Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31278 del 29/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 29/11/2019, (ud. 08/10/2019, dep. 29/11/2019), n.31278

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9514-2018 proposto da:

RICERCHE CLINICHE PROF. M.F. S.N.C., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA DELL’EMPORIO 16 A, presso lo studio dell’avvocato

RICCARDO DEL PUNTA, che la rappresenta e difende unitamente agli

avvocati PAOLO FANFANI, ILARIA PAGNI;

– ricorrente –

contro

B.P., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO DEI

LOMBARDI 4, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO TURCO,

rappresentato e difeso dagli avvocati OLIVIERO LANDI, CATIA PRATINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 35/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 15/01/2018 r.g.n. 693/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/10/2019 dal Consigliere Dott. GUIDO RAIMONDI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ILARIA PAGNI;

udito l’Avvocato CATIA PRATINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 23.3.2016 il Tribunale di Firenze, in funzione di giudice del lavoro, adito da B.P. in seguito al licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimatogli il 28.3.2014 dal suo datore di lavoro, s.a.s. Ricerche Cliniche Prof. M.F., recesso del quale veniva denunciata l’illegittimità e la natura ritorsiva, esclusa la ritorsività del licenziamento dichiarava illegittimo il recesso giacchè, pur dovendosi ritenere reali le ragioni economiche addotte dal datore di lavoro, doveva considerarsi violato il criterio di correttezza e buona fede nella scelta del lavoratore da licenziare. Esclusa la tutela reintegratoria, il Tribunale condannava il datore di lavoro a corrispondere al lavoratore un’indennità commisurata a 18 mensilità della retribuzione globale di fatto.

2. Avverso tale sentenza il lavoratore proponeva appello dinanzi alla Corte di appello di Firenze, mentre la società datrice di lavoro formulava appello incidentale. In tal modo tutte le questioni già esaminate dal giudice di prime cure venivano riproposte in sede di appello.

3. Con sentenza depositata il 15.1.2018, la Corte di appello di Firenze accoglieva l’appello principale, rigettava quello incidentale e, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava la nullità del licenziamento intimato al lavoratore e condannava il datore di lavoro a reintegrarlo immediatamente nel posto di lavoro e nelle funzioni da ultimo svolte, oltre al risarcimento del danno nella misura di tutte le mensilità omesse dalla data del licenziamento, rapportate all’ultima retribuzione globale di fatto, alla regolarizzazione contributiva e alle spese di entrambi i gradi del giudizio.

4. Per quanto interessa in questa sede, la Corte territoriale osservava che la società datrice di lavoro aveva dedotto di aver dovuto sopprimere il posto di lavoro del B., addetto all’accettazione del reparto studi medici, avendo deciso di accentrare il servizio di accettazione, con eliminazione dell’accettazione del reparto studi medici, in seguito al decremento dell’attività produttiva allegato dalla stessa società. In realtà, secondo la Corte fiorentina, l’istruttoria espletata aveva dimostrato con certezza l’assenza del nesso causale tra la ristrutturazione del servizio di accettazione ed il licenziamento del B., per cui doveva escludersi la sussistenza del giustificato motivo oggettivo. La Corte territoriale giungeva anche alla conclusione che il licenziamento aveva natura ritorsiva, con la conseguenza che doveva ordinarsi la reintegrazione dell’appellante principale nel suo posto di lavoro.

5. Contro quest’ultima sentenza la società datrice di lavoro propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. B.P. resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

2. Con il primo motivo la ricorrente deduce l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 5, in particolare: la circostanza che le due assunzioni effettuate in prossimità del licenziamento litigioso erano state determinate dalla necessità di sostituire lavoratrici in maternità; che non vi era stata alcuna sostituzione del lavoratore licenziato, ma solo lo svolgimento temporaneo di alcune sue mansioni da parte di un dipendente; che anche un altro reparto era stato soppresso, a riprova della effettività della ragione determinante del licenziamento.

3. Alla luce del testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione novellata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile nella specie ratione temporis, non è più configurabile il vizio di insufficiente e/o contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del medesimo art. 360 c.p.c., n. 4 (Cass., ord., 6/07/2015, n. 13928; v. pure Cass., ord., 16/07/2014, n. 16300) e va, inoltre, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., ord., 8/10/2014, n. 21257). E ciò in conformità al principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 8053 del 7/04/2014, secondo cui la già richiamata riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Le Sezioni Unite, con la richiamata pronuncia, hanno pure precisato che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come da ultimo riformulato, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia.

4. Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra e parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

5. Nella specie, con le censure motivazionali formulate, la società ricorrente rimprovera alla sentenza impugnata, come si diceva, l’omesso esame di tre circostanze in particolare: il fatto che le due assunzioni effettuate in prossimità del licenziamento litigioso erano state determinate dalla necessità di sostituire lavoratrici in maternità; che non vi era stata alcuna sostituzione del lavoratore licenziato, ma solo lo svolgimento temporaneo di alcune sue mansioni da parte di un dipendente; che anche un altro reparto era stato soppresso, a riprova della effettività della ragione determinante del licenziamento.

6. Nessuno dei fatti sottolineato dalla ricorrente possiede la caratteristica della decisività.

7. Relativamente al primo aspetto, l’avere cioè la sentenza impugnata valorizzato l’assunzione di due unità senza considerare che tali assunzioni erano realizzate per sostituire due dipendenti in maternità, quindi aventi diritto alla conservazione del posto, va osservato quanto segue. La Corte di merito ha accertato che una di queste due persone così assunte, la Possieri, si occupava dell’accettazione, cioè delle stesse mansioni già affidate al resistente. Ne segue che anche se questa persona era destinata a lasciare la struttura (in effetti poi ha ottenuto invece un contratto a tempo indeterminato) al rientro della collega in maternità, nel ragionamento della sentenza impugnata, l’assunzione contraddice la posizione della casa di cura, che adduce quale motivo della razionalizzazione delle strutture di accettazione, e dunque del sacrificio della posizione del B., la necessità di restringere i servizi a causa della riduzione del volume d’affari. In questa prospettiva il fatto che le due dipendenti neoassunte fossero destinate a lasciare la struttura non appare decisivo, a fronte della valorizzazione della circostanza dell’assunzione di personale chiamato a svolgere le stesse mansioni del dipendente licenziato, mansioni che si assumevano soppresse.

8. Con riguardo al secondo e al terzo aspetto, la ricorrente si limita, inammissibilmente, a proporre una lettura del materiale probatorio diversa da quella ritenuta dalla Corte di merito, valorizzando, quanto al secondo, parte della deposizione della teste Mi., dalla quale si sarebbe dovuto desumere che il servizio di accettazione al terzo piano era stato realmente soppresso, che le mansioni di accettazione svolte dalla dipendente Taviani avrebbero riguardato solo alcuni dei compiti già affidati al B. e che dette mansioni sarebbero durate soltanto poco tempo; quanto al terzo, deducendo un’errata interpretazione da parte della Corte territoriale delle dichiarazioni rese dal legale rappresentante della società, F.F., a proposito delle mansioni di accettazione e compilazione schede affidate alla biologa Dott.ssa Ma.. Si tratta in ogni caso di circostanze esaminate dalla Corte territoriale.

9. La doglianza è quindi da rigettare.

10. Con il secondo motivo la società s.a.s. Ricerche Cliniche Prof. M.F. lamenta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 1345 c.c., alla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 1, come modificata con la L. n. 92 del 2012, sostenendo che, ove il motivo precedente venisse accolto, il motivo illecito non potrebbe reputarsi “unico e determinante” essendo il licenziamento assistito da un giustificato motivo.

11. Nella stessa prospettazione della ricorrente, questo motivo non è autonomo, ma dipende dalla sorte del primo. In seguito al rigetto del primo motivo, la doglianza si deve considerare assorbita.

12. Segue alle svolte considerazioni il rigetto del ricorso.

13. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA