 ed in precedenza Cass. 15 gennaio 1999 n. 391).

6. Le ora riportate considerazione vanno condivise anche alla luce del disposto dell’art. 111 Cost. in quanto i principi del giusto processo e della sua ragionevole durata finirebbero per essere elusi se il provvedimento amministrativo di irrogazione della sanzione non contenesse nessuna motivazione o se questa si limitasse ad un semplice richiamo agli estremi del verbale di accertamento con l’uso di moduli standard o con mere formule dal contenuto generico come tali incapaci di individuare in concreto il caso controverso. Ed invero al di là dell’innegabile allungamento dei tempi della giustizia, ricollegabile in ogni caso all’inflazione del contenzioso, non può neanche dubitarsi che una risposta carente o del tutto insufficiente su atti difensivi aventi ad oggetto circostanze suscettibili di influenzare la decisione giudiziale – in termini di illegittimità del provvedimento o anche di gravità della sanzione – non essendo stati preceduti da una presa di posizione su di essi da parte dell’ente irrogante, finirebbero di certo per non agevolare i compiti del primo giudice ed anche per rendere più difficoltoso l’accertamento della verità materiale in ragione dei limiti che incontra il giudizio di cassazione.

6.1. Si verificherebbe se tale fosse la portata da assegnarsi all’iter procedurale di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 18 un caso di eterogenesi dei fini in quanto risulterebbe priva di ogni utilità ed anzi avrebbe ricadute negative una disposizione voluta dal legislatore per limitare – come si è già ripetutamele affermato – il contenzioso consentendo di pervenire ad esiti non giudiziari delle opposizioni alle ordinanze ingiunzioni attraverso un esame tra le parti della ricorrenza dei presupposti di fatto e di diritto dell’infrazione contestata; esame che per essere seguito da un provvedimento motivato dell’ente irrogante, seppure in maniera succinta sui punti contestati dalla controparte, è di certo pure utile in sede giudiziaria a delimitare il thema decidendum.

6.2, Corollario di quanto sinora detto è la regola iuris secondo cui nel procedimento di opposizione a sanzione amministrativa l’esame demandato all’autorità pubblica non richiede una risposta analitica e diffusa sulle censure avanzate dell’intimato, potendo essa tradursi nel semplice richiamo al verbale di accertamento. Allorquando però le difese del suddetto intimato contengano circostanze o fatti nuovi, non indicati nel verbale di accertamento, o che rivestano comunque rilevanza ai fini, oltre che della configurabilità della stessa contravvenzione, anche della sua gravità – e, per l’effetto, della entità della sanzione da irrogare – allora la motivazione del provvedimento richiede una maggiore articolazione che, seppure nella sua sinteticità, attesti però la presa visione e l’esame delle proposte difese con riferimento alla singola condotta da sanzionare.

7. Per concludere, quindi, va accolto il ricorso principale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la motivazione della decisione del Tribunale di Avellino si presenta insufficiente perchè ha ritenuto le ordinanze-ingiunzioni privi – di uno specifico riferimento agli scritti difensivi presentati senza però evidenziare nè il contenuto di tali scritti nè in alcun modo l’effettivo contenuto del verbale dell’accertamento.

7.1. La sentenza del primo giudice va, dunque cassata, e la causa va rimessa ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2 allo stesso Tribunale di Avellino in persona di un diverso giudice del lavoro, che procederà ad un nuovo esame della controversia, facendo applicazione dei principi innanzi indicati.

8. L’accoglimento del ricorso principale comporta l’assorbimento di quello incidentale con il quale N.G. in proprio e nella già indicata qualità di legale rappresentante della s.a.s.

N.G. ha eccepito la insussistenza della contravvenzione irrogata per la assenza di un rapporto di lavoro subordinato con C.R..

7. Al giudice di rinvio va rimessa anche la statuizione sulle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale e dichiara assorbito l’incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Avellino in persona di un diverso giudice del lavoro anche per le spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2010

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